Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 19-01-2011) 09-02-2011, n. 4621

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di N.A., in proprio e quale legale rappresentante della GSM srl propone ricorso avverso l’ordinanza del 25/6/2010 del Tribunale di Perugia con la quale è stato respinto il riesame proposto avverso il sequestro preventivo dell’immobile emesso in relazione al reato di cui all’art. 343 c.p.. In fatto il provvedimento interveniva su immobile, acquisito in locazione da N., e concesso da questi in comodato in favore del dott F., medico odontoiatra, poi interdetto all’esercizio della professione a seguito di provvedimento dell’ordine professionale. Nel decreto di sequestro si ipotizzava a carico di N., odontotecnico, violazione dell’art. 348 c.p. in relazione ad attività da questi svolte su pazienti, di pertinenza esclusiva del medico odontoiatra.

2. Con il primo motivo si eccepisce la nullità del procedimento per violazione della disposizione di cui all’art. 127 c.p.p., rilevando che nella procedura di riesame era stata omessa la citazione del N. in proprio, oltre che la notifica dell’avviso di deposito del provvedimento, malgrado anche in tale qualità rivestisse il ruolo di ricorrente.

3. Con il secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 348 c.p., con riferimento alla sussistenza del fumus commissi delicti, evidenziando che il Tribunale adito si fosse spinto con le espressioni usate ad un accertamento di responsabilità.

Richiamato il diverso ambito di valutazione richiesto nella procedura in esame, si contesta che N. potesse essere a conoscenza dell’interdizione all’esercizio della professione medica notificata al professionista che esercitava la sua attività presso lo studio di cui era locatario, operando a supporto della propria ricostruzione dei fatti richiami alle dichiarazioni rese dai pazienti sentiti dagli inquirenti.

4. Con il terzo motivo si eccepisce l’inesistenza della motivazione, che si definiva apparente sul periculum in mora, poichè è stata ritenuta scontata la possibilità di una reiterazione dell’attività che si riteneva illecita, valorizzando in senso opposto a tale valutazione l’intervenuta restituzione dello studio, previa revoca di un precedente sequestro disposto nell’ambito della procedura a carico del dott. F.. A tal fine si sottolinea che le dichiarazioni raccolte dagli inquirenti, e valorizzate nel provvedimento impugnato, si riferiscono ad attività professionali prestate in epoca antecedente al precedente dissequestro.

Si rileva poi in fatto che, alla data del 1/3/2010, la struttura è stata ceduta in affitto alla società GSM srl che, per offrire i suoi servizi medici, si avvaleva di un diverso direttore sanitario, ad ulteriore conferma del venir meno di qualsiasi contatto con il medico interdetto, circostanza che priva la motivazione del provvedimento impugnato dell’indispensabile requisito dell’attualità. 5. Con il quarto motivo si rileva omessa motivazione sulla situazione di diritto della GSM srl che con il ricorso ha fatto valere il proprio titolo di detenzione del bene che, recidendo il collegamento con gli indagati, priva di fondamento il provvedimento, il cui presupposto è la relazione del bene con questi, argomento sul quale nulla è stato opposto dall’autorità adita, sollecitando conseguentemente l’annullamento del provvedimento impugnato.
Motivi della decisione

1. Il proposto ricorso è inammissibile. In ordine al primo motivo è del tutto pacifico che nella persona di N. si riassuma sia il proponente del ricorso quale persona fisica, sia l’amministratore della GSM srl unipersonale ricorrente; la circostanza che al N. sia stata notificata a mani proprie un’unica copia del decreto che fissava la comparizione dinanzi al Tribunale del riesame, ed un unico provvedimento, non ha in alcun modo limitato il suo diritto di difesa, consentendogli di essere pienamente a conoscenza del contenuto dei due atti, in particolare, nel primo caso, permettendogli la partecipazione all’udienza del riesame e nel secondo consentendogli di proporre ricorso nei termini ordinari.

Risulta quindi evidente che non sussista l’omessa citazione denunciata ed il motivo di nullità conseguente alla mancata notifica del provvedimento, peraltro superato dalla tempestiva proposizione del ricorso che qui si esamina.

2. Insussistente è il secondo motivo, poichè emerge evidente il fumus del delitto contestato che, sulla base del decreto di sequestro in atti, per quel che riguarda N., non consegue all’utilizzazione del proprio studio che questi avrebbe consentito al medico sospeso dall’esercizio della professione, come prospettato nel precedente decreto, successivamente revocato, ma è stato emesso in conseguenza delle acquisizioni testimoniali successive, se pur riferibili cronologicamente a situazioni anteriori il precedente provvedimento di sequestro, il cui ingresso nel materiale in possesso degli inquirenti ha consentito di profilare l’accusa in maniera diversa, legittimando quindi il nuovo provvedimento; è poi singolare che si contesti la completezza della motivazione riguardo la pregnanza degli elementi di accusa, posto che, in ogni caso, al di là della terminologia usata, dato lo stato del procedimento, non possa che parlarsi di fumus dell’esistenza del reato, fumus che non risulta neppure posto in dubbio nel ricorso.

3. Analogamente, il Tribunale ha compiutamente motivato sul periculum in mora, con riferimento alla possibilità che N. continui ad esercitare abusivamente la professione, emergendo dalle testimonianze assunte che ciò sia avvenuto rispetto a più di un paziente, con una seria continuità temporale, tale da far desumere, correttamente, la richiamata circostanza.

4. Nè sussiste il difetto di motivazione lamentato dai ricorrenti quanto alla persistenza di tale requisito alla luce del trasferimento del contratto di locazione in capo alla GSM srl, apparendo del tutto evidente che la titolarità in forma societaria, invece che individuale delle attrezzature dello studio da parte del medesimo N., non gli impedirebbe di reiterare l’illecito, sicchè, come ha sinteticamente, ma esaustivamente, motivato il Tribunale, la valutazione di tale elemento non può condurre ad una diversa conclusione.

5. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, oltre che al pagamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che si valuta equo determinare come in dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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