T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, Sent., 02-02-2011, n. 250 Ricorso per l’esecuzione del giudicato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso introduttivo del giudizio, notificato il 14.1.2010, depositato il 2.2.2010, il ricorrente espone di aver notificato atto di precetto al Comune di Catania, volto al recupero di crediti vantati in dipendenza di due decreti ingiuntivi emessi dal Tribunale di Catania.

In particolare, risulta ingiunto al Comune di pagare le seguenti somme:

con D.I. N. 1658/06 del 17.7.2006 del Tribunale di Catania la somma di Euro 2.750,00, oltre interessi e spese di procedimento;

con D.I. N. 1879/06 del 21.9.2006 del Tribunale di Catania la somma di Euro 3.000,00, oltre interessi e spese di procedimento.

Il ricorrente espone che, in mancanza di opposizione, entrambi i decreti sono stati dichiarati definitivamente esecutivi.

Persistendo l’inadempimento del Comune, il ricorrente ha notificato atto di diffida e messa in mora e infine, in data 14.1.2010, ha proposto ricorso, al fine di ottenere la dovuta ottemperanza mediante la nomina di commissario ad acta.

Il ricorso è stato ritualmente comunicato al competente Assessorato regionale che non ha fatto pervenire alcuna osservazione.

Nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2011 parte ricorrente ha confermato essere intervenuto un pagamento parziale, insistendo per il pagamento della differenza e delle spese legali.

Quindi il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

Il ricorso risulta fondato nei termini di cui in appresso.

Sotto il profilo del rito va osservato che il D.I. N. 1658/06 è stato notificato al Comune di Catania il 7.9.2006, è stato dichiarato definitivamente esecutivo il 28.11.2006 e nuovamente notificato il 16.12.2008.

Invece, il D.I. n. 1879/06 è stato notificato al Comune di Catania in data 3.10.2006, è stato dichiarato definitivamente esecutivo il 15.2.2007 e nuovamente notificato il 7.3.2007.

Non avendo, il Comune, adempiuto all’obbligo scaturente dai Dd.Ii. predetti, il ricorrente, come detto, ha notificato al medesimo Comune atto di messa in mora e di diffida di pagare, entro trenta giorni dalla notifica, le somme indicate nei D.I. oltre gli interessi nel tempo maturati e le spese di procedimento.

Le parti concordano, a verbale, circa l’intervento di un pagamento parziale.

Il ricorso va pertanto accolto per il residuo.

Sul piano del merito, il Collegio ritiene di dover fare applicazione nella fattispecie del principio normativo secondo il quale i fatti estintivi, modificativi ed impeditivi di diritti vanno provati da chi ha interesse ad eccepirli, ai sensi dell’art. 2697 del codice civile.

Avendo la parte ricorrente fornito la prova del fatto costitutivo, incombeva all’Amministrazione inadempiente (e\o all’Organo di vigilanza cui è stato dato avviso del presente ricorso ex art.91 R.D. n. 642/1907) l’onere di provare l’inefficacia di tali fatti per il prodursi delle condizioni volute dall’art. 2697, comma 2, del codice civile.

Il Comune ha eccepito essere intervenuti pagamenti parziali, e parte ricorrente ha confermato, insistendo per il residuo e per le spese legali.

Pertanto, va affermata la sussistenza dell’obbligo di eseguire il giudicato, per quanto riguarda il residuo ancora dovuto a titolo di sorte capitale, interessi e spese legali portate dai decreti ingiuntivi.

Vanno, invece, escluse le ulteriori somme indicate in precetto, come per costante ed uniforme giurisprudenza, anche di questo Tar, in quanto estranee alla procedura dell’ottemperanza.

L’Amministrazione dovrà, quindi, porre in essere i necessari atti adempitivi entro un congruo termine, che sembra equo fissare in giorni 90 dalla data di notifica o di comunicazione in forma amministrativa della presente sentenza.

Decorso infruttuosamente tale termine ai medesimi adempimenti provvederà, sostitutivamente, un Commissario ad acta di seguito indicato, entro il successivo termine di giorni 90 sotto la sua personale responsabilità.

