Cons. Stato Sez. V, Sent., 03-02-2011, n. 789 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A) – Con bando di gara in data 4.5.2009 il comune di Maiolati Spontini aveva indetto una procedura aperta, ai sensi dell’art. 55, d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, per l’affidamento dei lavori di "Costruzione del nuovo campus scolastico I lotto – I stralcio, da erigersi a Moie", con un importo a base d’asta pari ad Euro 3.563.655,55.

All’esito delle operazioni di gara, la migliore offerta nell’ambito di quelle ammissibili era stata presentata dalla s.p.a. I.I., con un ribasso del 42,976% sull’importo a base d’asta, mentre al secondo posto della graduatoria si era classificata l’offerta presentata dal r.t.i. costituito dalla s.r.l. E. e dalla s.r.l. Elettocupra, con un ribasso pari al 35,990%.

Con determinazione del responsabile dell’ufficio tecnico del comune di Maiolati Spontini, in data 6.8.2009 n. 273, viste le risultanze dei verbali di gara, era stata disposta l’aggiudicazione definitiva in favore della s.p.a. I.I., dando espressamente atto che il provvedimento sarebbe divenuto efficace a seguito della verifica dei requisiti soggettivi previsti dall’art. 38, comma 3, d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, dichiarati dall’aggiudicatario.

B) – Il suddetto provvedimento, unitamente a quelli presupposti e connessi, era stato impugnato dinanzi al T.a.r. Marche, dalla s.r.l. E. e dalla s.r.l. Elettocupra, con richiesta di annullamento per violazione di legge ed eccesso di potere sotto molteplici profili, articolati in tre distinti motivi, nonché di condanna del comune al risarcimento dei danni.

Si erano costituiti in giudizio il comune e la s.p.a. I.I., resistendo al ricorso.

Il Tribunale aveva accolto l’istanza cautelare.

Con il primo motivo del ricorso era stata dedotta la violazione dell’art. 38, d.lgs. n. 163/2006 e dell’art. 2, d.P.R. 25 gennaio 2000 n. 34, assumendo che la s.p.a. I.I. non esercitasse l’attività di costruzione edile (integrante la categoria OG1), come da certificato della Camera di commercio di Modena, prodotto in sede di gara, per cui non avrebbe potuto essere ammessa alla procedura aperta in argomento, trattandosi di attività (quella ascrivibile alla categoria OG1) assolutamente prevalente nell’esecuzione dei lavori che il comune voleva affidare.

Osservavano i primi giudici che il bando di gara stabiliva che il concorrente, a pena di esclusione, dovesse dimostrare il possesso di "attestazione, rilasciata da società di attestazione (s.o.a.) di cui al D.P.R. 34/2000 regolarmente autorizzata, in corso di validità relativa alla categoria prevalente (OG1), per una classifica corrispondente a quella dell’importo della prevalente medesima, cui va aggiunto comunque l’importo delle OS.28, qualora non posseduta in proprio".

Per espressa disposizione della lex specialis disciplinante il procedimento, quindi, per l’ammissione alla gara era sufficiente il possesso dell’attestazione SOA per le categorie e classifiche richieste, non occorrendo anche l’iscrizione alla Camera di commercio per l’attività da appaltare, dovendo il concorrente unicamente dichiarare di essere iscritto nel registro delle imprese presso la Camera di commercio.

Tanto bastava per escludere la fondatezza delle argomentazioni svolte dalle parti ricorrenti, anche perché il possesso della qualificazione attestata dalla certificazione s.o.a. è sufficiente ad assolvere ogni onere documentale circa la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria, nonché a garantire la stazione appaltante in ordine all’affidabilità dell’impresa certificata.

C) – È ben vero che, ai sensi di quanto prescritto dal bando (lett. c)), "La certificazione di qualità aziendale deve essere posseduta, ai fini dell’ammissione alla gara e a pena di esclusione, in relazione a importi indicati in bando per eseguire i quali è necessaria una classifica dalla III in su. Essa deve pertanto essere comprovata, a pena di esclusione, in attestazione SOA per le categorie OG1 e OS.30", e che la copia dell’attestato di qualificazione prodotta in sede di gara dalla società controinteressata reca la dicitura "Per i seguenti prodotti – servizi: progettazione, installazione e manutenzione di impianti tecnologici".

