Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-01-2011) 09-02-2011, n. 4772

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 14.8.2009 il Magistrato di sorveglianza di Napoli respingeva l’istanza di liberazione anticipata presentata da L.A. in relazione a periodi di detenzione dallo stesso sofferti tra il 22.1.2002 ed il 17.8.2006.

Il reclamo proposto dall’interessato avverso tale decisione è stato rigettato dal locale Tribunale di sorveglianza con ordinanza in data 2.3.2010.

In specie, il tribunale ha ritenuto che la gravità delle condotte del L. sia nel periodo successivo sia durante la detenzione in custodia cautelare, oggetto del richiesto beneficio della liberazione anticipata, debba, all’evidenza, far ritenere un difetto di partecipazione al percorso di rieducazione. Ha sottolineato, infatti, che l’istante si era reso responsabile del reato di cui alla L. n. 575 del 1965, art. 3-bis, accertato in data (OMISSIS), in relazione al quale allo stesso è stata applicata la pena di mesi due e giorni venti di arresto; inoltre, il 12.7.2005 era stato tratto in arresto per il reato di evasione dagli arresti domiciliari perchè non era stato trovato nella propria abitazione e poco dopo era stato sorpreso a poca distanza mentre rientrava.

2. Avverso tale pronuncia l’interessato ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore, denunciando la violazione di legge e il vizio di motivazione. In particolare, si duole della negazione del beneficio della liberazione anticipata con riferimento a tutto il periodo di detenzione (nove semestri), a fronte di un episodio non grave commesso oltre un anno dopo la scarcerazione e di una denuncia per evasione del luglio 2005, mentre con riferimento al restante periodo di detenzione non vi erano segnalazioni negative.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e deve, quindi, essere dichiarato inammissibile con le conseguenze previste dall’art. 616 c.p.p..

Il Tribunale di sorveglianza ha fatto, invero, corretta applicazione dei principi affermati costantemente da questa Corte che devono essere qui ribaditi.

Se di regola è la condotta del condannato nel corso della detenzione che deve formare oggetto della valutazione del giudice in ordine alla sussistenza delle condizioni per la concessione del beneficio di cui all’art. 54 ord. pen., anche un comportamento posto in essere dopo il ritorno in libertà può giustificarne retroattivamente il diniego (Sez. 1, n. 20889, 13/05/2010, Monteleone, rv. 247423; Sez. 1, n. 37345, 27/9/07, Negri, rv. 237509). Nello stesso senso, invero, è stato affermato che "ai fini della concessione della liberazione anticipata, quando, dopo la custodia cautelare, il soggetto in stato di libertà abbia continuato a delinquere, commettendo gravi reati, il giudizio sui comportamenti tenuti in ambiente extramurario non può essere pretermesso, ma deve necessariamente entrare a far parte della valutazione complessiva della condotta del soggetto, a nulla rilevando l’assenza di illeciti disciplinari durante il periodo di detenzione, posto che, per godere della liberazione anticipata, il condannato deve dare prova di reale, e non meramente formale, partecipazione all’opera di rieducazione intrapresa nei suoi confronti" (Sez. 1, n. 18012, 20/3/04, Prandin, rv. 227977).

Nel caso di specie, dunque, il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto, con valutazione di merito sorretta da adeguata motivazione immune da vizi sindacabili in questa sede, che – sia nel periodo di detenzione oggetto di scrutinio (arresto per evasione 2005) sia in epoca successiva – il L. ha tenuto condotte tali da dimostrare la non effettiva partecipazione alla rieducazione, manifestando il sostanziale rifiuto della risocializzazione.

Il ricorso, quindi, deve ritenersi manifestamente infondato e, conseguentemente, dichiarato inammissibile.

Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma ritenuta congrua di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di mille Euro alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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