Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-11-2010) 08-02-2011, n. 4544

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

S.A. proponeva ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Reggio del 14 luglio 2009 con la quale – in riforma della sentenza emessa dal GUP presso il Tribunale Penale di Reggio Calabria – riconosciute le circostanze attenuanti generiche con dichiarazione di equivalenza alle aggravanti contestate, veniva rideterminata la pena nella misura di anni quattro di reclusione, riducendo la interdizione dai Pubblici Uffici per il tempo di anni 5.

Come motivi di ricorso deduceva 1) violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b ed e, in relazione all’art. 192 c.p.p., circa la ritenuta sussistenza di condotta partecipativa del ricorrente ad associazione a delinquere di stampo mafioso ex art. 416 bis c.p., comma 4, e vizio di motivazione per mancanza o insufficienza, comunque, per illogicità ed apoditticità della stessa. Nullità dell’impugnata decisione. Il ricorrente denunziava che a fronte delle specifiche censure in ordine al giudizio di partecipazione al contesto associativo di riferimento da parte dello S., il Giudice di Appello si era limitato a recepire, acriticamente, le ragioni di condanna rassegnate dal giudice di primo grado.

Nella sostanza i Giudici di Seconde Cure avevano affermato che la prova della responsabilità del ricorrente, circa il delitto contestatogli, risiederebbe in via esclusiva, sulle captazioni ambientali, costituenti le fonti di prova "verificate" del processo e sulla connotazione confessoria di quelle dichiarazioni, facendo discendere dall’accertamento del ruolo di "fiancheggiatore" o "favoreggiatore" della latitanza dei fratelli D. e D.V." in automatico" la partecipazione dello S. agli interessi della cosca, attraverso forme di cooperazione svincolate dalla preventiva verifica i giudici di merito avevano omesso ogni accertamento sugli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 416 bis c.p., vale a dire la prova del dolo di partecipazione a società criminale, della sussistenza della cd. affectio societatis e il tipo di contributo dato dallo S. finalizzato al raggiungimento degli obiettivi criminali;

2) violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b ed e, in relazione all’art. 597 c.p.p., u.c., nonchè agli artt. 62 bis, 63, 69 e 133 c.p., vizio di motivazione per mancanza e manifesta illogicità della stessa tanto in relazione alla misura della pena in concreto inflitta all’imputato, quanto in quella della omessa declaratoria di prevalenza delle attenuanti sull’aggravante contestata.

Il ricorso è infondato e merita il rigetto.

La Corte ritiene che la sentenza impugnata è esente dai vizi denunciati, in quanto i giudici di merito hanno compiutamente indicato gli elementi probatori su cui fondare la penale responsabilità dello S. per il delitto di cui all’art. 416 bis, non limitandosi a valutare la sola attività di fiancheggiatore e l’aiuto fornito alla latitanza di D.D., ma indicando idonei elementi probatori da cui far discendere la prova dell’intraneità dell’imputato all’associazione mafiosa armata denominata " D.C.",la sua partecipazione consapevole alle attività economiche della cosca, con contatti intrattenuti a tal fine con vari boss della ‘ndrangheta.

Le contestazioni a carico dell’imputato traggono origine da complesse indagini che hanno consentito al Commissariato di PS. di Siderno di giungere alla cattura del latitante D.D. cl. (OMISSIS), esponente di primo piano dell’omonima consorteria mafiosoa operante in Sant’Ilario dello Jonio e territori limitrofi, da anni ricercato;mediante tale attività investigativa è stata ricostruita la fitta rete di aiuti, appoggi e protezioni grazie alla quale D.D. aveva potuto conservare la libertà e mantenere il ruolo apicale a lui spettante in seno alla cosca di appartenenza.

Di fondamentale importanza per la latitanza del D. si era rivelata l’opera svolta da S.A. detto " A.", il cui impegno in favore dei latitanti della famiglia D. (in particolare, di D.V., fratello di D.) era già emerso nel corso delle indagini relative alla operazione cd.

