T.A.R. Puglia Lecce Sez. III, Sent., 02-02-2011, n. 225 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. I ricorrenti espongono quanto segue:

– con il permesso di costruire n.626/09 dell’11 dicembre 2009 il Dirigente del Settore Urbanistico ha consentito alla ricorrente di realizzare i lavori di costruzione del primo piano (sopraelevazione); detti lavori hanno poi avuto inizio in data 1 marzo 2010 con la realizzazione del rustico del primo piano completo di murature perimetrali ed impostazione del solaio di copertura.

– con il provvedimento impugnato il Dirigente del Settore Urbanistica ha determinato l’annullamento dell’anzidetto permesso di costruire ritenendo che:

"il fabbricato oggetto di intervento ricade, per tutto il fronte su via Lequile e per una profondità di circa 6 ml. in area classificata dal vigente PRG viabilità di previsione e non zona B15 come riportato nel progetto allegato al permesso di costruire e che, pertanto, l’edificazione sull’area solare debba comunque osservare l’arretramento rispetto alla linea di delimitazione dell’area tipizzata come zona B15 dal PRG vigente;

"le particelle 807 e 809 non ricadono per intero in area classificata dal PRG come B15, come riportato in progetto, bensì in parte come area destinata a viabilità di previsione ";

"nella determinazione del volume espresso dalle particelle interessate dall’intervento, il progettista non ha tenuto conto di quanto riportato all’art.4 delle N.T.A.:…nella determinazione del volume o della Su realizzabile su una determinata superficie con destinazione omogenea, dovrà essere detratto il volume di eventuali edifici già esistenti che si devono o si intendono conservare".

1.1. A sostegno del ricorso sono dedotti i seguenti motivi:

I) Violazione e falsa applicazione delle norme del vigente P.R.G.; eccesso di potere per difetto di presupposti, per contraddittorietà e perplessità dell’azione amministrativa ed altri profili.

II) Violazione e falsa applicazione art. 2 L.1187/68 e art. 9 D.P.R. n.380/2001; eccesso di potere per difetto di presupposti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, manifesta irrazionalità ed altri profili.

III) Violazione e falsa applicazione art. 21 nonies L. 241/90 e principi generali in tema di autotutela; eccesso di potere per difetto di istruttoria, manifesta irrazionalità e difetto di motivazione.

IV) diritto al risarcimento del danno.

1.2. Con atto depositato in data 21 luglio 2010 si è costituito in giudizio il Comune di Lecce eccependo l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso.

1.3. Nella pubblica udienza del 25 novembre 2010 la causa è stata introitata per la decisione.

2. Va in primo luogo dichiarata la inammissibilità del ricorso limitatamente alla proposizione dello stesso da parte del progettista arch.Scorrano.

In materia, difatti, l’orientamento della giurisprudenza è fermo del ritenere inammissibile il ricorso avverso il diniego di titolo edilizio proposto dal progettista dell’opera difettando questi di legittimazione attiva (T.A.R. Liguria, sez. I, 17 marzo 2006, n. 251).

Si è, infatti, ritenuto che la legittimazione ad impugnare provvedimenti relativi ad interventi edilizi spetta soltanto a coloro che sono titolari di interesse legittimo differenziato, ma "tra costoro non rientra il progettista che è, invece, titolare di un mero interesse semplice o di fatto alla realizzazione dell’opera secondo il progetto, per cui non può impugnare in via autonoma il diniego di concessione edilizia. " (cfr. ex multis, T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 6 marzo 2001, n. 523, T.A.R. Piemonte, sez. I, 18 giugno 2003, n. 924 e Consiglio Stato, sez. V, 5 marzo 2001, n. 1250).

3. Il ricorso, proposto dalla sig.ra P. è invece fondato e meritevole di accoglimento.

3.1 Va innanzitutto rilevato che la circostanza che parte delle aree di proprietà della ricorrente sarebbero destinate a viabilità non risulta affatto pacifica dai documenti: difatti, tale circostanza oltre ad essere contraddetta dai precedenti certificati urbanistici (del gennaio 2003 e del giugno 2006) i quali invece attestano che la destinazione delle particelle interessate dall’intervento è quella di "borghi rurali e nuclei edificati periferici", non emerge neppure chiaramente dalle tavole del PRG esibite in giudizio, le quali risultano in proposito, come condivisibilmente rilevato dalla stessa ricorrente, confuse quanto alla sovrapposizione di linee e retini.

A ciò aggiungasi che l’intervento oggetto del permesso di costruire, annullato con il provvedimento oggi impugnato, riguarda la sopraelevazione di un fabbricato a piano terra, di antica costruzione (ante 1934), pertanto del tutto irrilevante risulterebbe l’arretramento di sei metri richiesto.