Il Collegio ritiene di dover ricordare, sinteticamente, i principi più volte affermati con numerose sentenze di questa e delle altre Sezioni di questo T.A.R. (per tutte: Sez. III, n.1147/2009 del 18/06/2009), e, rinviando alla richiamata pronuncia per maggiori approfondimenti, sottolinea:

– che il commissario ad acta ha il potere e dovere di non limitarsi ad attendere che il Comune incassi delle somme, e autonomamente provveda mediante i propri uffici, bensì di provvedere all’esecuzione dell’incarico mediante diretta adozione di quegli atti (variazioni di bilancio, stipulazione di mutui e prestiti, e quant’altro necessario per l’assolvimento del proprio mandato) anche – ove sia assolutamente indispensabile – in deroga alla ordinaria normativa;

– che in base al principio di effettività della tutela, affermato da Corte Cost., 15 settembre 1995 n. 435, deve ritenersi connotato intrinseco della stessa funzione giurisdizionale, nonché dell’imprescindibile esigenza di credibilità collegata al suo esercizio, il potere di imporre, anche coattivamente in caso di necessità, il rispetto della statuizione contenuta nel giudicato e, quindi, in definitiva, il rispetto della legge stessa;

– che pertanto per il commissario ad acta, in quanto "longa manus" del giudice amministrativo, valgono gli stessi poteri di quest’ultimo, con l’ulteriore conseguenza che deve essere ritenuto titolare del potere di emanare i necessari provvedimenti amministrativi anche in deroga alle norme che disciplinano la competenza alla loro emanazione, ed alla stessa attività sostanziale, salvi i casi in cui una norma di legge vincoli espressamente il suo operato;

– che in sede di ottemperanza, la priorità è l’esecuzione del giudicato, che non può essere ostacolata dai normali itinera burocratici, che avrebbero dovuto essere messi in atto a tempo debito;

– che, per come deriva dalla sentenza della Corte Costituzionale 18 giugno 2003 n. 211 (che ha dichiarato l’illegittimità del citato art. 159, commi 2, 3 e 4, nella parte in cui non prevede che la impignorabilità delle somme destinate ai fini indicati alle lettere a), b) e c) del comma 2 non operi qualora, dopo la adozione da parte dell’organo esecutivo della deliberazione semestrale di preventiva quantificazione degli importi delle somme destinate alle suddette finalità e la notificazione di essa al soggetto tesoriere dell’ente locale, siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l’ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell’ente stesso), il venir meno del vincolo alla disponibilità di quelle somme deciso dalla Corte Costituzionale – nel caso in cui l’Ente abbia emesso mandati di pagamento "a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l’ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell’ente stesso" – non può non valere anche per i commissari ad acta, i quali devono quindi preliminarmente verificare se l’Ente abbia rispettato le rigorose procedure previste dalla legge, prima di seguire qualsiasi altra alternativa;

– che le prescrizioni di cui all’art. 119, comma 6, cost. – che non consentono ai comuni, alle province ed alle regioni di ricorrere all’indebitamento per fare fronte a spese non d’investimento maturate dopo l’8 novembre 2001 – non si applicano ai commissari ad acta nominati dal giudice amministrativo in sede di giudizio di ottemperanza;

– che nel caso in cui tali procedure non siano state rispettate, e non siano disponibili altre somme, ne consegue che, sebbene come "extrema ratio", potranno essere utilizzate, al fine dell’esecuzione del giudicato, anche somme destinate ad altri fini nell’ottica di un necessario bilanciamento dei vari interessi (di singoli o della collettività) cui la P.A. è comunque chiamata a provvedere (pagamento, pagamento di rate di mutui e di prestiti obbligazionari, espletamento dei servizi locali indispensabili, ecc.), e ciò sotto il controllo del Giudice che non a caso è a tal fine investito ex art. 27 R.D. n. 1054/1924 di giurisdizione di merito (in termini, T.A.R. Catania, Sez. III, n.1147/2009 del 18/06/2009).

Pertanto, il commissario ad acta sopra indicato dovrà attenersi ai principi enunciati, se del caso richiedendo gli opportuni chiarimenti al giudice dell’ottemperanza, che risulta investito, in materia, di un penetrante sindacato di merito (cfr. art. 27 R.D. n. 1054/1924).

