T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, Sent., 02-02-2011, n. 176 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. In data 8 ottobre 2004, la Società B.A. s.r.l. presentava una denuncia di inizio attività (contrassegnata con il n. 5465/04) finalizzata ad un intervento di restauro e risanamento conservativo relativo ad un edificio sito in Firenze, Piazza Mentana n. 7, destinato ad attività alberghiera sotto la denominazione di "Hotel Balestri", risalente alla prima metà dell’Ottocento e composto di cinque piani fuori terra più interrato e piano terrazza.

Relativamente alla disciplina urbanistica, l’immobile ricadeva in Zona A Ambito 2 (art. 15 N.T.A.) e risultava inserito dal P.R.G. vigente in classe 5 (art. 22 delle N.T.A. al P.R.G.).

In data 1° marzo 2006 la B.A. s.r.l. presentava una nuova D.I.A. (contrassegnata dal n. 1058/06) a variante per la realizzazione di un intervento di ristrutturazione edilizia, avente ad oggetto l’ampliamento della capacità ricettiva dell’albergo.

In particolare, la nuova D.I.A., come emerge dalla relazione tecnica generale allegata alla stessa, aveva ad oggetto la seguente attività: "intervento nel piano sottotetto per recuperare all’attività propriamente ricettiva gli ambienti ora utilizzati esclusivamente come magazzini; tale intervento comporta un aumento volumetrico e di SUL compatibile con la classe e la capacità edificatoria dell’edificio (Classe 5 – Art. 22 N.T.A.) e previsto dall’intervento di ristrutturazione edilizia R2 ammesso (Art. 7.5, lett., c), d) N.T.A.)".

Inoltre, "al piano primo si elimina invece il guardaroba esistente per disporre di un’ulteriore camera. La ricettività dell’albergo verrà dunque incrementata di n. 4 camere e n. 8 posti letto recuperati all’interno dell’attività esistente".

Per quanto maggiormente interessa, in relazione al recupero del piano terrazza si precisava che "il piano viene attualmente utilizzato come magazzino, il progetto prevede invece di incrementare la ricettività ricavando tre camere per gli ospiti, una delle quali in luogo degli ambientimagazzino (abitabili), la seconda e la terza come volumetria; (…) l’aumento di volume e/o di SUL è ammessa in ragione della classe dell’edificio e della sua attuale capacità edificatoria (cfr. calcolo incremento SUL allegato)".

Al punto 7 della relazione (erroneamente indicato come 6) si evidenziava, inoltre, che "l’edificio oggetto di intervento è classificato nel P.R.G. vigente come edificio di classe 5 per il quale sono ammessi interventi fino alla ristrutturazione R2 o R3, nella fattispecie è possibile incrementare la volumetria esistente in funzione della capacità edificatoria dell’edificio (art. 7.5, lett. c) d) N.T.A.), Si presenta qui di seguito il calcolo con relativo schema grafico dell’aumento possibile; ricordiamo che tale incremento viene utilizzato per rendere abitabile tutto il piano terrazza".

Veniva, altresì, evidenziato che l’intervento di ristrutturazione "si inserisce in un’opera sistematica di riqualificazione dell’intero immobile, iniziata nel 2004 con un intervento di restauro e risanamento conservativo.(…) che prevede di uniformare ed armonizzare i fronti, rimovendo quei segni non compatibili con la storia e le caratteristiche dell’edificio stesso".

Con riferimento alla consistenza dell’intervento proposto, nella medesima relazione tecnica generale, si precisava che: "Particolare attenzione è stata data all’inserimento ambientale dell’intervento; si è, infatti, posta come condizione progettuale primaria quella di ridurre il più possibile l’impatto ambientale: si è contenuta l’altezza (ai minimi normativi) degli ambienti al piano terrazza e si è previsto per essi una più consona copertura a padiglione (soluzione A). In quest’ottica di minimo impatto, si è ritenuto opportuno proporre anche una soluzione alternativa (soluzione B) che prevede una porzione di copertura piana al fine di ottenere una maggiore "permeabilità visiva"".

