Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 10-11-2010) 08-02-2011, n. 4529 Associazione per delinquere Stupefacenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Bologna, in parziale riforma della sentenza del GUP in giudizio abbreviato, per reati associativo e di traffico di stupefacenti ed altro, ha rideterminato le pene inflitte ad H. A., M.A., M.A., L.E., L.R., B.S., limitando la persistenza dell’associazione al novembre 2005, esclusa l’aggravante D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74, comma 4, e la recidiva per E.K.M..

Ha rigettato gli appelli di M.Z., A.M. e P.G..

Ha motivato che le indagini della P.S. di Bologna, svolte dall’agosto 2005, si incentravano sulle emergenze da intercettazioni telefoniche nei confronti di un gruppo di albanesi, che rifornivano continuativamente di stupefacenti alcuni nordafricani, che spacciavano.

Operate consecutive perquisizioni, la polizia traeva in arresto (sino al 7 novembre) 13 magrebini in cinque casi, ciascuno trovato in possesso di gr. 500 di eroina proveniente dagli albanesi, quindi arrestava F. e B. che ne detenevano gr. 450; Trabeisi ancora gr. 500, come E.K. ed A.N., B. e F.. Traeva infine in arresto P., che era in possesso di gr. 140 di cocaina.

Le indagini subivano una svolta il 9.11.05, giorno in cui il meccanico S.R. avvertiva il suo fornitore di droga, L.G. (posizione stralciata), di aver rinvenuto sul suo veicolo in riparazione, un GPS per il rintraccio, verosimilmente installato dalla Polizia.

Ne seguivano convulse conversazioni tra gli associati, gli arresti di M.A. e B. e la fuga tumultuosa di L., con una vettura che abbandonava in campagna con a bordo gr. 1650 di eroina e 130 di cocaina, una bilancia di precisione ed una pistola clandestina con cartucce. Presso la sua abitazione erano rinvenuti altri 500 gr. di eroina, nonchè strumenti per il confezionamento di panetti di droga di mezzo chilo, di sostanza da taglio (80 Kg.) e denaro (Euro 83000), come già in casa del menzionato B..

La Corte, rilevando che, dopo i primi arresti, molti associati erano fuggiti in Albania per la scoperta delle basi e lo stravolgimento della prassi, ha confinato nel novembre 05 la durata dell’associazione (dal G.U.P. ritenuta, come contestato, sino a quasi metà del 2006).

Ed ha spiegato che, dopo la fuga L.G., suo fratello E. (detto L.), che ne aveva diretto le operazioni in Italia dall’Albania, assumeva diretta gestione. La sua compagna, B.S., unica munita di permesso di soggiorno, intestataria di due alloggi usati come basi dell’associazione, a C.E. ed a V.M. (già abitato da G. e da B.), impartiva le sue istruzioni per sviare le indagini, in particolare a B. in carcere ed a tale P. (in procinto di essere udito come teste), tenendo informato L.E. quotidianamente. A L. subentravano infine i fratelli L.R. e I.. In particolare R. avvisava gli albanesi di liberarsi dei telefonini e comunicava a L.E. gli arresti e i sequestri. Quindi sostituiva suo fratello I. nei contatti con i clienti abituali, da lui tenuti presso l’alloggio di C..

Su questa scorta, anche coloro che hanno operato dopo i primi numerosi arresti sono stati ritenuti responsabili del reato associativo, benchè il sodalizio fosse alla fine.