Peraltro, la prescrizione del bando sopra trascritta doveva esser letta in connessione con quella di cui al successivo capoverso, secondo la quale "L’attestato SOA del concorrente qualificato nella categoria OG1 e OS.30 – per la classifica pari o superiore alla III – a pena di esclusione dalla gara, deve riportare l’indicazione del possesso di certificazione di qualità UNI EN ISO 9000 ex art. 2 – comma 1 – lettera q) del D.P.R. 34/2000. Si precisa che l’indicazione del possesso di certificazione di qualità conforme alle norme europee serie UNI EN ISO 9000 e alla vigente disciplina nazionale in corso di validità fissata per la presentazione delle offerte, deve risultare esclusivamente dalla attestazione di qualificazione".

Dunque, il possesso della certificazione di qualità doveva essere comprovato unicamente mediante l’attestazione s.o.a., prodotta dalla s.p.a. I.I. con l’espressa indicazione che "l’impresa possiede la certificazione (art. 2, comma 1, lettera q), d.P.R. n. 34/2000) valida fino al 18.12.2001 rilasciata da CERMET", in tal modo assolvendo a quanto stabilito dal bando ai fini dell’ammissione alla gara.

D) – Ai sensi dell’art. 4, comma 2, d.P.R. 25 gennaio 2000 n. 34, "la certificazione del sistema di qualità aziendale e la dichiarazione della presenza degli elementi significativi e tra loro correlati del sistema di qualità aziendale si intendono riferite agli aspetti gestionali dell’impresa nel suo complesso, con riferimento alla globalità delle categorie e classifiche": norma interpretata dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici nel senso che il possesso della certificazione è relativo all’intero sistema di qualità aziendale e non a singole e specifiche lavorazioni (v. deliberazione 12 luglio 2007 n. 241, secondo cui "ove non diversamente specificato, la certificazione del sistema di qualità aziendale e la dichiarazione della presenza degli elementi significativi e tra loro correlati di tale sistema di qualità si riferiscono a tutte le categorie oggetto di attestazione; dunque il possesso del sistema di qualità UNI EN ISO 9000 si intende dimostrato qualora il relativo certificato sia stato rilasciato da un organismo accreditato SINCERT per il settore EA 28 (Imprese di costruzione, installatori di impianti e servizi")).

Nella specie, la discussa certificazione conteneva la specificazione che "la presente certificazione si intende riferita agli aspetti gestionali dell’impresa nel suo complesso ed è utilizzabile ai fini della qualificazione delle imprese di costruzione ai sensi dell’articolo 8 della legge 11 febbraio 1994 e successive modificazioni e del d.P.R. 25 gennaio 2000 n. 34".

Si deve, quindi, ritenere che la certificazione stessa si riferisse alla globalità delle categorie e delle classifiche per le quali l’impresa era qualificata, secondo quanto risultava dalla relativa attestazione s.o.a., con conseguente legittimità, in relazione al profilo in contestazione, del provvedimento di ammissione alla gara della società controinteressata.

E) – Dalla documentazione in atti si evinceva che, in ottemperanza alle prescrizioni del bando, la s.p.a. I.I. già in sede di gara aveva prodotto 441 schede di giustificazioneanalisi prezzi unitari (relative a tutte le voci di prezzo concorrenti a formare l’importo complessivo posto a base di gara) ed una scheda giustificativa relativa al costo della manodopera.

Il responsabile del procedimento aveva chiesto ulteriori giustificazioni relativamente a 44 voci di prezzo, fornite dalla ditta con nota in data 15.7.2009 (e relativi allegati). Inoltre, il medesimo responsabile del procedimento, con successiva nota, aveva chiesto chiarimenti in relazione ad altre cinque voci di prezzo, anch’essi tempestivamente forniti dalla s.p.a. I.I..

Non avrebbe potuto, pertanto, sostenersi che la valutazione della stazione appaltante circa la congruità dei prezzi offerti dalla ditta aggiudicataria non fosse sorretta da adeguata attività istruttoria, né meritavano di essere condivise le argomentazioni secondo cui i prezzi stessi (provocanti un ribasso complessivo dell’offerta della controinteressata pari al 42,976%, di fronte ad un ribasso del 35,990% dell’offerta presentata dalle originarie ricorrenti) avrebbero dovuto ritenersi "oggettivamente ingiustificabili", in mancanza dell’indicazione di specifici dati di fatto comprovanti l’inattendibilità delle giustificazioni fornite dalla s.p.a. I.I..

Quanto al prezzo del calcestruzzo, in particolare, esso rappresentava un valore pari al 5,2% dell’opera e, quindi, di entità tale da non inficiare la correttezza della valutazione complessiva di congruità dell’offerta effettuata dalla stazione appaltante.

