Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-11-2010) 08-02-2011, n. 4546

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.G. era chiamato a rispondere, innanzi al Tribunale di Napoli, del reato di cui all’art. 485 c.p., per avere apposto al parabrezza della sua autovettura un contrassegno assicurativo contraffatto.

Con sentenza del 15 gennaio 2001 il Tribunale di Napoli dichiarava l’imputato colpevole del reato ascrittogli e, concesse le attenuanti generiche, lo condannava alla pena di mesi quattro di reclusione, oltre consequenziali statuizioni, con sospensione condizionale della stessa pena subordinata al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile.

Pronunciando sul gravame proposto dall’imputato, la Corte di Appello di Napoli, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della decisione impugnata, concedeva all’imputato anche il beneficio della non menzione.

Avverso la sentenza anzidetta, il difensore ha proposto ricorso per cassazione affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo d’impugnazione parte ricorrente lamenta violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), per inosservanza od erronea applicazione della legge penale. Si duole che sia stata ritenuta la penale responsabilità dell’imputato con riferimento all’art. 489 c.p., pur mancandone i presupposti e nonostante non fosse stata presentata rituale querela, ai sensi dell’art. 336 c.p., in quanto la stessa non era stata presentata dal procuratore speciale, ma da un suo sostituto, senza autentica di firma e senza che in essa fosse prevista la possibilità di avvalersi di un sostituto per la sua presentazione.

Il secondo motivo deduce violazione dell’art. 606, comma 1, lett. d), per mancata assunzione di una prova decisiva, quale sarebbe stata la testimonianza di I.G., a conferma della circostanza – erroneamente ritenuta inverosimile dalla Corte di merito – relativa alla conclusione di una polizza assicurativa presso un’officina di riparazione auto.

Il terzo motivo lamenta il mancato rilievo della prescrizione già maturata alla data di deposito della sentenza della Corte di Appello.

2. – La prima censura è manifestamente infondata, posto che lo sviluppo motivazionale del documento impugnato individua, con argomentazione compiuta e pertinente, gli estremi soggettivi ed oggettivi del reato in questione essendo pacifica la falsità del certificato di assicurazione e del relativo contrassegno, alla stregua delle risultanze documentali e delle raccolte testimonianze, nonchè la riferibilità del falso all’imputato. L’eccezione relativa all’irritualità della querela ripropone questione già motivatamente disattesa dal giudice di appello, sul rilievo della sua genericità e del fatto che la querela era stata proposta dal legale rappresentante della compagnia assicuratrice, dunque da soggetto pienamente legittimato alla sua presentazione.

La seconda doglianza è pur essa palesemente infondata, posto che il giudice a quo ha indicato chiaramente le ragioni per le quali non poteva trovare accoglimento la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, merce l’escussione del teste I., ritenendo implicitamente insussistente il presupposto della non decidibilità allo stato degli atti, cui l’art. 603 c.p.p., comma 1, subordina l’integrazione probatoria in sede di gravame, attraverso il giudizio di assoluta irrilevanza della proposta testimonianza-La terza doglianza è anch’essa del tutto infondata, posto che, all’atto della pronuncia di appello (3.11.2008), non era ancora decorso il termine prescrizionale, che sarebbe maturato solo il 26 dicembre successivo. Infatti, a far tempo dalla data di commissione del reato (26.6.2001) il termine prescrizionale secondo il nuovo regime – applicabile alla fattispecie in quanto la pronuncia di primo grado è successiva all’entrata in vigore della novella – è di anni sette e mesi sei (nella sua massima estensione), senza che risultino cause di sospensione.

3. – Per quanto precede, il ricorso è inammissibile e tale va, dunque, dichiarato con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.

L’epilogo decisionale dell’inammissibilità preclude il rilievo della prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata, secondo i dettami della sentenza delle Sezioni Unite 22.11.2000, n. 32, De Luca, rv.

217266.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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