Tanto rende intelligibili i temi dei singoli ricorsi, cui saranno date specifiche risposte.
Motivi della decisione

1. L’Avv. A. Cristofori, propone ricorso comune per:

1.1. H. (a. 7 e m. 2 rec., per reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74);

1.2. M.A.(a.5 e m.2, come sopra);

1.3. M.A. (a.5 e m.4, come sopra);

1.4. M. (a. 5 e m. 4 rec. e Euro 20000, solo per reati di cui al D.P.R. art. 73);

1.5. E.K. (a.3 e Euro 14000, come sopra);

1.6. A. (a.5 e m.4, Euro 22000, come sopra).

Il ricorso denuncia violazione di legge penale, procedurale e vizio di motivazione, circa:

1 – il reato associativo a carico dei primi tre perchè, prendendo conto che il Giudice di riesame cautelare aveva retrodatato l’appartenenza di M.A. e H. al 9.11.05 e che M. A. era comparso in Italia per la prima volta il 13.10.05, operando come gregario per lo spaccio, non si è valutato che la brevità del tempo non consente di ritenere la loro partecipazione, ma solo la continuazione in reati di spaccio;

2 – il reato sub 8, a carico di H. e M.A. (acquisto di un quantitativo imprecisato di eroina per consecutive cessioni) perchè, dato il lasso di tempo assai breve dall’acquisto del 20.10.05 alle cessioni ((OMISSIS)), la Corte doveva ritenere un’unica condotta criminosa, con assorbimento dell’acquisto nella cessione, salvo dimostrare l’apprezzabile intervallo di tempo, richiesto da Cass., Sez. 3^. 18.1.99, Cangelosi;

3 – il reato sub 15, a carico di H. e M.A. (acquisto di un quantitativo imprecisato di eroina da un tale detto K., l’1.11.05), per la stessa ragione di tempo ridotto, perchè M. ha operato una cessione il (OMISSIS) e H. il (OMISSIS);

4 – I reati sub 3 e 5, a carico di M. perchè, nel caso dello spaccio sub 5 (ad H.) la Corte, pur discostandosi dalla motivazione del GUP, che confondeva autovettura Honda Civic con una Golf ed H.B. per M., detto B., di nazionalità croata non albanese, travisa che la sera del (OMISSIS) è stata vista solo la Honda, da cui scendeva F.A. con il sacchetto della droga, mentre il conducente si dileguava senza essere riconosciuto;

infine, nel caso del delitto sub 3 (acquisto precedente), è solo supposto che M., trasportando l’acquirente M. a Vicenza, fosse consapevole di quanto faceva;

5 – la mancata concessione della circostanza di lieve entità del fatto di cui al D.P.R. cit. art. 73,comma 5, al E.K. ed A., perchè si rendevano acquirenti "eminentemente per poter soddisfare il proprio fabbisogno personale";

6 – Il diniego di generiche a M., che contraddice il ruolo secondario di accompagnatore di M., interessato solo ad un modico quantitativo per uso personale.

Il 1^ motivo per H. e i due M. valorizza la brevità del periodo, senza prendere conto che i fatti di ciascuno, secondo i Giudici dei due gradi di merito, si calano nel contesto del traffico di quantità non irrilevanti, che presume organizzazione per procurare le sostanze secondo prospettive di cessione, disponibilità di mezzi e preparazione delle operazioni. I sintomi convergenti in tal senso delle acquisizioni hanno condotto ripetutamente a ritenere sussistente l’associazione, inserita nel mercato, fondata sull’affidamento reciproco dei partecipi, quale fosse il ruolo di ciascuno ed il suo periodo d’impiego. E’ questo il senso evidente delle sentenze, compiuto e per nulla illogico. Oltre il motivo chiede valutazione alternativa, rifacendosi accademicamente ai principi giurisprudenziali.

Il 2 e 3 motivo travisano che "fa detenzione illecita di stupefacenti è per sè prevista come reato, sicchè l’acquisto a fine di vendita e la consecutiva vendita di tutto o parte del quantitativo integrano distinte condotte di reato. La brevità del tempo intercorso tra l’uno e l’altra non esclude che ciascun fatto cagioni autonomi eventi di pericolo, cagionati da più azioni sorrette da autonome volizioni, pure frutto di unico disegno criminoso".

Nella specie, in entrambi i casi, nulla si dimostra trascurato, sì da far ritenere erronea la ritenuta distinzione tra condotte di acquisto e di cessione. Il Ricorso fa riferimento a meri riconoscimenti giurisprudenziali adottati in casi diversi, rapportabili al metro della mediazione, o allo spaccio al minuto del mandatario di chi detiene gli stupefacenti.