F) – La relativa motivazione avrebbe potuto evincersi dalla relazione del responsabile del procedimento in data 29.7.2009 (riscontrata dalla commissione di gara, nella seduta del 4.8.2009, disponendo l’aggiudicazione provvisoria dell’appalto in favore della controinteressata); peraltro, la motivazione del giudizio di verifica della congruità di un’offerta anomala dev’essere rigorosa ed analitica soltanto nel caso del giudizio negativo, mentre nel caso di giudizio positivo non è necessario che la relativa determinazione sia fondata su un’articolata motivazione ripetitiva delle medesime giustificazioni ritenute accettabili o espressiva di ulteriori apprezzamenti, per cui il giudizio favorevole di non anomalia dell’offerta non richiede puntualità di argomentazioni, bastando anche una motivazione per relationem alle stesse giustificazioni presentate dal concorrente sottoposto al relativo obbligo.

G) – I primi giudici accoglievano il ricorso con dispositivo, seguito dalla correlativa sentenza motivata, con successiva impugnazione da parte della I.I., che deduceva l’insussistente irregolarità contributivoprevidenziale, ex art. 38, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 163/2006, bastando il d.u.r.c. ad attestare il possesso del requisito in questione (cfr. C.S., sezione VI,, dec. n. 4905/2009), in capo ad un’impresa già dotata di certificato s.o.a. e, dunque, abilitata ad effettuare i lavori di cui si trattava, nonché l’assenza di vizi nel subprocedimento di verificazione dell’anomalia del ribasso I..

L’appellata E. (affidataria dei lavori, già in avanzata fase di esecuzione, dopo la stipulazione contrattuale) si costituiva in giudizio e resisteva al gravame, eccependone l’inammissibilità e l’improcedibilità, in quanto proposto contro il solo dispositivo di primo grado e prima del deposito e della pubblicazione della relativa sentenza motivata, intervenuta solo dopo la notificazione dell’appello, comunque da ritenersi infondato in presenza di gravi irregolarità definitivamente accertate e non vanificabili con il semplice d.u.r.c. (cfr. C.S., sezione V, dec. n. 1755/2009), nonché di un ribasso del 42,976%, che la commissione di gara ed il responsabile del procedimento avrebbero giustificato senza specifici approfondimenti ed in assenza di alcuna scomposizione analitica di tutte le voci di costo determinanti il medesimo.

H) – L’appellante I. depositava, quindi, motivi aggiunti vanificanti la dedotta eccezione d’inammissibilità o d’improcedibilità del suo appello (e poi illustrati pure con apposita memoria riassuntiva, evidenziante l’efficacia pienamente liberatoria, sanante e certificatoria del d.u.r.c., avallata anche dalla competente Autorità di vigilanza, soprattutto previo confronto con le ipotesi ben più gravi di cui all’art. 38, lett. c), e ciononostante assistite dagli istituti dell’estinzione, di cui all’art. 178, c.p., e della riabilitazione, di cui all’art. 445, comma 2, c.p.p.: cfr. C.S., sezione V, dec. n. 147/2008), rinunciando a quelli di cui all’appello principale, eccettuato il primo, e censurando il comportamento del comune di Maiolati Spontini, che avrebbe frettolosamente eseguito il dispositivo, senza attendere la pubblicazione della sentenza n. 62/2010 del T.a.r. Marche, con la conseguente possibilità di disapplicare le norme nazionali ritenute contrastanti con la disciplina comunitaria (previo eventuale deferimento della questione alla Corte europea, ex art- 177. trattato di Roma, poi art. 234, trattato di Schengen) o con le previsioni costituzionali (previo eventuale rinvio alla Consulta), per possibile contrasto con gli artt. 24 e 41, Cost..

All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione.
Motivi della decisione

L’appello, come ridotto alle censure sopravvissute alle rinunce della parte appellante, è fondato e va accolto.

I) – La s.p.a. I.I. si sarebbe resa responsabile di una violazione grave, definitivamente accertata, alle norme in materia di contributi previdenziali ed assistenziali, essendo stata condannata con sentenza del giudice del lavoro presso il Tribunale di Modena, in data 11 maggio 2006, divenuta incontestabile, al pagamento in favore dell’I.n.p.s. della somma di Euro 140.474,22, oltre a somme aggiuntive ed accessori di legge, per un importo complessivo di Euro 208.999,26, a titolo di contributi previdenziali non corrisposti, onde la stazione appaltante avrebbe dovuto disporre la sua esclusione dalla gara, ex art. 38, lettera i), d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163; in subordine, la p.a. avrebbe dovuto compiere un’istruttoria diretta alla valutazione delle gravità del fatto, onde giungere ad una prognosi di affidabilità della concorrente, specie alla luce dell’elevato ribasso offerto.