"Intreccio".

Seguendo i movimenti dello S. (attraverso il monitoraggio tramite sistema GPS degli spostamenti della Seat Arosa in uso al predetto e la captazione delle conversazioni dallo stesso effettuate per telefono, in macchina ovvero all’interno dell’autobus SETRA 215, dei quale lo S. era autista, alle dipendenze della Autolinee Federico S.p.A.), gli investigatori hanno individuato, oltre al luogo in cui D.D. aveva trovato rifugio, anche gli altri fiancheggiatori del latitante; tra questi, T.R. da (OMISSIS) e M.C.L., nonchè D.D. cl. (OMISSIS) (cognato del M. e cugino di secondo grado dell’omonimo latitante) e F.M. da (OMISSIS).

Le indagini, nel corso delle quali si era fatto ricorso ad una molteplicità di tecniche investigative (dai tradizionali servizi di appostamento, osservazione e pedinamento alle intercettazioni telefoniche ed ambientali)dimostrano il pieno coinvolgimento dello S. non solo nelle azioni di sostegno della latitanza degli esponenti di vertice della famiglia D., ma anche negli affari di interesse della cosca in campo economico e nei rapporti con le altre organizzazioni criminali operanti nel territorio specificamente sottoposto a controllo mafioso nell’area della Locride.

L’attività di favoreggiamento posta in essere dallo S. nei confronti del D. e di altri componenti di rilievo della cosca da questi diretta è pienamente provata, tanto è vero che proprio seguendo gli spostamenti dello S. si è giunti all’arresto del latitante e degli altri fiancheggiatori. Del resto neanche il ricorso dell’imputato contiene su tale aspetto specifiche contestazioni.

Ma i giudici di merito hanno accertato che lo S. non si era limitato al ruolo di fiancheggiatore dei latitanti, ma era stato attivamente presente in alcune delle vicende relative alla vita dell’associazione, fornendo il proprio contributo alla realizzazione degli scopi di essa e tenendosi sempre a disposizione della stessa. A tale fine è stato valutato il contenuto di numerosi captazioni ambientali e intercettazioni di conversazioni intrattenute dall’imputato con altri appartenenti alla cosca.

Viene fatto riferimento nella sentenza impugnata alla conversazione tra l’odierno appellante e D.N., figlio di D., nella quale lo S. sollecitava il suo interlocutore a chiedere al padre (che in quel momento era detenuto presso la Casa Circondariale di Reggio Calabria) di comunicare le sue decisioni, in relazione ad un affare riguardante l’apertura di un silos, ossia di un impianto per la produzione di calcestruzzo, affare da trattare con esponenti della cosca rivale dei Belcastro – Romeo.

Detta telefonata è stata messa in relazione ad una conversazione nel corso della quale lo S. riferiva al fratello G. dell’esistenza di un "lavoro grosso" riguardante un "silos", che si sarebbe dovuto aprire nella strada "tra (OMISSIS)", al quale erano interessate anche altre cosche, e per il quale l’odierno appellante doveva "mandare un’ambasciata" a " M.", ossia a D.D., che in quel periodo era ancora latitante, emergendo così la figura dello S. come il tramite per la gestione degli affari di interesse della cosca.

Ancora, a comprova dell’intraneità dello S. all’associazione mafiosa e della sua posizione di mediatore con le cosche rivali, è stato fatto riferimento alle conversazioni intercettate tra l’odierno ricorrente e Mu.Do., detto " M.", personaggio ritenuto dagli inquirenti assai vicino alla cosca avversaria dei Belcastro – Romeo in cui i due parlano dell’omicidio di M. L., fratello di M., avvenuto il (OMISSIS) in risposta a quello di D.A. cugino dei fratelli D. e D.V., a sua volta ucciso il (OMISSIS).

Lo S. mostra nella suddetta conversazione la sua volontà di voler mediare perchè i contrasti vengano superati.