Il 4 motivo per M. è del tutto ripetitivo della tesi di fatto, perchè fa grazia della dettagliata ricostruzione operata in sentenza, nella verifica di connessione dell’autovettura alla persona. E chiede infine una rivalutazione di merito e manifestamente infondata, perchè l’interesse personale sostenuto è qui inverificabile e, all’evidenza, è impossibile escludere il contributo alla condotta altrui, sol perchè il ritenuto concorrente mirava ad ottenere una parte della droga procurata dall’autore materiale del reato.

Il 5 motivo per E.K. è anch’esso inammissibile, perchè di fatto e perchè non tiene conto dei singoli parametri previsti dalla norma invocata a fini attenuativi, cui discrezionalmente si rapporta il Giudice di merito, in maniera insindacabile in questa sede.

Per la stessa ragione anche l’ultimo motivo ( M.), non è consentito.

2. L’Avv. S. Lupo, denuncia per L.E. (a.9, m.6, per c. 1, 8 e 15):

1 – vizio di motivazione e violazione D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, perchè la sentenza non risponde all’appello circa la differenza tra l’ipotesi nella specie ravvisabile tra il delitto continuato di spaccio ed il reato associativo;

2 – idem, circa l’attribuzione della qualità di promotore, perchè il periodo di esistenza dell’associazione è confinato (v. pg. 38 sent.) tra il 20 ottobre ed il 9.11.05, cioè prima del sopraggiungere del ricorrente ed il Giudice trae argomenti da quanto ha fatto dopo, mentre non dimostra che gli altri consociati si attenessero effettivamente alle sue direttive e meno ancora che abbia commesso attività concretamente tesa ad estendere le adesioni all’organizzazione o a rafforzarne il potenziale operativo. A riprova la Corte di merito gli attribuisce "intenti non riusciti" per fatti successivi al 9.11, mentre non prende conto della diversa lettura delle prove offerta dall’appello (interesse per un parente sottoposto a procedimento penale e salvaguardia della propria persona dalle indagini). Inoltre, prima della fine del sodalizio, solo due episodi di approvvigionamento circoscritti alla funzione d’intermediazione, uscendo di scena dopo averla svolta, sono attribuibili al ricorrente confesso;

3 – violazione D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 7, e art. 73, per mancata applicazione in ciascun caso dell’attenuante per la collaborazione offerta, erroneamente esclusa perchè non avrebbe rilievo circa i fatti di cui è processo, data già la lettera "si adopera", che significa l’apporto per arginare condotte prima non conosciute e quindi diverse rispetto a quelle per cui si procede (nella specie L. ha indicato elementi a seguito dei quali sono stati operati numerosi arresti e sequestri per fatti strettamente connessi e deve ritenersi un dissociato);

4 – violazione D.P.R. cit., art. 74, artt. 62 bis, 69 e 133 c.p., perchè è erronea la sentenza nell’individuare la pena base in quella minima di cui all’art. 74, comma 1, pur concedendosi al ricorrente le generiche nella massima estensione, senza tenerne conto ai sensi dell’art. 69 c.p., per far ricadere le condotte del L. in quelle del partecipe. La fattispecie di cui all’art. 74, comma 1, (qualità di promotore) deve, difatti, ritenersi circostanza aggravante dell’ipotesi base dell’associazione, come si desume da Cass. 6/7/07 n. 29709, secondo la quale "ai fini dell’applicazione dell’indulto per il reato previsto dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, aggravato dai commi 1 e 4 del medesimo articolo deve ritenersi irrilevante il riconoscimento di attenuanti ancorchè ritenute equivalenti alle aggravanti…".

Il ricorso è infondato.

Il due motivi iniziali sono in effetti argomenti della stessa questione, di cui il primo risulta premessa. Essi travisano il criterio riconoscibile di valutazione adottato nella sentenza, secondo il quale "le prove di sussistenza di un’associazione per traffico di stupefacenti possono trarsi da fatti successivi al suo apparente smembramento, in quanto dimostrino la solidarietà tra coloro che ne sono intesi membri, anche per l’uso degli strumenti comuni".