La predetta variante proponeva, quindi, tra l’altro, una soluzione alternativa (cd. soluzione "B") alla prevista copertura a padiglione di cui all’originario progetto, consistente nella realizzazione di una "porzione di copertura piana al fine di ottenere una maggiore permeabilità visiva".

Il progetto in variante veniva esaminato in data 13 luglio 2006 dalla Commissione Edilizia del Comune di Firenze che, con decisione n. 54936, così si pronunciava: "preso in esame il progetto, letta la relazione dell’ufficio, ritiene ammissibile la soluzione B".

A sua volta la Commissione Comunale per il Paesaggio, in data 13 luglio 2006, con decisione n. 877, esprimeva "parere favorevole alla soluzione B, in quanto l’intervento risulta compatibile con il vincolo di tutela imposto sull’area".

In relazione all’intervento descritto, il Comune di Firenze, in data 24 ottobre 2006, rilasciava la relativa autorizzazione paesaggistica, sulla base del suindicato parere della Commissione Comunale per il Paesaggio.

Con il ricorso in esame, la Sig.ra A.N., in qualità di proprietaria dell’unità immobiliare al quarto ed ultimo piano dell’edificio residenziale posto in Firenze, Via Mentana n. 4, ha chiesto "l’accertamento dell’illegittimità del comportamento omissivo del Comune di Firenze in ordine al controllo sugli interventi edilizi intrapresi a seguito della denuncia di inizio di attività presentata dalla Società B.A. S.r.l. e registrata al n. 1058/06 del 1° marzo 2006 con particolare riguardo al mancato esercizio dei poteri repressivi da parte dello stesso Comune", ovvero "l’annullamento dell’atto abilitativo tacito formatosi a seguito della denuncia di inizio di attività presentata dalla Società B.A. S.r.l. n. 1058/06 del 1° marzo 2006", richiedendo altresì l’annullamento degli atti presupposti, nonché il risarcimento del danno patito in conseguenza dell’illegittimità del comportamento omissivo del Comune di Firenze ovvero dell’atto abilitativo tacito formatosi a seguito della denuncia di inizio attività n. 1058/06 del 1° marzo 2006.

La Sig.ra N. ha proposto tre motivi di ricorso, deducendo sostanzialmente:

1) la violazione degli artt. 7 e 22 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Firenze, in quanto sarebbero stati realizzati dei nuovi manufatti sulla copertura comportando un intervento non assimilabile alla ristrutturazione edilizia R2 e quindi non consentito negli edifici di classe 5, quale è appunto l’Hotel Balestri; in ogni caso, si tratterebbe di intervento non soggetto a denuncia di inizio di attività bensì a permesso di costruire;

2) la violazione del Regolamento edilizio del Comune di Firenze, essendo stato realizzato un aumento di volumetria non ammissibile, in quanto la capacità edificatoria dell’immobile per cui è causa sarebbe già stata esaurita;

3) la carenza di motivazione della autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Firenze.

