Cass. civ. Sez. I, Sent., 14-03-2011, n. 6002 Occupazione d’urgenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Firenze, in riforma delle decisioni 13 ottobre 1997 e 13 novembre 2001 del Tribunale, ha respinto (per quanto qui ancora interessa) la domanda della s.p.a. Valleverde di risarcimento del danno per occupazione espropriativa di un terreno di sua proprietà ubicato nel comune di (OMISSIS), in quanto la procedura ablativa svolta dalla soc. Autostrade, si era ritualmente conclusa con l’emissione del decreto di esproprio adottato il 6 settembre 1996, prima della scadenza del periodo di durata dell’occupazione temporanea originariamente indicato dal provvedimento sindacale nel 16 ottobre 1994, ma prorogato di un biennio per effetto della L. n. 158 del 1991, art. 22.

Per la cassazione della sentenza, la s.p.a. Valleverde ha proposto ricorso per 4 motivi, cui resiste la s.p.a. Autostrade per l’Italia con controricorso, con il quale ha formulato a sua volta ricorso incidentale per 4 motivi.
Motivi della decisione

I ricorsi vanno, anzitutto riuniti ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., perchè proposti contro la medesima sentenza.

Con il primo motivo di quello principale, la Valleverde, deducendo violazione della L. n. 865 del 1971, art. 20 e L. n. 158 del 1991, art. 22, censura la sentenza impugnata per aver applicato quest’ultima proroga all’occupazione del proprio terreno iniziata nel 1989 senza considerare che la stessa è invocabile esclusivamente nelle occupazioni già prorogate, come del resto conferma l’avverbio "ulteriormente utilizzato dal legislatore, che d’altra parte non ritenne necessario estendere l’istituto palesemente diretto a sanare le situazioni patologiche, perchè di lungo corso, alle occupazioni nuove.

Con il secondo deducendo altra violazione delle medesime disposizioni legislative, nonchè della L. n. 166 del 2002, art. 4, si duole che la Corte abbia richiamato, a sostegno della propria interpretazione, detta norma sopravvenuta, che invece intendeva esplicitare soltanto la sua applicazione alle occupazioni in cui le varie proroghe potessero coordinarsi e costituire un unicum: perciò escludendo quelle in cui invece l’espropriazione si fosse conclusa allo spirare dell’una o dell’altra di esse. Senza considerare che la norma si riferisce più propriamente ai termini per il compimento della procedura ablativa, notoriamente distinti da quelli riguardanti l’occupazione d’urgenza.

Con il terzo motivo, deducendo altra violazione della L. n. 158 del 1991, art. 22, evidenzia una ulteriore conferma della propria interpretazione della norma nella avvenuta proroga dell’occupazione da parte della stessa ANAS proprio per la consapevolezza che quella legale non poteva applicarsi alla fattispecie.

Le censure sono infondate traendo sostanzialmente origine da una interpretazione della citata L. n. 158 del 1991, art. 22, che isola l’avverbio "ulteriormente" dal contesto della proposizione in cui è inserito per elevarlo da un lato a presupposto autonomo di applicazione della proroga; e dall’altro subordinarlo ad una implicita e sottesa condizione che sia stata utilizzata già quella introdotta dalle precedenti L. n. 42 del 1985 e L. n. 47 del 1988, non rinvenibile nel testo della norma: interpretazione perciò in palese contrasto con il suo stesso tenore e soprattutto con la ratio legis ripetutamente evidenziata dalla giurisprudenza di legittimità nonchè dalla Corte Costituzionale.

Questa Corte, infatti, già in relazione alla proroga disposta dalla L. n. 47 del 1988, art. 14 (di conversione del D.L. n. 534 del 1987) avente identico contenuto testuale, ha affermato che la stessa trova applicazione in ogni caso di occupazione d’urgenza in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge, sia che l’occupazione fosse già stata prorogata una volta in base al D.L. n. 901 del 1984, art. 1, comma 5 bis (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 42 del 1985), sia che questa fosse in corso ai sensi della L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 20, ma non ancora prorogata (Cass. 4288/1996 e 16204/2004). E Cass. 8734/1997, con riguardo alla proroga biennale successiva introdotta proprio dalla L. n. 158 del 1991, art. 22, ha confermato che la stessa si applica per tutte indistintamente le occupazioni d’urgenza in corso al primo gennaio 1991, atteso che, per espressa previsione dell’art. 23, le disposizioni della citata L. n. 158 del 1991 prendono effetto a decorrere dal primo gennaio 1991.