Del resto, sebbene da un punto di vista meramente materiale la sopraelevazione di un immobile possa esser considerata come una nuova costruzione – nella misura in cui, mediante la trasformazione dell’ambiente fisico realizza una nuova entità edilizia prima inesistente -, in realtà essa è quella nuova costruzione realizzata non già su un’area libera, bensì con il rialzo di uno o più piani di un fabbricato già edificato, con ciò concretando una fattispecie giuridica sui generis peculiare e, quindi, non assimilabile alla costruzione ex novo propriamente detta.

Le considerazioni citate consentono al Collegio di condividere l’illegittimità del provvedimento impugnato nella parte in cui lo stesso ha omesso di approfondire e considerare che anche laddove dovesse ritenersi operante la previsione vincolististica citata, l’arretramento di sei metri della costruzione in parola (soprelevazione di fabbricato esistente) risulterebbe del tutto irrilevante data la presenza della costruzione sottostante, con la conseguenza che la stessa risulta del tutto incomprensibile e, comunque, incompatibile con lo stato di fatto.

3.2. Infine, il provvedimento impugnato, oltre palesare la sua illegittimità sotto l’aspetto suindicato, sconta il medesimo vizio nella ulteriore motivazione nella quale vi è il riferimento alla mancata considerazione dei volumi esistenti atteso che, in ordine a tale profilo, non si evidenzia il concreto superamento del limite del volume e della superficie utile realizzabili, limitandosi l’ente comunale a rilevare la necessità della detrazione di eventuali edifici esistenti.

Tale considerazione risulta del tutto perplessa e dubitativa, tanto più allorché espressa successivamente al rilascio del permesso di costruire ed alla realizzazione parziale dei lavori assentiti.

Inoltre, se è sempre possibile annullare un permesso di costruire già rilasciato, tuttavia appare evidente come debba comunque riconoscersi la piena operatività ai principi generali che condizionano il legittimo esercizio del potere di autotutela.

Detto potere è espressione della discrezionalità della P.A. e costituisce un adempimento indefettibile l’adozione di un provvedimento espresso che richiede la valutazione di elementi ulteriori rispetto alla mera illegittimità dell’atto da eliminare. In ossequio all’orientamento tradizionale, che trova il suo fondamento nei valori di rango costituzionale di buon andamento e dell’imparzialità dell’azione amministrativa è, infatti, doveroso rimettere la verifica di legittimità dell’atto di autotutela ad un apprezzamento concreto, condotto sulla base dell’effettiva e specifica situazione creatasi a seguito del rilascio dell’atto permissivo e alla situazione creatasi a seguito dello stesso. Detto orientamento ha trovato, tra l’altro, conferma nelle recenti disposizioni della l. n. 15 del 2005, ove viene confermata in relazione ad ogni procedimento di riesame la natura tipicamente discrezionale dell’atto di ritiro, che deve essere espressione di una congrua valutazione comparativa degli interessi in conflitto, di cui si deve dare atto nel proprio corredo motivazionale.(in senso conforme T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 07 luglio 2010, n. 23285).

Nella specie, la P.A. non solo ha omesso di valutare gli interessi in conflitto e l’avanzato stadio dell’opera, ma non ha neppure provveduto a quegli approfondimenti tecnici necessari evidenziati in precedenza.

3.3. Deve quindi disporsi l’annullamento del provvedimento di ritiro impugnato con reviviscenza del permesso di costruire in questione.

4. Quanto all’azione risarcitoria, l’annullamento dell’atto di autotutela impugnato se comporta la reintegrazione in forma specifica dello ius aedificandi, data la reviviscenza del permesso di costruire, purtuttavia non risulta satisfattivo dei danni dedotti e documentati dalla ricorrente, sia con riferimento al fermo del cantiere, sia con riferimento agli interventi dalla stessa sopportati per rimediare ai danni derivanti dalle infiltrazioni conseguenti al fermo cantiere.

Con riferimento a questi ultimi ritiene il Collegio equo liquidarli, pur in presenza di una diversa quantificazione esposta dalla ricorrente, complessivamente in euro 10.000,00.

5. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Terza

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– lo dichiara inammissibile quanto alla proposizione dello stesso da parte del progettista arch. G.S.;

– lo accoglie, quanto all’azione proposta dalla sig.ra P., e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato;

– accoglie l’azione risarcitoria proposta dalla medesima ricorrente e, per l’effetto, condanna la P.A. comunale al risarcimento dei danni, ut supra specificati, liquidati equitativamente in Euro 10.000,00.

– condanna la P.A. comunale alla refusione delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 2.000,00, oltre IVA, C.P.A. e contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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