2. Il Comune di Firenze e la società controinteressata hanno eccepito l’inammissibilità e l’irricevibilità del ricorso sotto molteplici profili: l’azione di mero accertamento dinanzi al giudice amministrativo è ammissibile solo a tutela di una posizione di diritto soggettivo e non di interesse legittimo, quale sarebbe quella del caso di specie; ove si consideri il ricorso proposto una sorta di impugnativa dell’atto abilitativo tacitamente formatosi a seguito della presentazione della DIA, la ricorrente avrebbe dovuto previamente diffidare l’Amministrazione e successivamente impugnare o il silenzio mantenuto da quest’ultima, o l’atto espresso eventualmente adottato dalla medesima a seguito della sollecitazione del privato; nell’ipotesi in cui si ritenga che la DIA sia autonomamente impugnabile dal terzo, il ricorso sarebbe tardivo, tenuto conto che il cartello di cantiere relativo all’intervento di cui si controverte è stato esposto in data 22 novembre 2006, e già il 23 dicembre 2006 risultava del tutto ultimato il ponteggio ed era già stata montata metà della copertura provvisoria, mentre il ricorso è stato notificato soltanto il 9 marzo 2007; il ricorso sarebbe inammissibile per carenza di interesse, in quanto la limitazione della vista panoramica derivante dalla modifica della copertura è solo presunta e non dimostrata, nonché difficilmente ipotizzabile, atteso che a seguito della modifica progettuale apportata in sede di variante alle previsioni contenute nella DIA originaria, tale pretesa limitazione è stata ulteriormente minimizzata.

Si può prescindere dall’esame delle suindicate eccezioni, stante l’infondatezza del ricorso nel merito.

Con il primo motivo di ricorso si sostiene che l’intervento per cui è causa non sarebbe di ristrutturazione edilizia e quindi non sarebbe ammissibile nell’immobile sul quale è stato realizzato.

In particolare, secondo la ricorrente, "le planimetrie a corredo della denuncia di inizio attività (…) rappresentano graficamente opere edilizie ben più consistenti rispetto a quelle ammesse dallo strumento urbanistico comunale, dal momento che comportano – non soltanto la trasformazione del volume sopraelevato esistente sulla parte destra del tetto (guardando la facciata dell’albergo) già destinato a magazzino, di cui vengono modificate la quota di gronda, mediante rialzamento, la copertura, la sagoma e le finestre, ma anche e soprattutto – la realizzazione di volumetrie aggiuntive sulla parte sinistra del tetto, destinate alla realizzazione di nuove camere, come risulta dalla relazione alla D.I.A., nonché di un ulteriore volume coperto sulla parte centrale della falda del tetto".

Secondo la ricorrente, pertanto, sarebbero stati realizzati dei nuovi manufatti sul tetto di copertura non rientranti nella definizione di ristrutturazione edilizia, la quale non ammetterebbe "organismi edilizi in sopraelevazione realizzati ex novo".

La doglianza non ha pregio.

Come risulta dalla relazione tecnica alla denuncia di inizio di attività presentata in relazione all’intervento per cui è causa, l’immobile in cui è insediato l’albergo Balestri è inserito tra gli edifici di classe 5 per i quali l’art. 22 delle N.T.A. al P.R.G. del Comune di Firenze ammette "tutti gli interventi sul patrimonio edilizio esistente previsti dalle presenti norme, fino alla ristrutturazione di tipo R2 o R3. Non è ammessa la somma degli interventi riferiti ai due tipi di ristrutturazione".

L’art. 7.5 delle N.T.A. a propria volta stabilisce che "Gli interventi di ristrutturazione edilizia R2, oltre alle opere delle categorie precedenti, comprendono:

a) le opere che, in deroga agli srtt. 7, 8 e 9 del D.M. 2.4.1968 n. 1444, comportino la riorganizzazione funzionale degli edifici anche mediante:

– costruzione di servizi igienici in ampliamento della volumetria esistente;

– rialzamento della copertura dell’ultimo piano, nel caso che questo risulti abitato e senza che si costituiscano nuove unità immobiliari;

b) le opere di trasformazione incidenti sugli elementi verticali strutturali dell’edificio, anche con variazione della posizione dei medesimi;

c) le opere di trasformazione delle coperture che comportino incremento volumetrico, di altezza o di S.U.L.;

d) le opere di trasformazione di edifici esistenti che comportino in qualsiasi parte del medesimo, ivi compresi i sottotetti od il sottosuolo, la formazione di nuova S.U.L.;

e) le opere di ristrutturazione finalizzate al mutamento di destinazioni d’uso".

