Cass. civ. Sez. V, Sent., 11-03-2011, n. 5829

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

so.
Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 17 dicembre 2004 al Comune di Roma (depositato il 19 dicembre 2004), la s.r.l. SOGESTER (Società Generale Servizi Territoriali) – premesso che "in data 30 dicembre 1998 è stato ad essa notificato avviso di accertamento d’ufficio n. 1478/98 relativo a verbale di accertamento di violazione n. (OMISSIS)" -, in forza di due motivi, chiedeva di cassare la sentenza n. 30/37/03 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio (depositata il 6 aprile 2004) che aveva respinto il suo appello avverso la decisione (272/-05/02, ma recte: 129/13/02) con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Roma aveva disatteso il ricorso.

Nel controricorso notificato il 3 febbraio 2005 e depositato il 21 febbraio 2005 il Comune intimato instava per il rigetto dell’impugnazione.

Il 7 ottobre 2010 la ricorrente depositava "memoria ex art. 312 c.p.c." (notificata alla controparte con plico postale ricevuto il 27 settembre 2010) con la quale produceva "visura storica della CCIAA" a prova che " L.P.", "all’epoca della proposizione del ricorso", aveva "la rappresentanza legale della società".
Motivi della decisione

1. In via preliminare va dichiarata l’inammissibilità del controricorso del Comune perchè proposto oltre il termine ("venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso" dal precedente art. 369, per il quale "il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della corte, a pena d’improcedibilità, nel termine di giorni venti dall’ultima notificazione alle parti") di cui all’art. 370 c.p.c., comma 1:

l’atto (datato 28 gennaio 2005), infatti, è stato consegnato (cfr., Cass., 1^ 19 ottobre 2006 n. 22480, la quale, specificamente in tema di notifica del controricorso per cassazione, ha ribadito che a seguito delle decisioni della Corte Cost. n. 477 del 2002, n. 28 e 97 del 2004 e 154 del 2005, in particolare dell’affermarsi del principio della scissione fra il momento di perfezionamento della notificazione per il notificante e per il destinatario, deve ritenersi che la notificazione si perfeziona, nei confronti del notificante, al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, con la conseguenza che, ove tempestiva, quella consegna evita alla parte la decadenza correlata all’inosservanza del termine perentorio entro il quale la notifica va effettuata, non potendo ricadere sul richiedente la notifica le conseguenze di un errore che non sia al medesimo imputabile, ovvero che si verifichi quando il buon esito della notificazione dipenda dallo stesso destinatario) all’ufficiale giudiziario per la notifica solo il 2 febbraio 2005, quindi ampiamente dopo il ventesimo giorno successivo al "termine" (giovedì 6 gennaio 2005, peraltro neppure prorogabile "di diritto" al giorno successivo ex art. 155 c.p.c., comma 4, perchè cfr., Cass., un., ordin., 19 dicembre 2009 n. 26821 non si tratta della scadenza ma della decorrenza del termine) "stabilito per il deposito del ricorso" in quanto (come detto) notificato il 17 dicembre 2004. 2. La Commissione Tributaria Regionale – premesso che: (1) "con verbale di accertamento, la polizia Municipale di Roma, provvedeva a rilevare e contestare alla società ricorrente, l’istallazione abusiva di un impianto pubblicitario …, posto in opera senza la prescritta autorizzazione Comunale"; (2) "successivamente, l’Ufficio Servizio affissioni e Pubblicità, emetteva gli atti consequenziali, diretti al recupero dei crediti di imposta e all’applicazione delle sanzioni previste dalla legge"; (3) "il ricorso … col quale veniva impugnato l’avviso di accertamento venne respinto sulla base della carenza di argomentazioni svolte non idonee ad annullare l’atto impugnato"; (4) "con tempestivo appello la società, censura la sentenza emessa dai primi giudici, chiedendone la riforma con il conseguente annullamento dell’atto impugnato"; (5) "resiste l’Ufficio, ribadendo la piena legittimità del suo operato" – ha rigettato l’appello osservando:

