Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 25-01-2011) 09-02-2011, n. 4615

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’accusa originaria era così articolata: a) art. 110 c.p., art. 614 c.p., commi 1 e 4, perchè R.G. ed F.E., agendo in concorso tra loro si introducevano nel fondo in uso R. A., sito in via (OMISSIS), contro la volontà della stessa, usuaria del compendio immobiliare, ed esercitando violenza sulle cose e sulle persone. In (OMISSIS); b) artt. 110 e 393 c.p., perchè, agendo in concorso tra loro ed al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si facevano arbitrariamente regione da se con la condotta descritta sub a).

In (OMISSIS).

R.G. ed F.E. ricorrono, a mezzo del loro difensore avverso la sentenza 17 marzo 2010 della Corte di appello di Genova (che ha confermato la sentenza 16 gennaio 2007 del Tribunale di Massa di condanna per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, con violenza sulle cose e sulle persone), deducendo nella decisione impugnata sia violazioni di legge che vizio di motivazione, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.
Motivi della decisione

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della pretesa genericità della contestazione in violazione al disposto dell’art. 552 c.p.p., comma 2.

Si lamenta in particolare come non siano state precisate nè la sostanza della condotta violenta sulle cose (nella specie sradicamento delle piantine messe a dimora dal genero della R. A.), nè quella sulle persone (caduta del L. a seguito della spinta datagli dalla F.).

Il motivo, inammissibile, è la mera iterazione di una corrispondente censura, formulata in appello, e per la quale esiste ineccepibile risposta della corte distrettuale, qui da ribadirsi per la sua correttezza, e non modificabile per effetto delle doglianze che risultano proposte nel ricorso in modo disancorato dalla motivazione del provvedimento impugnato.

Con un secondo motivo si lamenta vizio di motivazione sui presupposti della condotta, con una ricostruzione che ha ignorato la risolutiva circostanza che gli imputati erano nel possesso del bene (spazio retrostante -rispetto alla strada dell’abitazione della R. A.), e quindi si sono limitati a tutelare il loro diritto nella flagranza o quasi flagranza del subito spoglio.

Anche questa doglianza per come proposta non supera la soglia dell’ammissibilità.

Il motivo infatti prospetta alla Corte di legittimità un giudizio – critico ed alternativo – sulle considerazioni e valutazioni probatorie, formulate dai giudici di merito, le quali risultano peraltro condotte ed ottenute nel rigoroso rispetto delle regole, stabilite in punto di formazione e peso del materiale probatorio d’accusa.

Quanto alla qualificazione della condotta ed all’assenza di cause esimenti, i giudici di merito, con doppia conforme valutazione, hanno dato piena ed argomentata spiegazione dell’azione esecutiva e dei profili soggettivi che hanno informato il comportamento dei ricorrenti, nei termini corrispondenti allo schema dogmatico del delitto ritenuto, e la motivazione sul punto è del tutto conforme alle regole della logica e rispettosa delle norme repressive richiamate.

All’inammissibilità del ricorso stesso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare in Euro 1000,00 (mille).
P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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