Nel rispetto di tale criterio, i Giudici operano dettagliata analisi delle acquisizioni per giungere a ritenere la veste qualificata del ricorrente. La sentenza d’appello, invero, non sostiene affatto che l’imputato sia sopraggiunto all’associazione di cui prima non avrebbe prima fatto parte, ma che ha proseguito l’attività degli altri, interrotta dagli arresti. E tanto dimostra attraverso le acquisizioni secondo le quali proprio lui impartiva disposizioni dall’Albania al fratello che operava in Italia, poi fuggito.

Pertanto ha inferito logicamente il suo ruolo qualificato dal suo tentativo di rimediare ai guasti successivi al 9.11.05, continuano nel traffico. Invero, quelle che il ricorso sostiene operazioni di intermediazione sarebbero inspiegabili fuori della preesistenza di sue consapevolezze circa i momenti chiave dei rapporti dell’organizzazione con il mercato in Italia.

Finalmente, confinando le ragioni di operato del ricorrente nelle sue mozioni, al di là della ripetizione qui non consentita della tesi di merito, all’evidenza il ricorso confonde il prius che muove al reato con la sua volizione, il dolo, perciò con l’affectio societatis.

La dialettica astratta dalle reali valutazioni svolte in sentenza sfocia, difatti, nel paradosso con il 3 motivo. Tale motivo anzitutto smentisce il senso complessivo dei precedenti, perchè secondo il ragionamento del Giudice di merito anche e proprio la collaborazione, qui sottolineata del ricorrente, da conto della sua consapevolezza del mercato in Italia, ben prima della fuga del fratello. Ma soprattutto, per sostenere la richiesta dell’attenuante, travisa che la sentenza riconosce che la collaborazione può aver luogo anche dopo la fase delle indagini (sul punto peraltro vi è stato contrasto: in senso positivo, cfr. Cass., n. 1493/94 – rv. 200877 e n. 34402/07 e, in senso negativo: n. 6213/98, rv. 210900). Perciò sottolinea il diverso aspetto della pertinenza al reato per cui si procede, non escludendo che possano essere concesse le generiche (Cfr. Cass., Sez. 6^ n. 27937/08). In sintesi, altro è il tema in discorso, cioè l’associazione di cui ha fatto parte in posizione qualificata il ricorrente, altro la collaborazione resa per altro e verso altri.

E la valutazione è incensurabile in diritto ed in fatto.

L’ultimo motivo è infondato, quali siano i termini adottati in alcuna sentenza di questa Corte, per distinguere le condotte di reato al fine di applicazione dell’indulto.

Le norme che qualificano le condotte di reato associativo, secondo il ruolo, non investono aspetti circostanziali del reato, ma i suoi elementi costitutivi. Pertanto, il riconoscimento di attenuanti non autorizza ai sensi dell’art. 69 c.p., a derubricare la condotta imputata a chi ha promosso, costituito o organizzato l’associazione in quella di mera partecipazione, pur intesa qualificazione di minor gravità. 3 – L’Avv. R. Mariani denuncia per L.R. (a. 5 e m. 9 e gg.

10 rec. per 1, 11 bis, 23, 24, 29, 30, 38 e 39):

1 – motivazione insufficiente, contraddittoria o manifestamente illogica circa la stabilità del sodalizio e la pianificazione di una serie indeterminata di delitti – scopo, perchè la Corte ritiene l’associazione sussistente sino a novembre 05, non a luglio 06, a differenza dal GUP e per un periodo comunque assai breve (20 ottobre – 9 novembre 05), nel quale si erano verificati i delitti – fine (riporta il brano della motivazione, che spiega l’allentamento della rete dopo gli arresti, la difficoltà di L. di ottenere i pagamenti per le forniture già rese sino all’arresto nel marzo 06 ed intanto l’assenza di suoi contatti con L.E., fuggito dopo la scoperta del rilevatore satellitare); nè dimostra logicamente l’indeterminatezza della serie criminosa programmata, perchè i sintomi (numero consistente di cessioni a "fornitori abituali" nel pur ristretto arco temporale, specularità delle modalità delle transazioni e disponibilità di una pressa per il confezionamento di droga) oltre che opinabili per sè, non giustificano il ragionamento, alla luce della giurisprudenza che sottolinea la necessità di un apprezzabile arco temporale per ritenere sussistente il vincolo associativo;

