Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-11-2010) 08-02-2011, n. 4541

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Ascoli Piceno confermava la sentenza del 16 ottobre 2008 con la quale il Giudice di pace di quella stessa città aveva dichiarato G.M.R. colpevole dei reati di ingiuria e minacce in danno di S. F. e, per l’effetto, l’aveva condannata alla pena ritenuta di giustizia nonchè al risarcimento dei danni in favore della persona offesa, costituitasi parte civile.

Avverso la pronuncia anzidetta il difensore ha proposto ricorso per cassazione affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo d’impugnazione parte ricorrente lamenta violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), per violazione dell’art. 81 c.p., art. 594 c.p., comma 1, e artt. 4 e 612 c.p., e dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), in relazione agli artt. 192 e 530 c.p.p., nonchè difetto di motivazione e travisamento della prova ai sensi dello stesso art. 606, lett. e). Si duole, al riguardo, della valutazione delle risultanze processuali, asseritamente inidonee a sostenere l’ipotesi accusatorie e sostanzialmente travisate. In particolare, non era stato tenuto conto del fatto che le espressioni ritenute offensive sarebbero state pronunciate davanti alla porta d’ingresso dell’alloggio nel cui possesso essa ricorrente era stata reimmessa, in esito ad azione possessoria, senza peraltro potervi accedere in quanto la persona offesa, assente il marito G. A., aveva bloccato la stessa porta, dall’interno, con un lucchetto. Le espressioni anzidette sarebbero state, dunque, profferite senza che l’imputata sapesse che al di là della porta vi fosse la S. che, peraltro, non era stata identificata dal brigadiere Q.T., intervenuto sul posto.

Il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 185 c.p.p., e art. 538 c.p.p., ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), nonchè mancanza di motivazione ai sensi dello stesso art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e). Si duole, in particolare, che il giudice di appello abbia confermato la condanna dell’imputata al pagamento in favore della parte civile della somma di Euro 300,00 a titolo di risarcimento del danno, senza motivare in alcun modo la sua decisione.

2. – La prima ragione di censura è priva di fondamento. Ed invero, dall’insieme motivazionale della sentenza impugnata – integrato per quanto di ragione dalla motivazione della pronuncia di primo grado, che, stante la convergenza in punto di penale responsabilità, forma con quella in esame una sola entità giuridica – risultano chiaramente indicate le ragioni della ritenuta sussistenza, nel caso di specie, dei presupposti soggettivi ed oggettivi dei contestati reati di ingiuria e di minacce. In particolare, è stato motivatamente ritenuto pacifico che la ricorrente avesse piena consapevolezza che, al di là della porta sbarrata, vi fosse la persona offesa, che si era rifiutata di aprire, tanto da indurre la stessa G. a chiedere l’intervento dei Carabinieri, in presenza dei quali sono state profferite le espressioni ingiuriose e minacciose.

La seconda doglianza è pur essa infondata. Ed infatti, il giudice di appello ha chiaramente spiegato che la somma liquidata rappresentava, per la sua pochezza, il ristoro minimo delle conseguenze dannose dei reati in questione, apprezzabili sul piano del disagio, sofferenza e turbamento arrecati dall’imputata, dunque del danno morale. 3. – Per quanto precede, il ricorso deve essere rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo, anche in ordine alla condanna della ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, determinate come da dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate in complessivi Euro 1,200,00, oltre accessori come per legge.

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