Cass. civ. Sez. V, Sent., 11-03-2011, n. 5833 Contenzioso tributario Imposta incremento valore immobili – INVIM

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 29 novembre 2004, la commissione tributaria regionale di Roma, accogliendo l’appello proposto dalla soc. Vignale Immobiliare, riformava la sentenza che in prime cure aveva rigettato il ricorso avverso l’avviso di liquidazione e di irrogazione di sanzione emesso dall’ufficio di Velletri dell’agenzia delle entrate relativamente a Invim straordinaria per l’anno 1999.

I giudici di secondo grado, nell’accogliere il ricorso della soc. contribuente, rilevavano che la pretesa tributaria non poteva fondarsi su altra e precedente decisione della C.T.R., favorevole all’amministrazione finanziaria, atteso che tale decisione era giuridicamente inesistente perchè erroneamente pronunciata nei confronti di società incorporata nella soc. Vignale Immobiliare.

Sicchè si era formato il giudicato sull’originaria sentenza n. 306/04/2006 della C.T.P., favorevole per la parte contribuente.

Ricorre, per la cassazione della sentenza del 29 novembre 2004, l’agenzia delle entrate adducendo un unico motivo, al quale la soc. Vignale Immobiliare resiste con controricorso; indi, segue la memoria ex art. 378 c.p.c. della Unicoop Tirreno S.C., costituitasi quale incorporante di Vignale Immobiliare S.p.A. (atto 21 dic. 2009).
Motivi della decisione

a. Preliminarmente, la soc. Vignale Immobiliare eccepisce l’inammissibilità del ricorso erariale, perchè, a suo dire, proposto oltre il termine di decadenza previsto dal combinato disposto dell’art. 327 c.p.c. e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 38, comma 3. La controricorrente denuncia, infatti, che l’ultimo giorno utile per l’ulteriore impugnazione era il 14 gennaio 2006, mentre il ricorso per cassazione era stato spedito soltanto il 16 dicembre 2006. Rileva sul punto, che il timbro a margine del ricorso, recante la data del 14 gennaio 2006 e la dicitura "ultimo giorno", era priva di ogni sottoscrizione, sicchè l’unica data certa era quella di spedizione del plico postale. L’eccezione non è fondata. b. Come è noto, la notifica di un atto processuale, almeno quando debba compiersi entro un determinato termine, s’intende perfezionata, dal lato dell’istante, al momento dell’affidamento dell’atto all’ufficiale giudiziario, posto che, come affermato dalle sentenze della Corte costituzionale n. 69 del 1994 e n. 477 del 2002, il notificante deve rispondere soltanto del compimento delle formalità che non esulano dalla sua sfera di controllo, secondo il "principio della scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio". c. in tesi generale, la S.C. ha ritenuto che la notifica sia tempestiva con riferimento alla data della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, desumibile dal timbro e dalla firma di quest’ultimo sull’atto (Cass. Sez. L, n. 359 del 13/01/2010). d. in particolare, ove non venga esibita la ricevuta di cui al D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 129, art. 109 la prova della tempestiva consegna all’ufficiale giudiziario dell’atto da notificare può essere ricavata dal timbro apposto su tale atto recante il numero cronologico e la data; mentre solo in caso di contestazione della conformità al vero di quanto da esso indirettamente risulta, l’interessato dove farsi carico di esibire ex art. 372 c.p.c. idonea certificazione dell’ufficiale giudiziario (Cass. Sez. U, n. 14294 del 20/06/2007; Sez. L, n. 22003 del 01/09/2008). e. Nella specie sul ricorso risulta apposto il prescritto timbro dell’ufficiale giudiziario con l’indicazione "N. Cron. ric. 1119", la data "14 GEN. 2005", l’avvertenza "ULTIMO GIORNO" e l’importo "Postali Euro 12,16". f. A parte l’evidente errore materiale nella trascrizione dell’anno "2005", invece che "2006", appare non equivoco il riferimento al 14 gennaio 2006: ultimo giorno utile (sabato) per la notifica e data di effettiva consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario con addebito delle relative spese. g. Ciò, in mancanza di specifica contestazione sull’esattezza di tale indicazione, consente di ritenere tempestivamente consegnato il ricorso il giorno 14, senza la necessità di ulteriori indagini e senza che sia consentito spostare il perfezionamento della notifica per l’agenzia ricorrente al successivo giorno 16, data di spedizione del plico postale da parte dell’ufficiale giudiziario. h. Peraltro, a ben vedere, sul timbro dell’ufficiale giudiziario vi è anche un grafismo quale firma di convalida, il che corrobora il convincimento circa il tempestivo perfezionamento della procedura di notifica sin dal giorno 14.

A. Con unico motivo l’avvocatura dello stato denuncia: "Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 300 c.p.c., del D.Lgs. del 1992, art. 40 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Motivazione insufficiente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5." B. L’agenzia delle entrate, premesso che l’avviso di rettifica originario riguardava la s.r.l. Centro Commerciale, rilevava che il primo ricorso – promosso dalla s.r.l. Galleria Commerciale Colleferro incorporante la s.r.l. Centro Commerciale – era stato accolto dalla C.T.P. di Velletri con sentenza del 22 marzo 1996, poi appellata dall’amministrazione il 9 aprile 1997 nei confronti sempre della s.r.l. Galleria Commerciale Colleferro.