In via più generale, poi, e con riguardo all’intero sistema di dette proroghe che ha avuto inizio dopo la nota declaratoria di incostituzionalità del criterio di stima delle aree edificabili di cui alla L. n. 865 del 1971, art. 16, da parte delle note decisioni 5/1980 e 223/1983 della Corte Costituzionale, questa Corte ha ripetutamente enunciato i seguenti principi: A) Con gli anzidetti provvedimenti legislativi, significativamente inseriti nel quadro di una normativa concernente la proroga di termini previsti da disposizioni legislative di vario genere, a differenza di quanto disposto per la proroga di cui alla L. n. 865 del 1971, art. 20, non è stato elevato in via astratta e generale il termine massimo (quinquennale) di durata delle occupazioni di urgenza, con l’attribuzione alla pubblica amministrazione del potere di prorogare il termine delle concrete occupazioni entro i nuovi limiti temporali, ma si è inciso in maniera diretta ed immediata sulla scadenza dei periodi di occupazione temporanea come già concretamente determinati dall’autorità amministrativa, attuandone il prolungamento; B) ciascuna di dette proroghe trova dunque applicazione in ogni caso di occupazione d’urgenza in corso alla data di entrata in vigore della legge che la dispone, sia che l’occupazione fosse già stata prorogata una volta (per esempio,in base al menzionato D.L. n. 901 del 1984, art. 1, comma 5 bis, o più volte) sia che questa fosse in corso ai sensi della L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 20, ma non ancora prorogata (Cass. 13774/2007; 14826/2006; 11391/2001; C) ciò perchè la sequenza delle proroghe esaminate si è resa necessaria a causa della situazione di grave incertezza e di vuoto normativo – determinatisi dopo le ricordate dichiarazioni di incostituzionalità e protrattisi per l’ultradecennale latitanza del legislatore nel dettare una nuova disciplina dell’indennizzo espropriativo: di quella stessa incertezza, cioè, ed anomalia del quadro legislativo di cui ha poi tenuto conto, ora per allora, la Corte Costituzionale, nel giustificare (in ragione di essa) la retroattività del tardivo intervento (conformativo dell’indennizzo ablatorio) di cui alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis (cfr. sentenza 1993 n. 283). D) Quella situazione richiedeva allora in relazione ai singoli decreti di occupazione urgenti interventi correttivi non certo conseguibili con il semplice ampliamento dello strumento astratto di cui alla L. n. 865 del 1971, art. 20, che furono, dunque attuati mediante apposito apparato normativo rivolto al fine di protrarre automaticamente la validità delle occupazioni dei suoli connesse ai procedimenti espropriativi in attesa che il Parlamento procedesse all’approvazione della nuova disciplina delle indennità di esproprio; e che, pur portando al risultato complessivo, di una lunga protrazione delle occupazioni legittime, sono stati dichiarati costituzionalmente legittimi dalla Corte Costituzionale, proprio perchè determinati da riconosciute esigenze obbiettive; per cui anche con riguardo alla L. n. 42 del 1988 e L. n. 158 del 1991, la finalità perseguita dal legislatore, è stata quella di impedire che, a seguito della scadenza dei termini di occupazione temporanea e d’urgenza, le amministrazioni esproprianti si trovassero a dover risarcire i danni per l’occupazione espropriativa (Cass. 24576/2006; 8224/2000;

7200/1999). Onde ciascuna di esse opera anzitutto automaticamente, senza necessità di specifico provvedimento da parte della P.A.; e quindi sul solo presupposto che l’occupazione sia ancora in corso al momento del sopravvenire della proroga (presupposto non sussistente, quindi, soltanto qualora alla inutile scadenza dell’occupazione il provvedimento legislativo non fosse ancora intervenuto e l’opera già compiuta, con conseguente acquisizione della proprietà dell’immobile da parte dell’ente pubblico).