Si eccepiva trattarsi d’irregolarità contributiva di non rilevante entità, e che la I.I. avrebbe provveduto al pagamento di quanto dovuto all’I.n.p.s. in data 8.9.2006, per cui, essendo stata la violazione sanata con estinzione della relativa obbligazione, non avrebbero dovuto ritenersi sussistenti i presupposti per l’applicazione dell’art. 38, lettera i), d.lgs. n. 163/2006, come asserito in una fattispecie analoga dalla sentenza della Corte di Giustizia C.e. 9 febbraio 2006 n. 226. Inoltre, il d.u.r.c. acquisito agli atti dimostrava la regolarità della posizione contributiva della s.p.a. I.I., dal che la stazione appaltante non poteva discostarsi.

II) – La valutazione circa l’esistenza di gravi violazioni in materia contributiva e previdenziale, come requisito generale di partecipazione alle gare, costituisce oggetto di autonoma valutazione da parte della stazione appaltante, rispetto alla quale le risultanze del c.d. d.u.r.c. si pongono come elementi indiziari, da cui non può prescindersi, ma che comunque non esauriscono l’ambito di accertamento circa la sussistenza di una violazione grave (cfr. C.S., sezione VI, dec. n. 4907/2009).

Nella specie, la s.p.a. I.I. si era resa responsabile di una violazione in materia contributiva che, per la sua entità, non era necessariamente riconducibile al paradigma legale di cui all’art. 38, lettera i), d.lgs. n. 163/2006.

Secondo la sentenza della Corte di Giustizia C.e. 9 febbraio 2006 n. 226, se l’impresa prova, prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte, di aver provveduto al pagamento in sanatoria di quanto dovuto, essa dev’essere considerata in regola con gli obblighi contributivi.

III) – La sentenza da ultimo menzionata appare del tutto pertinente alla questione oggetto della presente controversia, poiché la Corte europea faceva riferimento alla situazione di un’impresa che non aveva tempestivamente adempiuto ai suoi obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e delle imposte e tasse, conformemente alle disposizioni legislative nazionali: il che non muta per il fatto che nella specie sia intervenuta una sentenza di condanna, con un pronunciamento dell’autorità giudiziaria non più contestabile, fermo restando il fatto che la disposizione di cui all’art. 38, lettera i), d.lgs. n. 163/2006, si limita a sancire l’esclusione dalle gare dei concorrenti che abbiano commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, delle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione interna, senza porre alcun ostacolo all’eventuale efficacia di eventuali pagamenti in sanatoria, che ben possono essere indici di un intervenuto ravvedimento operoso.

IV) – Quanto al discusso d.u.r.c., le risultanze di tale documento vincolano la p.a. aggiudicatrice, in ragione della sua natura di dichiarazione di scienza, da collocarsi fra gli atti di certificazione o di attestazione redatti da un pubblico ufficiale ed aventi carattere meramente dichiarativo di dati in possesso dell’amministrazione, atti assistiti da pubblica fede ex art. 2700 c.c., facente pertanto prova fino a querela di falso (cfr. C.S., sezione IV, dec. n. 1458/2009): la formale regolarità contributiva è rimessa al potere di accertamento e di valutazione dell’Istituto previdenziale, mentre la gravità di una violazione in materia contributiva e previdenziale, ai fini della partecipazione ad una gara pubblica, impone un’ulteriore valutazione affidata alla stazione appaltante, che ben potrà avvalersi del citato d.u.r.c. nella sua valutazione dell’attività imprenditoriale.

In conclusione, disattesa (come in prime cure) ogni domanda risarcitoria, rimasta del tutto priva di presupposti, l’appello va accolto, con riforma dell’impugnata sentenza e rigetto del ricorso di prima istanza, a spese ed onorari del doppio grado di giudizio interamente compensati tra le parti in causa per giusti motivi, tenuto anche conto delle alterne vicende processuali.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione V, accoglie l’appello e, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado, a spese ed onorari del doppio grado di giudizio interamente compensati tra le parti in causa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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