I provvedimenti di liquidazione, ed i conseguenti mandati di pagamento, dovranno trovare esecuzione con priorità rispetto a tutti gli altri provvedimenti del Comune. Una volta emessi i provvedimenti di liquidazione, il commissario potrà emettere anche i mandati di pagamento, e trasmetterli direttamente all’istituto tesoriere, presso il quale avrà nel frattempo depositato la propria firma. Una volta espletate tutte le operazioni invierà a questa Sezione una dettagliata relazione sugli adempimenti realizzati e sull’assolvimento del mandato ricevuto.

Sotto tale ultimo profilo, il Collegio ritiene opportuno ricordare, come affermato con numerose pronunce di questo Tribunale (tra le tante, Sez. III, n.1147/2009 del 18/06/2009 cit.), che:

– l’Istituto tesoriere non può rifiutarsi di far depositare al commissario la propria firma;

– nel caso di mancanza di liquidità (cassa), l’Istituto tesoriere dovrà trattenere i mandati di pagamento, e provvedere al pagamento con priorità via via che dovessero pervenire incassi a favore del Comune, fino al totale soddisfo;

– dal punto di vista degli obblighi gravanti sull’Istituto tesoriere, agli effetti penali il servizio di tesoreria gestito da un’azienda di credito è da considerare pubblico (cfr. Cass. Pen. Sez. VI, 12 aprile 1991), e i soggetti che gestiscono il servizio sono da ritenere a tutti gli effetti incaricati di pubblico servizio (anche ai sensi di quanto previsto dall’art. 328 c.p. – "rifiuto di atti d’ufficio. Omissione"), con la conseguenza che essi sono tenuti a consentire al commissario ad acta – nominato dal TAR per l’ottemperanza ad una sentenza rimasta ineseguita proprio dall’Ente per conto del quale il servizio viene svolto – di svolgere tempestivamente il proprio compito, senza frapporre inerzia o ostacoli di sorta;

– nei casi più gravi di mancato adempimento da parte dell’Amministrazione, come da parte dell’Istituto tesoriere, all’obbligo di rendere possibile l’attività del commissario, il giudice amministrativo potrà disporre l’intervento della forza pubblica (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, n. 2399/1995).

Il collegio ritiene possa nominarsi quale Commissario ad acta il Prefetto di Catania, ovvero funzionario dallo stesso delegato, in possesso di adeguata competenza professionale al fine dell’espletamento dell’incarico, che provvederà a dare esecuzione ai D.I. con le modalità indicate in parte motiva di questa sentenza.

Il compenso del commissario sarà liquidato con separato decreto, previa presentazione da parte del medesimo commissario, a mandato espletato, di apposita nota specifica delle spese, contenente anche l’indicazione della misura degli onorari spettanti, nonché di una dettagliata documentata relazione circa l’attività posta in essere.

Le spese di questo giudizio è giusto che seguano la soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso di cui in epigrafe nei sensi e limiti di cui in parte motiva e per l’effetto dichiara l’obbligo del Comune di Catania di adottare le determinazioni amministrative e contabili necessarie per dare integrale esecuzione ai decreti ingiuntivi di cui in epigrafe, pagando al ricorrente le somme indicate nella parte motiva della presente sentenza.

All’uopo assegna alla predetta Amministrazione il termine di giorni 90 dalla notifica a cura di parte o dalla comunicazione della presente sentenza in via amministrativa.

Per il caso di inadempienza ulteriore, nomina Commissario ad acta il Prefetto di Catania, ovvero funzionario dallo stesso delegato, perché provveda entro gli ulteriori giorni 90 dal termine predetto a dare esecuzione ai D.I. con le modalità indicate in parte motiva di questa sentenza.

Condanna il Comune di Catania al pagamento in favore di parte ricorrente di competenze ed onorari del giudizio che liquida nella complessiva somma di euro 800,00, oltre IVA, CPA e rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa, ed incarica la Segreteria di darne comunicazione alle parti ed al commissario ad acta presso la sua sede di servizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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