– "l’operato dell’amministrazione, risulta pienamente conforme alla normativa vigente all’epoca, che prevede, in particolare, al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 8, l’obbligo, in capo al soggetto passivo, di procedere con cadenza annuale alla dichiarazione di pubblicità";

– "la società non … fa menzione nè nel ricorso iniziale nè nell’appello, della titolarità di concessione e/o autorizzazione comunale per i mezzi propagandistici oggetto dell’avviso di accertamento che qui si discute";

– i "motivi del gravame . . . appaiono generici e sintetizzabili in pretese carenze formali dell’avviso di accertamento", in ordine alle quali va ribadito "che l’accertamento, venne emesso in piena conformità a quanto previsto dalla normativa ed in particolare dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 10 conseguentemente, l’avviso opposto risulta legittimo e fondato; infatti esso trae origine dal summenzionato accertamento di violazione di cui la società, conosce tutti gli elementi identificativi quali l’identificazione, della normativa di riferimento,, la tipologia e l’ubicazione dell’impianto sanzionato, del periodo espositivo, della categoria stradale corrispondente alla posizione dello stesso, della tariffa applicata, dei metri quadrati oggetto dell’imposta, questo comporta il rigetto dell’eccepita violazione delle garanzie del diritto di difesa lamentata dalla società";

– "le contestazioni dell’appellante riferite all’applicazione delle sanzioni . . . trova(no) puntuale smentita, dall’esame puntuale dell’atto impugnato, nelle disposizioni normative vigenti in materia ed alle quali l’Amministrazione si è rigorosamente conformata e chiaramente riportate nell’avviso di accertamento riferendosi alla legge applicata per la determinazione del quantum delle stesse". 3. La società propone ricorso "per la cassazione della sentenza n. 30-37-2003 emessa dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio … depositata … il 6 aprile 2004, RG 399/03, relativa al ricorso in opposizione proposto in appello … avverso la sentenza n. 272/05/02 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma sez. 05 comunicata a mezzo raccomandata in data 27 agosto 2002 su ricorso n. 4145/99 per l’annullamento degli avvisi di accertamento n. 14748 del 30 dicembre 1998" (testualmente) scrivendo: (a) in "fatto":

(1) "in data 30 dicembre 1998 è stato notificato avviso di accertamento di Ufficio n. 1478/98 recte: 14748/98 relativo a verbale di accertamento di violazione n. (OMISSIS)";

(2) "nei confronti del verbale essa SOGESTER srl ha inoltrato ricorso al Prefetto di Roma in data 11 ottobre 1997"; "il Prefetto non ha assunto provvedimento di merito nei termini dei sessanta giorni, per come previsto dalle norme vigenti ed in conformità a quanto assunto dalla Corte di Cassazione . . . con decisione n. 6895 del 23 luglio 1997";

(3) la "Commissione Tributaria Provinciale di Roma sezione 05", con la "la sentenza n. 272/05/02 comunicata a mezzo raccomandata in data 27 agosto 2002 su ricorso n. 4145/99", "respingeva la tesi di essa ricorrente" che "in data 21 dicembre 2002 depositava ricorso in appello" per i "seguenti motivi":

– "… la Commissione Tributaria Provinciale di Roma sez. 13 non decide sui motivi del ricorso";

– "… la motivazione è manifestamente illogica";

– "… dalla lettura della sentenza non è possibile risalire alla ratio decidendi della Commissione Tributaria Provinciale di Roma sez. 13";

– "… il procedimento di irrogazione delle sanzioni non risponde al dettato normativo del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16";

(b) in "diritto":

(1) "violazione e falsa applicazione dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16":

– "nella sentenza impugnata la CTR di Roma sez. 37 non decide su nessuna delle eccezioni sollevate dalla ricorrente";

– "la carenza di motivazione dell’atto impugnato non viene esaminata dai giudici di primo e secondo grado";

