Cass. civ. Sez. V, Sent., 11-03-2011, n. 5830 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

R.G. e D.A. proponevano ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 311 c.p.p. avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Firenze emessa in data 21 luglio 2010 con la quale veniva confermato l’obbligo di dimora emesso dal G.I.P. del Tribunale di Siena.

Come motivo di ricorso deducevano la violazione dell’art. 273 c.p.p., commi 1 e 1 bis e art. 195 c.p.p., comma 7 perchè il Tribunale del Riesame aveva rigettato l’impugnazione ritenendo per vera la circostanza indimostrata che prima di spendere la banconota falsa i due imputati aveva cercato di darla ad un altro commerciante che ne aveva controllato l’autenticità.

Mancando invece tale indizio di colpevolezza il provvedimento doveva essere annullato.

Il ricorso è inammissibile, in quanto basato su motivi non consentiti.

Infatti le censure con esso elevate, dietro l’apparente denuncia di vizi della motivazione, si traducono nella sollecitazione di un riesame del merito – non consentito in sede di legittimità – attraverso la rinnovata valutazione degli elementi probatori acquisiti.

La Corte territoriale ha dato pienamente conto delle ragioni che l’hanno indotta a ritenere provata la responsabilità degli imputati a tal fine ha valorizzando le dichiarazioni della persona offesa, ritenute intrinsecamente attendibili, riscontrate dal rinvenimento presso di lei della banconota palesemente fai sa. La persona offesa ha riferito che dopo essersi accorta di aver ricevuto la banconota falsa, è stato raggiunta dal commerciante presso il quale prima di lui gli imputati avevano tentato di spenderla, che le aveva riferito di aver riscontrato la falsità della banconota per averla passata nella macchinetta UV. Della linea argomentativa così sviluppata i ricorrenti non segnalano alcuna caduta di consequenzialità, che emerga ictu oculi dal testo stesso del provvedimento;

mentre il loro tentativo di screditare la solidità del quadro probatorio (attraverso contestazioni la cui genericità, fra l’altro, costituisce di per sè un ulteriore, autonomo motivo di inammissibilità) si risolve nella prospettazione del fatto storico alternativa a quella fatta motivatamente propria dal giudice di merito: il che non può trovare spazio nel giudizio di cassazione.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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