T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 02-02-2011, n. 975 U. S. L. inquadramento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente, ex dipendente dell’E, è stato inquadrato nella posizione funzionale di direttore amministrativo di X livello con delibera del 30121987, in applicazione dell’art 117 del d.p.r. n° 270 del 1987 (norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo sindacale, per il triennio 19851987, relativa al comparto del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale), norma che prevedeva il primo inquadramento nel servizio sanitario nazionale del personale degli ex enti mutualistici. A seguito della sentenza del Consiglio di Stato n° 274 del 1992, che annullava l’art 117 del d.p.r.270 del 1987, la ASL, con provvedimento n° 3007 del 31101996, annullava la delibera del 1987 e ricollocava il dott. B. nella posizione di vice direttore amministrativo prima rivestita, attribuendogli il trattamento economico del IX livello retributivo.

Avverso tale provvedimento è stato proposto il presente ricorso per i seguenti motivi:

Violazione della legge n° 70 del 1975; del d.pr. n° 761 del 1979; della legge n° 241 del 1990; del giudicato derivante dalla decisione n° 274 del 1992; dalla sentenza del Tar lazio n° 1032 del 1994;

violazione dei principi generali in materia di atti amministrativi; eccesso di potere per illogicità; contraddittorietà; erronea valutazione di presupposti; travisamento; sviamento; ingiustizia manifesta; difetto di motivazione; disparità di trattamento.

Si sono costituite la ASL, la Presidenza del Consiglio e l’Aran, contestando la fondatezza del ricorso.

Alla camera di consiglio del 1921997 è stata accolta la domanda cautelare di sospensione del provvedimento impugnato.

Il 3132005 è stato collocato a riposo.

Con decreto del 7 settembre 2009 è stata disposta la perenzione del ricorso non risultando una nuova istanza di fissazione udienza successiva all’avviso della Segreteria.

Avverso tale decreto è stata proposta opposizione, accolta con ordinanza del 1682010, essendo stata depositata una istanza di fissazione udienza a firma congiunta del difensore e del ricorrente il 2562009.

All’udienza pubblica del 1012011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso è fondato.

Il ricorrente nel 1987 è stato inquadrato, secondo quanto allora stabilito dall’art 117 del d.p.r. n° 270 del 1987 nel decimo profilo professionale, ai sensi della lettera b) di tale articolo: dalla data di entrata in vigore del presente decreto le sottoindicate figure professionali, tali in posizione di ruolo e con l’incarico formalmente attribuito delle funzioni a fianco di ciascuna figura indicate alla data del 20 dicembre 1979, vengono così inquadrate: b) collaboratori coordinatori titolari di ufficio della sede provinciale o con la titolarità di una sezione territoriale dell’Istituto nazionale delle assicurazioni di malattia, ovvero, titolari o reggenti di una sede o cassa mutua provinciale – 10° livello;

Il Consiglio di Stato con sentenza n° 274 del 1992 annullava il decreto, ritenendolo illegittimo, in quanto in maniera irrazionale si riferiva solo ad alcune categorie(i titolari e reggenti degli uffici provinciali).

Dall’annullamento in sede giurisdizionale, secondo quanto affermato dal Tar Lazio, nella sentenza n° 1032 del 1994, resa in sede di ottemperanza, trattandosi di annullamento di un regolamento che dava efficacia alla contrattazione collettiva non poteva che sorgere l’obbligo della esecuzione del giudicato in capo alle parti sociali, per una nuova contrattazione. "Le decisioni del giudice amministrativo che annullano disposizioni regolamentari, non possono avere altro effetto che quello di rimuovere la disposizione riconosciuta viziata, restituendo al governo ed alle parti sociali, nel caso di atto di recepimento di accordo di lavoro, il potere già invalidamente esercitato".

Sia la sentenza n° 274 del 1992 sia la successiva sentenza resa in sede di ottemperanza dal Tar Lazio n° 1032 del 1994 annullavano i criteri previsti dalla lettera b) del d.p.r. n° 270 del 1987, affidando quindi la successiva attività amministrativa al successivo riesercizio del potere che, in questo caso, trattandosi di decreto di attuazione della contrattazione collettiva doveva passare per una successiva attività di contrattazione.