– "non si riesce a risalire alla ratio decidendi della sentenza impugnata in quanto si rimanda alla parte della sentenza ove si riassume lo svolgimento del processo";

"l’avviso di accertamento risulta illegittimo per le ben note ed esaurienti argomentazioni già riportate";

– "l’avviso di accertamento irroga sanzioni senza tener conto delle innovazioni introdotte dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16";

– "le sanzioni irrogate dal Comune risultano nulle in quanto prive dei requisiti richiesti a pena di decadenza dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16";

(2) "violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36":

– "il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 rubricato "contenuto della sentenza" prevede che:

"La sentenza è pronunciata in nome del popolo italiano ed è intestata alla Repubblica italiana.

La sentenza deve contenere: 1) l’indicazione della composizione del collegio, delle parti e dei loro difensori se vi sono; 2) la concisa esposizione dello svolgimento del processo; 3) le richieste delle parti; 4) la succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto; 5) il dispositivo.

La sentenza deve inoltre contenere la data della deliberazione ed è sottoscritta dal presidente e dall’estensore";

– "per risalire al significato di "data della deliberazione" si deve far riferimento al disposto dell’art. 35 rubrica "Deliberazioni del collegio giudicante" prevede che: "il collegio giudicante, subito dopo la discussione in pubblica udienza o, se questa non vi è stata, subito dopo l’esposizione del relatore, delibera la decisione in segreto nella camera di consiglio.

Quando ne ricorrono i motivi la deliberazione in camera di consiglio può essere rinviata di non oltre trenta giorni.

Alle deliberazioni del collegio si applicano le disposizioni di cui all’art. 276 c.p.c., e segg.. Non sono tuttavia ammesse sentenze non definitive o limitate solo ad alcune domande".

"Infine" la ricorrente "richiama nel merito la sentenza della stessa Commissione Tributaria del Lazio, sez. 16, n. 129/16/00 che ha accolto il ricorso in piena applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36". 4. Il ricorso è inammissibile.

A. Prima del suo esame si deve ricordare che:

(a) il vizio di "violazione e falsa applicazione di norme di diritto" ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) consiste (Cass.: 3^, 17 luglio 2009 n. 16739; 3^, 13 maggio 2009 n. 11097; 3^, 5 giugno 2007 n. 13066;

trib., 10 febbraio 2006 n. 2935; trib., 20 gennaio 2006 n. 1127;

trib., 9 novembre 2005 n. 21767; trib., 1^, 11 agosto 2004 n. 15499) nella deduzione di un’ erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata a questa Corte dal R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 65) mentre l’allegazione di un’ erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione: il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi (violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa;

(b) detto vizio, giusta il disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere, a pena d’inammissibilità (Cass., 2^, 12 febbraio 2004 n. 2707; id., 2^, 26 gennaio 2004 n. 1317), dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito a questa Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione;

(c) il vizio di omessa od insufficiente motivazione (denunciabile con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5) sussiste soltanto quando nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile una obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento, mentre il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della ratio decidendi, e cioè l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione adottata (Cass., lav., 12 agosto 2004 n. 15693; id., lav., 9 agosto 2004 n. 15355);

(d) questi vizi motivazionali non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte perchè spetta solo a detto giudice (1) individuare le fonti del proprio convincimento, (2) valutare le prove, (3) controllarne l’attendibilità e la concludenza, (4) scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, (5) dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi (non ricorrenti nella specie) tassativamente previsti dalla legge in cui è assegnato alla prova un valore legale;

(e) il ricorrente che nel giudizio di legittimità deduca l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per mancata o erronea valutazione di alcune risultanze probatorie ha l’onere (Cass.: un., 5 giugno 2008 n. 14824; 3^, 29 marzo 2007 n. 7767; 3^, 28 giugno 2006 n. 14973), sempre in virtù del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ( art. 366 c.p.c.), di specificare, trascrivendole integralmente, le prove non valutate o mal valutate, nonchè di indicare le ragioni del carattere decisivo delle stesse atteso che il mancato esame di una (o più) risultanze processuali può dar luogo al vizio di omessa o insufficiente motivazione unicamente se quelle risultanze processuali non valutate o mal valutate siano tali da invalidare l’efficacia probatoria delle altre sulle quali il convincimento si è formato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base (Cass.: 3^, 22 febbraio 2010 n. 4205; 2^, 17 febbraio 2004 n. 3004).