2 – idem, circa la ritenuta partecipazione del ricorrente, per inosservanza di criteri ermeneutici affermati dalla Corte Suprema in tema del cd. partecipe "stabile acquirente", per assenza dei requisiti della stabilità del suo rapporto con il sodalizio e dell’aver agito, avvalendosi delle risorse dell’associazione nella piena consapevolezza di farvi parte e contribuire al suo mantenimento (Cass., Sez. 6^, n. 41717/06). Difatti la stessa Corte di merito ha distinto la posizione del ricorrente quale acquirente dello stupefacente, rispetto a quelle di H. e M., che hanno collaborato nelle "vicende ablative della droga". Le indagini avevano posto in luce che egli disponeva di una rete autonoma di fornitori diversi da coloro con cui il cartello aveva fatto affari ed un’autonoma sottostruttura di cessionari e concorrenti nei singoli episodi di spaccio (per cui solo il fratello I. era finito sotto processo) e soprattutto – a differenza di tutti gli altri sodali – non era stato avvisato dai correi dell’imminente blitz della polizia all’indomani della scoperta del rilevatore GPS il 9.11.05. A riprova il GUP non lo aveva ritenuto inserito stabilmente nell’associazione prima della fuga di L.G. in Albania. La Corte di merito invece lo ha ritenuto, capovolgendo il ragionamento, su scorta della sua condotta successiva alla data di cessazione del sodalizio, qualificandolo stabile acquirente, peraltro senza dimostrarlo, a fronte dell’evidenza che era un trafficante autonomo. Si tratta perciò di un ragionamento suppositivo.

Il ricorso, pur sottilmente articolato, è infondato. I due motivi sono complementari. Il primo difatti non intacca il costrutto di fondo della sentenza di appello, quale sia il tempo delle acquisizioni ed il confinamento temporale della durata dell’associazione, argomento cui si riallaccia l’ultimo argomento del secondo motivo, per escludere la partecipazione.

L’associazione è inconfutabilmente provata e, proprio il succedere del ricorrente nel compito di coloro che ne hanno operato il traffico fino all’arresto, dimostra per un verso la struttura e la posizione che si era creata sul mercato e, per altro, la partecipazione di coloro che hanno operato con gli stessi mezzi (si veda ad esempio l’alloggio, oltre gli strumenti materiali di confezionamento) e gli stessi clienti, per quanto in precedenza operassero anche separatamente di propria iniziativa, ferma l’affectio. Sotto questo profilo, difatti, nulla esclude che chi è dotato di proprie disponibilità economiche possa, oltre che far parte dell’associazione di traffico, approvvigionarsi separatamente per vendere a determinati clienti.

Il ricorso perciò riprende la tematica del "tempo limitato" che, qui si ripete, concerne un criterio discrezionale, dunque non genera alcun vincolo per il Giudice nè va fraintesa nella sua portata. La durata, seppur limitata, può essere apprezzata decisiva e nulla esclude che la prova del reato permanente possa desumersi da acquisizioni relative a fatti consecutivi.