Il nuovo contratto è stato sottoscritto il 471995. Tale contratto, espressamente soprannominato "in ottemperanza" alle decisioni del Consiglio di Stato e del Tar Lazio riformulava la norma della lettera b) dell’art 117 estendendo l’inquadramento al decimo livello anche ai dirigenti di uffici centrali degli ex enti disciolti, confermando però che l’anzianità di cinque anni dovesse essere nella titolarità dell’ufficio; sono stati previsti, altresì, gli effetti del nuovo inquadramento dal luglio 1995, salvo per coloro che avevano proposto ricorso avverso tale decreto.

Nella premessa del contratto si fa espresso riferimento non solo agli effetti della sentenza e alla necessità di adeguarsi al giudicato, ma anche agli effetti sui rapporti in corso: "Considerato che il Consiglio di Stato con la citata sentenza, nel riconoscere la fondatezza dell’impugnativa, ha affermato che l’annullamento delle lettere a), b) e c) dell’art. 117 – valido erga omnes – non persegue come risultato ultimo la restituzione dei beneficiari allo statu quo ma, essendo la norma di provenienza pattizia, determina la riapertura del negoziato sulle clausole controverse e le ulteriori decisioni cui le parti potranno pervenire, possono "consistere, eventualmente, nel ripristinare in tutto o in parte la concessione dei benefici", nel rispetto: a) delle compatibilità finanziarie; b) della coerenza logica del contratto; c) dell’attualità delle mansioni; d) dell’equilibrio di rapporti con le altre categorie, evitando la disparità di trattamento giuridica irrazionale ed illegittima".

La premessa del contratto dà atto altresì che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione Ibis, del 28 giugno 1994, n. 1032, con la quale il giudice amministrativo, nel confermare l’obbligo di ottemperanza alla decisione n. 274/1992 del Consiglio di Stato, ha richiamato il dovere di procedere alla rivalutazione della norma caducata attraverso una riapertura del negoziato, il cui risultato finale e rimesso alla discrezionalità dei soggetti contraenti con il solo vincolo, nascente dal giudicato, dell’eliminazione della irrazionalità della norma, individuata nella circostanza che essa, prendendo in esame le sole funzioni periferiche, aveva preteso di incidere…, a distanza di quasi un decennio, su di un assetto posto in sede di prima organizzazione dei nuovi servizi sanitari, quando ormai il personale del ruolo unico dirigenziale era addetto a funzioni unitarie ed aveva pari qualifica e dignità professionale per effetto degli inquadramenti disposti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 761/1979, tabella allegato 2.

In tale contesto, la delibera della ASL che annulla, a distanza di dieci anni, il precedente inquadramento, disposto in base ad una interpretazione estensiva di una normativa allora vigente, in mancanza di qualsiasi motivazione, deve ritenersi illegittima.

Infatti, per quanto fosse intervenuto l’annullamento in via giurisdizionale della norma regolamentare, peraltro nel 1992, il provvedimento di revoca dell’inquadramento è pur sempre un provvedimento di autotutela che resta soggetto ai principi generali elaborati dalla giurisprudenza per la legittimità dell’esercizio del potere di autotutela.

Presupposti dell’esercizio del potere di annullamento d’ufficio con effetti ex tunc sono l’illegittimità originaria del provvedimento, l’interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione diverso dal mero ripristino della legalità, l’assenza di posizioni consolidate in capo ai destinatari (Consiglio Stato, sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8291).

Inoltre, si deve tener conto, altresì, che il provvedimento è stato adottato nel 1996, quindi, successivamente alla stipula del nuovo accordo che ha previsto, comunque, tale inquadramento al decimo livello per collaboratori coordinatori titolari di ufficio (aggiungendovi i direttivi e dirigenti operanti nelle sedi centrali degli enti disciolti), così come si deve ritenere il dott. B., solo che tale inquadramento gli era stato concesso in forza di una interpretazione estensiva della ASL già sotto la vigenza del vecchio testo dell’art 117 che lo limitava ai dirigenti delle sedi territoriali.