Pertanto, l’intervento in questione, che prevede la modifica del piano terrazza e della copertura e la realizzazione di nuovi volumi per allocarvi tre camere per gli ospiti, rientra tra quelli individuati dal suindicato art. 7.5, in particolare sub lett. c) e d), e va conseguentemente qualificato come ristrutturazione edilizia (cfr., TAR Toscana, III, 30 giugno 2003 n. 2537; 17 febbraio 2006, n.496).

A ciò si aggiunga che il suindicato intervento rientrerebbe comunque nell’ambito della ristrutturazione edilizia così come definita dall’art. 79 della legge regionale n. 1/2005, secondo cui sono interventi di ristrutturazione edilizia "quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente; tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti; tali interventi comprendono altresì:

1) le demolizioni con fedele ricostruzione degli edifici, intendendo per fedele ricostruzione quella realizzata con gli stessi materiali o con materiali analoghi prescritti dagli atti di cui all’articolo 52 ovvero dal regolamento edilizio, nonché nella stessa collocazione e con lo stesso ingombro planivolumetrico, fatte salve esclusivamente le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica;

2) la demolizione di volumi secondari, facenti parte di un medesimo organismo edilizio, e la loro ricostruzione nella stessa quantità o in quantità inferiore ancorché in diversa collocazione sul lotto di pertinenza;

3) le addizioni funzionali di nuovi elementi agli organismi edilizi esistenti, che non configurino nuovi organismi edilizi, ivi comprese le pertinenze; non sono computate ai fini dell’applicazione degli indici di fabbricabilità fondiaria e territoriale le addizioni con le quali si realizzino i servizi igienici, i volumi tecnici e le autorimesse legate da vincolo pertinenziale ad unità immobiliari esistenti all’interno dei perimetri dei centri abitati, nonché il rialzamento del sottotetto, al fine di renderlo abitabile".

In particolare, l’intervento di cui si controverte rientra nella nozione di addizione funzionale di cui al suindicato art. 79, trattandosi di un intervento che non determina una trasformazione funzionale del bene cui accede, ma è volto ad incrementare la funzionalità del bene stesso e a sostituire gli elementi strutturali degradati.

Sempre con il primo motivo di ricorso, la ricorrente sostiene che si tratterebbe di opere "comunque soggette non a denuncia di inizio attività, ma a permesso di costruire".

Anche tale doglianza non può essere condivisa.

E’ incontestato, infatti, che l’art. 7.1.2., lett. d), del Regolamento edilizio del Comune di Firenze vigente all’epoca dei fatti preveda che sono soggette a denuncia di attività gli "interventi di ristrutturazione edilizia, come definiti dall’art. 7 delle N.T.A. del P.R.G. nonché gli ulteriori interventi ad essi assimilati dall’art. 4, comma 2, lettera "d" della L.R. n. 52/99 (…)".

A sua volta, l’art. 79 della legge regionale n. 1/2005 prevede che sono soggetti a denuncia di inizio di attività gli interventi di ristrutturazione edilizia come definiti dalla medesima disposizione nei termini più avanti ricordati, tra i quali, come si è detto, rientra anche quello per cui è causa.

Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente sostiene che per gli edifici di classe 5, come l’Hotel Balestri, non sarebbe comunque consentito alcun incremento di SUL, e, pertanto, la capacità edificatoria dell’immobile in questione dovrebbe essere considerata esaurita, con conseguente inammissibilità di incrementi della SUL esistente ed illegittimità dell’attività edilizia intrapresa dalla B.A., per violazione dell’art. 52 del Regolamento edilizio.

La doglianza non ha pregio.

L’art. 22 delle N.T.A. si limita, infatti, a precisare che per tali edifici "sono ammessi tutti gli interventi sul patrimonio edilizio esistente previsti dalle presenti norme, fino alla ristrutturazione di tipo R2 o R3".