B. L’applicazione al caso dei richiamati principi evidenzia l’anticipata inammissibilità del ricorso.

B.1. In via generale va rilevato che delle circostanze riprodotte ai nn. 1 e 2 del "fatto" (punto 3.a) non vi è traccia nella sentenza impugnata e che in ordine alle stesse il ricorso per cassazione non contiene nessun elemento di inerenza, non solo con quanto deciso dal giudice di appello ma anche con il tema decidendi (impugnazione di "avviso di accertamento" emesso dall’"Ufficio Servizio Affissioni e Pubblicità") individuato dallo stesso giudice.

Il ricorso della contribuente, di poi, oltre agli erronei riferimenti sia quanto all’"avviso di accertamento" oggetto dell’impugnazione (del quale si indica il "n. 1478/98" (recto: 14748/98) mentre nell’epigrafe della sentenza impugnata si menzionano gli avvisi "nn. 3264 – 3265/98") che alla decisione di primo grado ("Commissione Tributaria Provinciale di Roma sezione 05 la sentenza n. 272/05/02" anzi che "sentenza n. 129/12/2002"), in aperta violazione dell’art. 366 c.p.c., non contiene alcuna indicazione dell’oggetto dello specifico accertamento.

B.2. L’eccezione di "carenza di motivazione dell’atto impugnato", diversamente da quanto affermato dalla ricorrente, è stata espressamente esaminata dalla Commissione Tributaria Regionale laddove questa, proprio in riferimento alle "pretese carenze formali" di detto avviso (del quale la società non ha nemmeno sintetizzato il contenuto), ha affermato che "l’accertamento venne emesso in piena conformità a quanto previsto … dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 10": in proposito, quindi, non sussiste nessuna omissione di "decisione" ("la CTR … non decide su nessuna delle eccezioni sollevate").

B.3. Dal ricorso (limitato alle espressioni testuale trascritte al punto 3), inoltre, non si evincono quali siano le "argomentazioni" (che, peraltro, non si spiega perchè, tenuto conto del disposto dell’art. 366 c.p.c., dovrebbero essere "ben note" a questo giudice di legittimità) per le quali "l’avviso di accertamento risulta illegittimo".

B.4. Il giudice di appello, poi, come esposto, ha ritenuto che l’amministrazione comunale, nell’"applicazione delle sanzioni", si è "rigorosamente conformata" alle "disposizioni normative vigenti in materia" ("chiaramente riportate nell’avviso di accertamento"): di contro, la contribuente non indica nessuna ragione (nè di fatto nè giuridica), sottoposta all’esame del giudice dei merito, per la quale "le sanzioni irrogate" sarebbero "prive dei requisiti richiesti a pena di decadenza dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16" e, quindi, sarebbe stata violata tale norma.

C. Del tutto vacua ed inconsistente si palesa, inoltre, la "violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36", denunziate nell’altra doglianza, atteso che questa si risolve nella mera riproduzione del testo di tale norma, oltre che di quello del precedente art. 35.

Il solo richiamo, "nel merito", alla "sentenza della … Commissione Tributaria del Lazio, sez. 16, n. 129/16/00" (che, si assume, avrebbe "accolto il ricorso in piena applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36"), infine, non consente di intravedere l’eventuale collegamento logico e/o giuridico di quella decisione (peraltro neppure prodotta) con la presente controversia.

5. Nessun provvedimento deve essere adottato in ordine alle spese processuali in quanto il Comune (il cui controricorso, come innanzi osservato, è risultato inammissibile perchè proposto tardivamente), in sostanza, non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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