Questa interpretazione è stata avallata dalla Corte Costituzionale, la quale ha specificato che il susseguirsi di dette proroghe si rese necessario perchè la nuova normativa in materia di indennità di espropriazione, nonostante la sua urgenza, ha avuto una elaborazione particolarmente faticosa e complessa, anche perchè la prima disciplina dettata dalla L. n. 385 del 1980, dopo la declaratoria di incostituzionalità di cui alla menzionata sentenza n. 5 del 1980, fu, a sua volta, dichiarata incostituzionale con sentenza n. 223 del 1983, per violazione degli artt. 42 e 136 Cost.; e perchè il lungo e laborioso iter si è concluso soltanto con la L. 8 agosto 1992, n. 359 (art. 5 bis aggiunto, in sede di conversione, al D.L. 11 luglio 1992, n. 333): perciò costringendo il legislatore ad introdurre "ulteriori" proroghe automatiche dopo la prima di cui al D.L. n. 901 del 1984, che hanno dato luogo "ad un periodo di tempo sicuramente lungo, che non ha consentito la tempestiva liquidazione ed il pagamento delle indennità di espropriazione, nonchè l’esperibilità delle azioni per il risarcimento dei danni da occupazione illegittima. Ma tali ritardi, determinati da riconosciute esigenze obiettive, sorrette da motivi di pubblico interesse, non possono essere considerati tali da compromettere i diritti del proprietario con lesione dell’art. 42 Cost. " (Corte Costit. 163/1994 e 244/1993).

A fugare ogni dubbio sulla inconsistenza di interpretazioni diverse è infine intervenuta la L. n. 166 del 2002 in base al cui art. 4 tutte le proroghe disposte dalla normativa emergenziale e, quindi, anche quelle introdotte dalle menzionate disposizioni legislative del 1938 e del 1991, specificamente ricordate, devono intendersi con effetto retroattivo, riferite ai procedimenti espropriativi comunque "in corso alle scadenze previste dalle singole leggi e si intendono efficaci anche in assenza di atti dichiarativi delle amministrazioni procedenti"; e l’effetto di proroga deve infine essere esteso anche ai connessi procedimenti espropriativi, compreso il termine per l’emissione del decreto di esproprio, essendo illogica la previsione del perdurare di un regime occupatorio temporaneo senza il corrispondente slittamento dei termini utili per il completamento del procedimento ablativo (Cass. sez. un. 2630/2006; nonchè 10216/2010).

A questi principi si è attenuta la sentenza impugnata la quale ha altresì evidenziato l’irragionevolezza dell’opzione ermeneutica prospettata dalla ricorrente: in base alla quale sarebbero rimaste scoperte le occupazioni disposte da ultime in ordine di tempo (e quindi non in precedenza prorogate), esposte senza alcuna logica giustificazione a divenire illegittime ove la nuova legge sulla indennità di espropriazione avesse tardato ad intervenire (come di fatto è avvenuto); per cui anche sotto questo profilo le considerazioni dei giudici di appello sono interamente condivisibili.

Inammissibile è infine il primo motivo del ricorso incidentale, con cui la Soc. Autostrade, deducendo violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., lamenta la parziale compensazione delle spese processuali disposta dai giudici suddetti: giacchè in tema di regolamento di dette spese costituisce principio giurisprudenziale del tutto pacifico, che la relativa statuizione è sindacabile in sede di legittimità, nei soli casi di violazione di legge, quale si verificherebbe nell’ipotesi in cui, contrariamente al divieto stabilito dall’art. 91 cod. proc. civ., le stesse venissero poste a carico della parte totalmente vittoriosa; per cui esula, da tale sindacato e rientra, invece, nel potere discrezionale del giudice del merito, ex art. 92 cod. proc. civ., la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite.

Pertanto detto giudice non è tenuto a dare ragione con un’espressa motivazione sia dell’uso di detto potere nell’ipotesi di soccombenza reciproca e/o in quella della sussistenza di giusti motivi, sia del mancato uso di tale facoltà: nel caso correttamente utilizzata quanto meno per le difficoltà ermeneutiche cui ha dato luogo la normativa sulle proroghe in questione e che ha indotto il Tribunale ed i giudici di appello ad interpretazioni diverse.

Assorbiti pertanto gli altri motivi del ricorso incidentale subordinati all’accoglimento di quello principale, ed il 4 motivo di quello principale relativo ai criteri del risarcimento per l’occupazione espropriativa,che si è esclusa, il Collegio deve conclusivamente confermare la sentenza impugnata non potendosi considerare motivo autonomo ed autosufficiente di ricorso la richiesta conclusiva di liquidazione "dell’indennità di preventiva occupazione"; e condannare la soc. Valle Verde al pagamento delle spese del giudizio di legittimità da liquidare come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi, rigetta il principale, dichiara inammissibile il primo motivo dell’incidentale ed assorbiti gli altri condanna la soc. Valleverde al pagamento delle spese processuali che liquida in favore della soc. Autostrade in complessivi Euro 4.200,00 di cui Euro 4.000,00 per onorario di difesa, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

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