T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, Sent., 02-02-2011, n. 182 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente è titolare della concessione edilizia n.77 del 7/2/2000, riguardante la realizzazione di un edificio da adibire ad esposizione e vendita di macchine agricole in località Ponte Riacini del Comune di Montescudaio, in area compresa tra una strada comunale e una strada provinciale (quest’ultima posta ad una quota più elevata dell’altra). Il titolo edilizio è stato rilasciato sulla base del parere della commissione edilizia, la quale condizionava il parere favorevole alla valutazione dei problemi legati al rischio idraulico in relazione alle quote altimetriche del fabbricato.

I lavori sono iniziati nel dicembre 2000; l’edificio è stato leggermente spostato e collocato ad una quota tale da consentire il superamento del predetto rischio.

Con provvedimento del 23/5/2003, a seguito di sopralluogo, il Comune ha ordinato di sospendere i lavori, sull’assunto che le altezze dei corpi di fabbrica misurate in loco risultavano maggiori di quelle di progetto.

Il ricorrente, in data 1° luglio 2003, ha presentato domanda di variante e/o di sanatoria.

E’ seguita, in data 17/9/2003, l’ordinanza di demolizione delle opere abusive, emessa sull’assunto della non accoglibilità della domanda di concessione in sanatoria.

Avverso il predetto provvedimento il ricorrente è insorto deducendo:

1) violazione per disapplicazione degli artt.2 e 3 della legge n.241/1990, violazione dell’obbligo di provvedere, difetto di motivazione; illegittimità derivata (nell’ipotesi in cui si ritenga formato il silenzio rifiuto sull’istanza di variante e/o sanatoria edilizia);

2) violazione per disapplicazione degli artt.2 e 3 della legge n.241/1990; difetto di motivazione; illegittimità derivata (nell’ipotesi in cui l’impugnata ordinanza costituisca atto di rigetto della domanda di variante/sanatoria);

3) violazione e falsa applicazione dell’art.36 del d.p.r. n.380/2001 e dell’art.37 della L.R. n.52/1999; violazione del giusto procedimento (nell’ipotesi in cui l’impugnata ordinanza valga anche come diniego di variante/sanatoria);

4) violazione e falsa applicazione degli artt.15, 36 e 22, comma 2, del d.p.r. n.380/2001, nonché degli artt.7, 37 e 39 della L.R. n.52/1999; eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti ed errore sui presupposti;

5) violazione per disapplicazione dell’art.22, comma 2, del d.p.r. n.380/2001 e dell’art.39 della L.R. n.52/1999; eccesso di potere per difetto dei presupposti;

6) eccesso di potere per irragionevolezza ed illogicità assolute;

7) violazione e falsa applicazione dell’art.36 del d.p.r. n. 380/2001 e dell’art.37 della L.R. n. 52/1999; violazione e falsa applicazione dell’art.41 del regolamento edilizio vigente al momento dell’esecuzione dei lavori e dell’art.26 del regolamento edilizio vigente.

Si è costituito in giudizio il Comune di Montescudaio.

In pendenza del ricorso il deducente ha presentato, in data 18/10/2004, nuova domanda di permesso di costruire in sanatoria, ad esito della quale il Comune, con provvedimento del 27/4/2005, ha rilasciato il titolo edilizio richiesto, a condizione che fosse realizzato, sulla copertura dell’edificio e al piano parcheggio, un giardino pensile.

All’udienza del 25 novembre 2010 la causa è stata posta in decisione.
Motivi della decisione

In via preliminare occorre soffermarsi sulle questioni in rito.

L’amministrazione resistente ha eccepito l’improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza di interesse, sull’assunto che il sopraggiunto permesso in sanatoria sarebbe satisfattivo della pretesa azionata.

L’eccezione va respinta.

Al riguardo appare condivisibile la replica espressa dal deducente con memoria difensiva depositata il 12/2/2010, secondo cui l’interesse all’impugnativa persiste sia ai fini della possibilità di proporre richiesta di risarcimento del danno, sia ai fini dell’annullamento dell’atto impugnato nella parte riferita all’ultimo piano dell’edificio, essendo la stessa estranea alla subentrata sanatoria edilizia.

Invero la dichiarazione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse opera soltanto al verificarsi di una situazione nuova idonea a rendere certa e definitiva l’inutilità della sentenza, ovvero tale da far venir meno per il ricorrente qualsiasi utilità della pronuncia. Pertanto la possibilità che l’eventuale accoglimento dell’impugnativa comporti effetti conformativi, ripristinatori o anche solo propedeutici a future azioni rivolte al risarcimento del danno determina l’utilità giuridica della rimozione dell’atto impugnato e induce a ritenere persistente l’interesse al ricorso (ex multis: Cons.Stato, IV, 3/11/2008, n.5478; idem, V, 8/9/1995, n.1301; TAR Campania, Salerno, II, 14/7/2009, n.4013).

Entrando nel merito della trattazione del gravame si osserva quanto appresso.

Nella premessa dell’impugnata ordinanza il Comune adduce a esplicito presupposto della misura repressiva il proprio giudizio di non accoglimento della domanda di concessione in sanatoria. In tal modo l’amministrazione, con il provvedimento che dispone il ripristino dello stato dei luoghi, respinge la domanda stessa, dando origine ad un provvedimento di diniego di sanatoria edilizia contestuale all’ordine di demolizione.

Orbene, l’esplicita decisione di non rilasciare il titolo sanante e la conseguente misura sanzionatoria richiedono, ai sensi dell’art.3 della legge n.241/1990, una motivazione circa le ragioni preclusive della possibilità di regolarizzare l’abuso edilizio, motivazione che invece, nel caso di specie, è totalmente mancata (peraltro, secondo una parte della giurisprudenza, anche in caso di silenzio rifiuto ex art.36, comma 3, del d.p.r. n.380/2001 e art.13, comma 2, della legge n.47/1985 vi è inadempimento dell’obbligo di motivazione: Cons.Stato, II, 2/3/1994, n.1255; TAR Lazio, Roma, II, 19/9/2006, n.8826; TAR Lazio, Latina, 26/1/2004, n.27).

E’ pertanto condivisibile la seconda doglianza, incentrata sul difetto di motivazione dell’atto impugnato, inteso quale provvedimento di rigetto dell’istanza di sanatoria/variante edilizia, e sull’illegittimità derivata della contestuale sanzione demolitoria.

In conclusione, il ricorso va accolto, restando assorbite le censure non esaminate, con conseguente annullamento dell’impugnata ordinanza, ai fini della motivata rideterminazione del Comune sull’istanza presentata dal ricorrente il 1° luglio 2003.

Le spese di giudizio, inclusi gli onorari difensivi, sono determinate in euro 3.000 (tremila) oltre IVA e CPA, da porre a carico del Comune di Montescudaio.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato, ai fini del riesame.

Condanna il Comune di Montescudaio a corrispondere al ricorrente l’importo di euro 3.000 (tremila) oltre IVA e CPA, a titolo di spese di giudizio comprendenti gli onorari difensivi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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