Cass. civ. Sez. V, Sent., 11-03-2011, n. 5839 Agevolazioni Rimborso Società

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Cementeria di M s.p.a. (oggi H C s.p.a.) impugnò il silenzio – rifiuto formatosi su una propria istanza di rimborso di somma corrispondente a imposta proporzionale di registro, versata in occasione della registrazione, in data 11.12.1995, di un atto di fusione per incorporazione. Questo atto, in particolare, aveva riguardato la società Immobiliare Lambro s.r.l., il cui capitale era già interamente detenuto dall’incorporante.

L’impugnante sostenne che l’atto dovesse andare esente da imposta proporzionale in base alla direttiva 69/335/Cee e successive modificazioni (da ultimo conseguenti alla direttiva 85/303/Cee).

La commissione tributaria provinciale di Varese respinse il ricorso.

Su gravame della società, di contro, la commissione tributaria regionale della Lombardia riformò la decisione, accogliendo l’appello e disponendo il rimborso dell’imposta con i relativi interessi.

Motivò sul duplice rilievo (a) della vigenza della direttiva Cee 85/303, immediatamente applicabile nel diritto interno in base al rinvio contenuto nella L. 9 ottobre 1971, n. 825, art. 7, comma 1 nonchè ai sensi dell’art. 177 del Trattato di Roma, stando alla quale atti di fusione del tipo di quello anzidetto dovevano, a decorrere dal 1.1.1986, essere considerati esenti da imposta di registro; (b) dell’art. 4 della tariffa – 1 parte – previdente un’imposta di registro in misura fissa se la società risultante dalla fusione o dall’incorporazione ha sede legale o amministrativa nella comunità economica europea.

Per la cassazione di questa sentenza, pubblicata il 5.7.2005 e non notificata, hanno proposto ricorso per cassazione il Ministero dell’economia e finanze e l’agenzia delle entrate.

Il ricorso, notificato il 18.9.2006, è stato affidato a un unico, sebbene articolato, motivo.

L’intimata Holcim Cementi s.p.a. non ha svolto difese in questa sede.
Motivi della decisione

1. – Con l’unico motivo di ricorso, gli impugnanti deducono, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 50 e dell’art. 4 della tariffa – parte 1A – a esso allegata, nonchè violazione dell’art. 11 preleggi.

Sostengono, nel complesso, la seguente tesi.

L’art. 4 della tariffa, cui allude la sentenza impugnata nel riferimento alla soggezione dell’atto a imposta in misura fissa anzichè proporzionale, è norma inapplicabile al caso di specie, in quanto risultante dalla modifica di cui al D.L. 20 giugno 1996, n. 323, conv. in L. 8 agosto 1996, n. 425. L’anteriore disciplina, qui rilevante in ragione della data di registrazione dell’atto di fusione, faceva perno sul D.P.R. n. 131 del 1986, art. 50, comma 4 e art. 4 della tariffa allora allegata, e supponeva, senza contrasto con le citate direttive comunitarie (come già da questa Corte affermato con sentenze 2004/20342 e 2004/15520), la soggezione a imposta proporzionale nella misura dell’1% del patrimonio netto (dell’incorporata). E la stessa Corte di giustizia – con sent.

27.10.1998 (in causa C-152/97 – Agas s.p.a.) – ha escluso che la direttiva 69/335/Cee, come modificata dalla direttiva 85/303/Cee, osti all’applicabilità dell’imposta proporzionale di registro nel caso di incorporazione di società a opera di altra già detentrice della totalità del capitale.

2. – Osserva la Corte che il ricorso va dichiarato inammissibile nella misura in cui è proposto dal Ministero dell’economia e finanze, che non fu parte degli anteriori gradi di merito e che è soggetto distinto dall’agenzia fiscale, ente a sua volta dotato di autonomia soggettiva di diritto pubblico ex D.Lgs. n. 300 del 1999.

E’ invece fondato in rapporto alle ragioni spese dall’agenzia delle entrate.

3. – La disciplina normativa rilevante ratione temporis, con riguardo cioè al presupposto d’imposta, è quella anteriore alla modifica di cui al D.L. n. 323 del 1996, conv. con mod. in L. n. 425 del 1996, essendo stato l’atto di fusione stipulato nel dicembre 1995. Rileva quindi la soggezione dell’atto a imposta proporzionale di registro nella misura dell’1% del patrimonio netto dell’incorporata, D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 50, commi 4 e 5, e art. 4 lett. b) dell’allegata tariffa.

Ciò stante, la problematica al centro del motivo di ricorso ha trovato solida e condivisibile soluzione negli enunciati di questa Corte che, di riflesso a quanto chiarito in sede comunitaria (cfr. C. giust. 1998/152), possono essere sintetizzati nei seguenti principi:

(a) in tema di imposta di registro, e con riferimento alla fusione di società mediante incorporazione, la direttiva comunitaria 17 luglio 1969 n. 335 persegue lo scopo di favorire la raccolta e la libera circolazione di capitali; (b) tale finalità risulta concretizzata, con la direttiva 10 luglio 1985 n. 303, mediante esenzione da imposta del conferimento di beni in società di capitali remunerato mediante attribuzione di quote sociali; (c) conseguentemente la fusione per incorporazione da parte di una società detentrice della totalità delle quote di partecipazione in quella incorporata non gode del beneficio fiscale perchè non si verifica, in tal caso, alcun aumento di capitale e alcuna attribuzione di diritti di voto, come pure di partecipazione agli utili e all’attivo risultante dalla liquidazione, ulteriori rispetto a quelli già vantati dalla società incorporante;

(d) la direttiva 17 luglio 1969 n. 335, come modificata dalle direttive 9 aprile 1973 n. 80 Cee e 10 giugno 1985 n. 303 Cee, non osta alla riscossione della imposta proporzionale di registro in base alla Tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 in caso di incorporazione di società a opera di altra che già detiene la totalità delle azioni o delle quote della incorporata, non potendo tale operazione inquadrarsi nella fattispecie dei conferimenti dell’intero patrimonio societario in altra società di capitali remunerati esclusivamente mediante attribuzione di quote sociali (cfr. per tutte Cass. 2008/26534, anche in aggiunta a quelle sopra dalla ricorrente mentovate), Consegue: l’accoglimento del motivo e la cassazione dell’impugnata sentenza.

4. – Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, deve rigettare l’originario ricorso avverso il silenzio – rifiuto. L’anteriorità della controversia rispetto al consolidamento della esegesi in sede comunitaria giustifica la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso del Ministero. Accoglie il ricorso dell’Agenzia delle entrate. Cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria impugnazione avverso il silenzio – rifiuto. Compensa le spese.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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