C. Il gravame era stato parzialmente accolto dalla C.T.R. con sent. n. 499/1997 posta a fondamento di un primo avviso emesso nei confronti della s.r.l. Galleria Commerciale Colleferro e di un secondo avviso emesso a rettifica del precedente questa volta nei confronti della S.p.A. Vignale Immobiliare, che aveva incorporato la prima società sin dal 9 ottobre 1995.

D. Stigmatizzava la ricorrente che tale fusione non era mai stata dichiarata o notificata, sicchè nel 1996 la sentenza di prime cure era stata pronunziata (favorevolmente) nei confronti della s.r.l.

Galleria Commerciale Colleferro, nei cui confronti nel 1997 era stata notificata l’impugnazione e pronunziata la definitiva sentenza di secondo grado (parzialmente favorevole all’amministrazione).

E. Il motivo, riguardante sostanzialmente l’art. 300 c.p.c. e non il D.Lgs. 542 del 1992, art. 40 (entrato in vigore il 1 aprile 1996 dopo la fusione), consente alla Corte l’esame preliminare ed officioso dei rimedi esperibili allorquando un parte (nella specie la incorporante soc. Vignale) invochi la giuridica inesistenza, la nullità radicale e comunque l’inopponibilità di una decisione di merito assunta nei confronti di un soggetto non più esistente (la soc. incorporata).

F. In tesi generale e astratta, la c.d. inesistenza giuridica o la nullità radicale di un provvedimento avente contenuto decisorio, erroneamente emesso da un giudice carente di potere o dal contenuto abnorme, irriconoscibile come atto processuale di un determinato tipo, può essere fatta valere mediante un’azione di accertamento negativo ("actio nullitatis").

G. Tali vizi possono essere fatti valere anche con i normali mezzi d’impugnazione, ove ricorra l’interesse della parte ad una espressa rimozione dell’atto processuale viziato, anche se materialmente esistente, interesse che coincide con quello del sistema che tende ad espellere dall’ordinamento i provvedimenti processuali errati o abnormi, il che può avvenire anche ad opera di un soggetto terzo, mediante opposizione ex art. 404 c.p.c., se comunque la sentenza erroneamente pronunziata tra altre persone pregiudica i suoi diritti.

H. Non è compito di questa Corte quello d’identificare il rimedio processuale più consono per far valere situazioni come quella denunciata dalla soc. contribuente: ciò che qui conta è che nessuno dei rimedi astrattamente ipotizzabili coincide con il ricorso avverso un avviso di liquidazione fondato su sentenza ritenuta dalla contribuente giuridicamente inesistente, o radicalmente nulla, o comunque non opponibile alla soc. incorporante.

I. E’ noto che il giudice ha il potere/dovere di definire le questioni che integrino antecedente logico della decisione a lui richiesta, fino a quando le stesse rimangano su un piano delibativo e incidentale e non aprano una causa autonoma, di carattere pregiudiziale, sulla quale si debba statuire con pronuncia atta ad assumere autorità di giudicato.

J. E’ vero che tale principio opera anche per le commissioni tributarie, sia nella previgente disciplina di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, sia in quella del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, il cui art. 2, comma 3 (nel testo introdotto dalla L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 12), nell’affidare al giudice tributario la risoluzione in via incidentale di ogni questione da cui dipenda la decisione delle controversie rientranti nella sua giurisdizione, tranne alcune eccezioni, ha natura meramente esplicativa delle regole generali presenti nell’ordinamento (Cass. Sez. U, n. 6631 del 29/04/2003; Sez. 5, n. 5476 del 29/02/2008).

K. Ciò, tuttavia, non rileva nel caso in esame, atteso che la cognizione sull’avviso di liquidazione non si può estendere "incidentalmente" sino a involgere anche la giuridica esistenza e la sorte processuale del titolo giudiziale posto a fondamento della pretesa tributaria.

L. In sede di opposizione non si possono, infatti, rimuovere dall’ordinamento i provvedimenti processuali definitivi, solo perchè ritenuti errati o abnormi, trattandosi di situazioni deducibili (1) nel giudizio preordinato alla formazione del titolo stesso, ovvero (2) con i mezzi di impugnazione straordinari, ovvero ancora, in casi eccezionali, (3) mediante una causa autonoma di accertamento negativo come la c.d. "actio nullitatis" (sulla quale si statuisca con pronuncia atta ad assumere autorità di giudicato).

M. La violazione di tale regola da parte della parte contribuente costituisce causa d’inammissibilità dell’opposizione, e come tale è rilevabile d’ufficio.

N. Del resto, è appena il caso di ricordare, che, nel disattendere il ricorso della soc. incorporante, la CTP di Roma (sent.

453/11/2001), premesso che l’avviso di liquidazione opposto si fondava su precedente sentenza tributaria, rilevava che tale sentenza era "impugnabile in altra sede". 0. In conclusione, pronunziando sul ricorso dell’agenzia delle entrate, va cassata la sentenza della CTR e, decidendo nel merito, va rigettato l’appello contro la decisione della CTP. P. Le spese dei gradi impugnatori seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE pronunziando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’appello; condanna la controricorrente al pagamento della spese processuali, liquidate per il secondo grado in Euro 1700,00 (di cui Euro 1000,00 per onorario) e per il presente grado in Euro 2000,00, oltre alle spese prenotate a debito.

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