Quindi, se astrattamente la decorrenza dell’inquadramento avrebbe dovuto essere posticipata al 1995, come previsto dal nuovo contratto, peraltro il B. aveva svolto le funzioni di decimo livello dal 1987 al 1996, in forza di una interpretazione estensiva data allora nel 1987 dalla ASL, ma ritenuta sostanzialmente legittima dal Consiglio di Stato, anche se rimandando alla contrattazione collettiva.

La posizione specifica del ricorrente, che aveva avuto il più favorevole inquadramento previsto dalla norma, non poteva non essere oggetto di specifica valutazione da parte dell’Amministrazione, tenendo conto, inoltre, che comunque per il passato il B. avrebbe avuto diritto alle maggiori somme percepite, avendo egli prestato le relative mansioni.

A sostegno di tale interpretazione resta anche il fatto che l’accordo prevede espressamente la decorrenza giuridica per i ricorrenti al 1271987, con il che esprime un principio generale che se non può tornare a vantaggio di chi non abbia proposto ricorso (per i quali era prevista la decorrenza al 471995) neppure può danneggiare chi non lo ha proposto, non avendovi interesse, avendo già avuto (come il dott. B.) l’inquadramento al decimo livello, per una interpretazione estensiva da parte della propria amministrazione, seppur errata.

Se la giurisprudenza in materia di inquadramento ritiene che, in caso di annullamento d’ufficio di un illegittimo provvedimento di inquadramento, il quale abbia determinato ingiustificati oneri per l’Erario, non occorre una specifica motivazione sull’interesse pubblico all’intervento in autotutela, in quanto tale interesse è in re ipsa, ed è quello a risparmiare e ad evitare spese non giustificate in base alla normativa, il che significa che per procedere all’annullamento d’ufficio di un inquadramento illegittimo è sufficiente l’esigenza di ripristinare la legalità (Consiglio Stato, sez. VI, 16 marzo 2009, n. 1550) tali affermazioni non si attagliano al caso di specie, in cui da una parte, gli emolumenti erogati in relazione alle funzioni corrispondenti al livello di inquadramento, oltre al fatto di essere stati percepiti in perfetta buona fede, sono da considerare quali controprestazioni delle mansioni effettivamente svolte legittimamente; tali emolumenti, pertanto, sarebbero spettate comunque fino all’ annullamento dell’ inquadramento (Consiglio Stato, sez. V, 13 novembre 2002, n. 6283).

Se quindi, in generale, si afferma che l’interesse pubblico all’annullamento d’ufficio dell’illegittimo inquadramento di un pubblico dipendente è in re ipsa e non richiede specifica motivazione, in quanto l’atto oggetto di autotutela produce un danno per l’Amministrazione consistente nell’esborso di denaro pubblico senza titolo, con vantaggio ingiustificato per il dipendente, né in tali casi rileva il tempo trascorso dalla emanazione del provvedimento di recupero dell’indebito (Consiglio Stato, sez. V, 22 marzo 2010, n. 1672) nel caso specifico la illegittimità era derivante da una norma annullata successivamente dal giudice amministrativo, ma oggetto di un ulteriore contrattazione sindacale.

Il provvedimento avrebbe necessitato dunque una specifica valutazione dell’interesse pubblico attuale e concreto all’annullamento dell’atto, tenendo conto in particolare che il dott. B. aveva già esercitato le funzioni del decimo livello per quasi dieci anni (dal 1927 al 1996); che poteva avere comunque in forza della norma vigente diritto all’inquadramento e che la contrattazione del 1995 non comportava in maniera automatica l’annullamento dei precedenti inquadramenti (cfr CDS Sez. IV, sent. n. 5206 del 07092006, per cui con il nuovo testo dell’art. 117 del D.P.R. n. 270/87 si è stabilita la conferma dei criteri di cui alle lettere a), b) e c) dell’art. 117 medesimo, salvo alcune integrazioni, nonché la conferma dei provvedimenti di inquadramento emanati sulla base del precedente testo di accordo ovvero, ancora, la riadozione dei provvedimenti d’inquadramento che nel frattempo fossero stati, a far data dal 12 luglio 1987, revocati).

Il ricorso è quindi fondato e deve essere accolto con annullamento della delibera 3007 del 1996.

In considerazione della peculiarità delle questioni, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e per l’effetto annulla la delibera 3007 del 1996.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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