Cass. civ. Sez. I, Sent., 14-03-2011, n. 5998 Diritti politici e civili Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Sig. C.A. con ricorso alla Corte d’appello di Napoli ai sensi della L. n. 89 del 2001, la liquidazione dell’equa riparazione per il danno non patrimoniale derivatogli dall’eccessiva durata di un processo promosso dinanzi al TAR della Campania e avente ad oggetto una domanda di maggiorazioni di compensi per prestazioni lavorative. La Corte d’appello, con decreto depositato il 29 ottobre 2008, per il periodo di eccessiva durata sino alla data della domanda di equa riparazione liquidava la somma complessiva di Euro 4.212,00, con gl’interessi legali dalla domanda, pari, a Euro 750,00 per ogni anno di eccessiva durata del processo. Avverso tale decreto l’attore ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato al Ministero dell’Economia e delle Finanze il 9 luglio 2009, formulando dieci motivi. Il Ministero resiste con controricorso notificato il 18 agosto 2009.
Motivi della decisione

1. Va disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso prospettata dal Ministero per la mancanza nella copia notificatagli di alcune pagine del ricorso, non influendo tale mancanza sulla, comprensibilità dei motivi di censura.

2. Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 6 della CEDU, della L. n. 89 del 2001 e della regola secondo la quale la normativa della CEDU prevale su quella nazionale. Si formula il seguente quesito: "La L. n. 89 del 2001 e specificamente l’art. 2 costituisce applicazione dell’art. 6, par. 1 della CEDU e in ipotesi di contrasto tra la legge Pinto e la CEDU o di lacuna della legge nazionale si deve disapplicare la legge nazionale e applicare la CEDU"? Il motivo va dichiarato inammissibile per l’inadeguatezza del quesito formulato, in quanto del tutto astratto e privo di riferimento alla decisione ed alla fattispecie concreta.

3. Con il secondo e l’ottavo motivo si censura la mancata concessione del "bonus" di 2.000,00 Euro, che si asserisce dovuto trattandosi di causa di lavoro e l’omessa pronuncia al riguardo. I motivi vanno esaminati congiuntamente e dichiarati inammissibili, in quanto, come già statuito da questa Corte, (ex multis Cass. 6 settembre 2010, n. 190 64; 28 gennaio 2010, n. 1893; 28 ottobre 2009, n. 22869), in tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2, ai fini della determinazione dell’indennizzo dovuto per il danno non patrimoniale, la durata della ingiustificata protrazione del processo è un elemento obiettivo che sì presta a misurare e a riparare un pregiudizio normalmente sempre presente ed uguale, mentre l’attribuzione di una somma ulteriore (cosiddetto "bonus") postula che nel caso concreto quel pregiudizio, a causa di particolari circostanze specifiche, sia stato maggiore; conseguentemente, nel caso in cui il giudice di merito abbia negato il riconoscimento di tale pregiudizio, la critica della decisione sul punto non può fondarsi sulla circostanza che il "bonus" spetta "ratione materiae", era stato richiesto e la decisione negativa non è stata motivata, ma deve avere riguardo alle concrete allegazioni ed alle prove addotte nel giudizio di merito, che non sono allegate nei motivi e quesiti formulati al riguardo.

4. Con il terzo, il quarto e il quinto motivo si contesta, con i quesiti così come formulati, che l’indennizzo sia stato ragguagliato solo al periodo di eccessiva durata del processo e non a tutta la sua durata. Tali motivi sono infondati, poichè la liquidazione con riferimento al solo periodo di eccessiva durata è conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale (ex multis Cass. 14 febbraio 2008, n. 3716; 14 febbraio 2008, n. 3716) in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, la legge nazionale impone di correlare il ristoro al solo periodo di durata irragionevole del processo e non all’intera durata dello stesso; e tale modalità di calcolo non tocca la complessiva attitudine della legge citata ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo e, pertanto, non autorizza dubbi sulla compatibilità di tale norma con gli impegni internazionali assunti dalla Repubblica italiana con la ratifica della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.

5. Con il sesto motivo si formula il seguente quesito: "Una volta accertato il diritto all’equo indennizzo lo stesso va liquidato nella misura annua si Euro 1.000,00 – 1.500,00"? Con il settimo motivo si formula il seguente quesito: "La Corte ha omesso di motivare le ragioni per le quali andava derogato il principio secondo cui spetta un’equa riparazione nella misura di Euro 1.000,00 – 1.500,00 per anno di ritardo, dovendo viceversa attenersi, in mancanza di prova diversa, ai parametri europei di 1.000,00-1.500,00"? Tali motivi sono inammissibili concludendosi con quesiti del tutto astratti, non collegati con il contenuto della decisione impugnata e la fattispecie concreta e non rapportati alla motivazione del decreto impugnato, che ha specificamente motivato (mancanza dell’istanza di prelievo e non rilevante valore della controversia) sulle ragioni della misura dell’indennizzo liquidato.

6. I successivi motivi riguardano la quantificazione delle spese, che si assume inadeguata in relazione ai parametri tariffari ed alle liquidazioni di esse da parte della CEDU. Esse sono state liquidate nella misura di Euro 300,00 per diritti e Euro 460,00 per onorari (oltre spese generali e accessori).

Le censure sono infondate quanto alla misura degli onorari, liquidati entro i minimi tariffari, tenuto conto che la liquidazione delle spese va fatta in relazione all’indennizzo liquidato e non a quello domandato. Non rispetta, invece, i limiti tariffari la liquidazione dei diritti, non potendo essere inferire ad Euro 378,00. Il decreto va pertanto cassato sul punto e decidendosi nel merito i diritti vengono riliquidati nella misura di Euro 378,00. Si ravvisano giusti motivi, stante la quasi totale reiezione del ricorso, per compensare le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione limitatamente al nono e decimo motivo, rigettandolo per il resto. Cassa il decreto impugnato limitatamente alla liquidazione dei diritti e decidendo nel merito sul punto li riliquida nella misura di Euro 378,00, con distrazione in favore dell’avv. A L M. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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