In altra conversazione, registrata a bordo dell’autobus "Setra 215", lo S. dapprima commenta con Br.Ro., nipote di D.D., le fasi della cattura di quest’ultimo, e quindi, spostato il discorso sulle vicende passate della cosca, confida all’interlocutore di aver fatto parte del gruppo di fuoco della stessa, all’epoca della guerra scoppiata nel territorio di Sant’Ilario dello Jonio con il gruppo scissionista dei Belcastro – Romeo, precisando che ciò egli lo aveva fatto soprattutto per onorare la memoria del defunto D.A., di cui esalta le doti di lealtà e generosità, rimarcando come il proprio atteggiamento fosse stato ben diverso da quello degli stessi congiunti più stretti del defunto,che non avevano fatto nulla per vendicare l’uccisione del parente, rimprovero che egli aveva messo esplicitamente a costoro e confermato allorquando si era trovato a parlarne con altri importanti esponenti della ‘ndrangheta della Locride, tra cui C.V. di (OMISSIS) e Mi.Ba. di (OMISSIS).

Rivelatrice del grado di intraneità dello S. nella cosca è la conversazione riportata in sentenza da cui si ricava che lo S. considerava un affronto il fatto che si fosse intrapresa un’attività estorsiva nei confronti della ditta Federico, senza il suo preventivo consenso, in quanto egli si considerava, evidentemente, il referente della cosca D. nei rapporti con la ditta di cui era dipendente. Nella conversazione intercettata il 30.1.2006, l’odierno ricorrente, parlando con il collega Sc.An., fa riferimento ai suoi rapporti con mafiosi di alto rango e alle ambiziose proposte da lui formulate per migliorare lo status quo della malavita organizzata locale e spiega le regole e le gerarchie della ‘ndrangheta. Il pieno coinvolgimento dell’odierno appellante negli affari economici gestiti dalla cosca sul territorio ricadente sotto il proprio controllo è confermato anche dalla conversazione registrata il 2.1.2006 sull’autobus della ditta Federico, tra lo stesso S.A. e il fratello G., i quali parlavano di alcuni lotti di legname offerti in asta pubblica dal Comune di Canolo e della sgradita partecipazione alla gara di una ditta che si era permessa di invadere il territorio della cosca D..

Da tutto il materiale probatorio emerge, come ritenuto dai giudici di merito,una figura che non si limitava al pur fondamentale ruolo di fiancheggiatore dei capi della cosca, all’epoca latitanti, ma spiccava per l’attività di coordinamento degli altri fiancheggiatori che si distingueva anche come tramite delle informazioni da comunicare al D. e delle decisioni da quest’ultimo assunte, sia nel periodo della latitanza che in quello della successiva detenzione latitante . A ciò deve aggiungersi che dalle stesse frasi intercettate risulta che lo S. era perfettamente a conoscenza delle vicende interne della cosca e dei contrasti con le cosche rivali, come dimostra il colloquio con M.D., anche in forza di una lunga militanza non esente anche dalla partecipazione ad azioni di fuoco, per quanto genericamente evocate nelle conversazioni, e svolgeva anche un ruolo di rappresentante della cosca nella gestione degli affari economici legati ad appalti e, in genere, alla realizzazione di opere pubbliche concernenti appalti e lavori di vario genere.

Un simile, ampio e diversificato impegno per collaborare alla realizzazione degli scopi della cosca integra,come affermato dai giudici di merito tutti gli estremi della partecipazione all’associazione mafiosa, risultando lo S. aver operato sotto vari fronti all’attività dell’associazione con la consapevolezza di partecipare attivamente alla realizzazione degli scopi ed all’incremento dell’attività economica della stessa.

Infondato è anche il motivo relativo alla misura della pena ed al giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche in quanto la personalità dell’imputato, quale emerge dalle modalità della condotta criminosa, non giustificava il riconoscimento del giudizio di prevalenza,una volta che i giudici di secondo grado avevano già concesse le attenuanti generiche non concesse in primo grado tenendo conto dell’assenza di precedenti a carico dello S.. Al rigetto del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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