E le definizioni di ristrutturazione R2, quale è quella del caso di specie, non esclude la possibilità di aumento di SUL, anzi l’ammette espressamente individuando l’incremento di SUL tra gli interventi ricompresi nel campo di applicabilità della ristrutturazione.

La ricorrente aggiunge, inoltre, che nella copia della relazione tecnica alla DIA, dalla stessa acquisita a seguito di istanza di accesso, risulterebbe omesso il punto 7 relativo al calcolo dell’aumento della SUL, con la conseguenza che non sarebbe stato possibile verificare se effettivamente l’incremento di superficie sia "compatibile con la classe e la capacità edificatoria dell’edificio", come dichiarato a pag. 10 della relazione stessa.

Chiede, quindi, che venga ordinata all’Amministrazione comunale di esibire il testo integrale della relazione tecnica, con riserva di presentare motivi aggiunti.

Con ordinanza collegiale istruttoria n. 305 del 30 maggio 2007, questa Sezione ha chiesto all’Amministrazione "una documentata relazione… che descriva la esatta situazione dei luoghi, con particolare riferimento ai volumi progettati in superfetazione e all’interno dell’immobile de quo, alla luce degli artt. 7.5 lett. c) e d) e 22 delle N.T.A. vigenti".

In adempimento di quanto richiesto, l’Amministrazione – dopo aver premesso "che la consistenza dei luoghi è quella asseverata nella D.I.A. 1058/06 così come rappresentata graficamente e descritta analiticamente negli elaborati presentati", riconoscendo in tal modo che quanto asseverato nella DIA corrisponde allo stato dei luoghi – ha depositato, oltre alla copia integrale della documentazione allegata alla DIA, una relazione da cui emerge che nel caso di specie l’incremento della SUL è avvenuto nel rispetto della superficie massima aumentabile.

Per quanto riguarda, infatti, l’effettivo aumento di SUL ammissibile nella specie, occorre fare riferimento all’art. 52.3.4. del Regolamento edilizio del Comune di Firenze che regola, in via generale, le variazioni degli indici e dei valori urbanistici.

In particolare, la norma appena ricordata prevede che "nel caso di edifici esistenti che presentino locali di altezza interpiano superiore alla altezza virtuale stabilita dall’art. 43 per la specifica destinazione d’uso, la capacità edificatoria si determina applicando al valore della S.U.L. (se del caso già maggiorato come indicato al comma precedente) un coefficiente pari al rapporto tra l’altezza interpiano esistente e l’altezza virtuale ricorrente".

Per calcolare l’aumento di SUL ammissibile, occorre, quindi, moltiplicare il valore della SUL al coefficiente così come sopra individuato.

E, nel caso di specie, in applicazione della suindicata disposizione, risulta che "poiché l’altezza interpiano esistente al Piano Terra è maggiore di quella virtuale ricorrente, il rapporto tra i due valori origina un coefficiente superiore a 1 che applicato alla SUL esistente porta all’incremento di quest’ultima di una quantità pari a mq. 74,05" (cfr. relazione depositata dal Comune di Firenze in data 19 aprile 2007, in ottemperanza all’ordinanza istruttoria di questo Tribunale n. 305 del 29 marzo 2007).

Conseguentemente, poiché nel caso dell’intervento in questione è prevista la realizzazione di una S.U.L. pari a complessivi mq. 72,03, risultano rispettati i limiti di aumento massimo sopra indicati (cfr. sempre la suindicata relazione).

Peraltro, con memoria notificata il 3 febbraio 2010 e depositata il 10 febbraio successivo, la ricorrente contesta quanto asserito dal Comune di Firenze nella suindicata relazione in ordine alla sussistenza di una residua capacità edificatoria dell’edificio in cui è insediato l’Hotel Balestri e della possibilità di incrementare la SUL di mq. 74,05; ciò in quanto la relazione predisposta dall’Amministrazione comunale a seguito dell’ordinanza di questa Sezione sarebbe basata esclusivamente sulla documentazione presentata dalla società B.A. s.r.l..