Oltre, la valutazione è sottratta ad alternative in questa sede, vieppiù che il ricorso non prende conto di altri aspetti decisivi della motivazione, pur adottandone la puntualizzazione temporale per trame argomenti a contrario. Un tal modo non dimostra illogicità, bensì offre indici diversi, la cui valenza decisiva in senso contrario è smentita da rilevanti evidenze rese (v. pg. 42 della motivazione, 67 della sentenza) circa il perchè della non rara presenza del ricorrente nel laboratorio di Spilamberto, le disposizioni impartitegli da L. circa la sorte di B. in caso di arresti domiciliari, la conversazione con la B. di L., che lo qualifica "unico del gruppo rimasto fuori", pur diffidandone, l’ulteriore puntualizza-zione (pg. 50 – 75) dei colloqui telefonici proprio con L.E. per fini rilevanti.

4 – L’Avv. R. D’Errico denuncia per B.S. (c. 1, a. 4, m.5 e gg. 10 rec.):

1 – vizio di motivazione, perchè, confinata la sussistenza dell’associazione al novembre 05 (v. ric. prec.), la condotta della ricorrente successiva agli arresti del 9.11.05 sino a dicembre, concerne un’ "epoca in cui le cose prendono una piega diversa da quella auspicata dai criminali" (pg. 51), in sostanza perchè ormai la struttura è stata smantellata ed il gruppo non è più operativo.

Pertanto desta perplessità l’attribuzione del ruolo alla ricorrente, per essersi potuta recare a colloquio con B. solo il 2 dicembre e per le sue telefonate con i soggetti ancora liberi dopo novembre, come pure il tentativo di depistare le indagini (v. sempre pg. 51). Sicchè il ruolo precedente è erroneamente supposto dal dopo.

2 – violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, per mancanza di prova dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato (v. quanto già prospettato nel ricorso precedente).

Il ricorso è infondato. Il primo motivo merita la risposta già data agli altri ricorsi circa l’irrilevanza che le prove del fatto si desumano da comportamenti successivi dell’imputato. Oltre il ricorso travisa che la sentenza pone, tra le acquisizioni a fondamento della dichiarazione di responsabilità, le diverse attribuzioni della ricorrente in ragione della sua posizione regolare sul territorio.

Rileva che tale posizione prima le ha consentito di offrire copertura agli altri, intestandosi alloggi e veicoli e poi di fare da tramite tra L. e gli arrestati, quando che abbia avuto la possibilità di incontrarli, laddove vi era il rischio che gli stessi ormai raggiunti dalla giustizia implicassero i pochi liberi, dando il colpo di grazia definitivo all’associazione. E’ quanto spiega la sentenza, senza alcuna rilevante obiezione.

5 – L’Avv. A. Vio denuncia per P.G. (c. 41 e 42, a.4, m.8 ed Euro 22.000 m.).

1 – vizio di motivazione circa il capo 41, per la risposta che la consegna di droga a S., che l’avrebbe poi ceduta a terzi acquirenti, è provata dalle intercettazioni, in assenza di quella di incontri tra i due e di S. con i terzi, suoi presunti acquirenti. Difatti, ritenendo che P., venuto in possesso di droga il (OMISSIS), l’abbia consegnata il giorno successivo, non si spiega il secondo incontro appena due giorni dopo, cioè il 17.2, dato che avendo in tal caso S. riscosso per la cessione del 15, avrebbe potuto pagare la seconda fornitura del 17. Ciò vale anche per la telefonata dello stesso S. del 24.2 con M. che dice buona la droga, ma migliore la precedente fornitura. Orbene siccome M. era stato contattato da S. tutte le volte in cui aveva conversato prima con P., se ne desume che prima del 24 vi fu al più una consegna.

Il ricorso è manifestamente infondato e non consentito. La prova è bensì fondata sulle intercettazioni, il cui tenore è incontrovertito. Il ricorso ridiscute in sostanza la loro decisività per ragioni temporali, senza por mente che l’assenza di eccezioni attendibili di carattere sostanziale, cioè offerte dall’imputato, non pone in discussione la correttezza del ragionamento nei termini consequenziali ritenuti. Oltre argomenta nel merito.
P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi di P., M., E.K. ed A. e condanna ciascuno alla sanzione pecuniaria di Euro 1000,00 alla cassa delle ammende. Rigetta gli altri ricorsi. Condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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