Insiste, quindi, nella richiesta istruttoria avente ad oggetto l’accertamento di "quali siano gli incrementi di volumetria, di SUL e di altezza progettati e realizzati dalla Società B.A. s.r.l., tenuto conto delle tavole di progetto e dello stato preesistente dell’edificio, e se gli stessi siano conformi alle prescrizioni dello strumento urbanistico comunale vigente alla data di presentazione della denuncia di inizio attività".

La richiesta non può essere accolta, né vi sono i presupposti per ritenere che siano revocabili in dubbio le conclusioni cui è pervenuta l’Amministrazione.

A riguardo, infatti, la ricorrente non offre nemmeno un principio di prova che conforti quanto dalla stessa assunto.

Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la carenza di motivazione contenuta nell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Firenze in merito ai lavori oggetto dell’intervento per cui è causa.

Anche tale motivo di doglianza non può essere condiviso.

Dalla lettura dei provvedimenti impugnati nonché dall’attività procedimentale svolta, risulta che le giustificazioni addotte a sostegno della autorizzazione rilasciata siano sufficienti a soddisfare l’onere motivazionale posto a carico dell’Amministrazione.

Infatti, come emerge dalla esposizione in fatto, la società B.A. aveva presentato due soluzioni progettuali alternative, che sono state valutate dalla Commissione per il Paesaggio e dalla Direzione Urbanistica, le quali, rilevato il minor impatto ambientale della soluzione individuata sub B), hanno ritenuto che quest’ultima corrispondesse alle finalità del vincolo esistente sull’area.

E tale motivazione, soprattutto ove la si valuti alla luce delle diverse soluzioni progettuali proposte, va considerata congrua.

D’altra parte, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che in ordine al nulla osta paesaggistico ambientale, sia sufficiente anche una motivazione succinta che dia atto dell’assenza di motivi che contrastino con i beni sottoposti a vincolo (cfr., Cons. di Stato, VI, 9 febbraio 2009 n. 717).

3. Il ricorso, pertanto, per la parte esaminata va respinto.

4. Va, conseguentemente, respinta anche la domanda di risarcimento danni formulata con l’atto introduttivo del presente giudizio, stante l’accessorietà della stessa rispetto alla domanda principale.

Né può, a riguardo, essere presa in esame l’ulteriore censura – concernente la presunta violazione dell’altezza massima dei fabbricati – dedotta con la memoria notificata il 3 febbraio 2010 ai fini del richiesto risarcimento del danno, considerato che la stessa risulta tardiva, non essendo stata tempestivamente dedotta nel termine decadenziale, come sarebbe stato, invece, necessario, sia ove si consideri la DIA quale provvedimento tacito autonomamente impugnabile nel termine decadenziale di impugnazione dei provvedimenti amministrativi, sia ove si ritenga che la stessa sia un atto privato, a fronte del quale il terzo può esperire – nel termine di decadenza di sessanta giorni decorrente dal completamento dei lavori, avvenuto nel caso di specie il 7 aprile 2007, come risulta dalla certificazione di fine lavori versata in atti – l’azione di accertamento davanti al giudice amministrativo, intesa ad ottenere la declaratoria che non sussistevano i presupposti per svolgere l’attività sulla base della sola dichiarazione di inizio di attività (cfr., Cons. di Stato, VI, 9 febbraio 2009 n. 717; Cons. di Stato, IV, 31 marzo 2009 n. 1917).

5. Quanto alle spese di giudizio, le stesse seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, sezione III, respinge il ricorso indicato in epigrafe.

Respinge la domanda di risarcimento danni.

Condanna la ricorrente a pagare alle parti resistenti le spese di giudizio che liquida nella complessiva somma di Euro 3.500,00 (tremilacinquecento/00), oltre IVA e CPA, da corrispondere per metà a favore del Comune di Firenze e per l’altra metà a favore della controinteressata.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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