Cons. Stato Sez. VI, Sent., 03-02-2011, n. 774 Trattamento economico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

E’ impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, n. 1044 del 29 aprile 2008 che ha respinto il ricorso proposto dal prof. F.B., medico già docente presso l’Università di Bari e di qui transitato con decorrenza 5 agosto 1999 all’Università di Foggia, per l’annullamento del decreto del direttore amministrativo dell’Università di Foggia del 14 novembre 2006, recante il recupero della somma di Euro 90.157,73 che si assumeva indebitamente percepita dal prof. B. a titolo di indennità perequativa per i docenti universitari in servizio presso cliniche o istituti convenzionati (cd. "De Maria"), ai sensi dell’art. 31 d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, nel periodo compreso dal 1 agosto 2000 al 29 febbraio 2004.

Deduce l’appellante prof. B. che erroneamente il primo giudice ha ritenuto non dovuto questo trattamento indennitario sull’assunto dell’inderogabile inscindibilità, per il personale universitario, tra attività didattica e di ricerca ed attività assistenziale e sul rilievo dell’avvenuto trasferimento del Batoli stesso, con decorrenza 5 agosto 1999, alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Foggia.

Egli assume di aver in ogni caso prestato le attività assistenziali in ordine alle quali accampa il credito retributivo, donde l’illegittimità dell’impugnato provvedimento di recupero.

Si sono costituite in giudizio le parti appellate per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione.

All’udienza del 17 dicembre 2010 il ricorso in appello è stato trattenuto per la decisione.

L’appello è infondato e va respinto.

La questione da dirimere (contestuale a quella oggetto del ricorso in appello n. 1118/07) attiene al diritto del ricorrente, docente universitario medico, a percepire, dopo il trasferimento all’Università di Foggia e prima dell’inizio dell’attività assistenziale in struttura ospedaliera posta sotto la direzione di quest’ultima Università, l’indennità spettante ai sensi dell’art. 31 d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 al personale medico universitario per finalità perequative rispetto al personale (di pari qualifica e mansioni) appartenente al servizio sanitario nazionale.

A giudizio dell’appellante, detto trattamento differenziale spetterebbe in ogni caso, pur dopo il suo trasferimento dall’Università di Bari a quella di Foggia (ed a prescindere dal luogo di prestazione dell’attività assistenziale), vuoi perché egli sarebbe stato espressamente autorizzato dall’Ateneo foggiano a continuare a svolgere l’attività assistenziale presso il presidio barese, vuoi perché la legge prevede -l’erogazione dell’indennità perequativa al personale medico universitario che svolge funzioni assistenziali (senza altro specificare in ordine alle modalità di prestazione di tale attività medica). Di qui la pretesa all’annullamento dell’atto di recupero del credito, erogato indebitamente secondo l’assunto dell’Università di Foggia.

La censura, in entrambe le declinazioni, non può trovare accoglimento.

Come correttamente rilevato dal primo giudice, all’interno del rapporto d’impiego del personale universitario non è dato scindere l’attività di ricerca e di didattica da quella propriamente assistenziale, con la conseguenza che il B. non può legittimamente pretendere di essere retribuito dalla Università di appartenenza (Foggia) per un’attività assistenziale prestata in un policlinico aggregato ad altra università ovvero mai prestata in favore di qualsivoglia struttura ospedaliera. E’ d’altra parte presupposto implicito ed incontestabile che le prestazioni assistenziali devono essere svolte dal personale medico universitario presso una struttura ospedaliera che si trovi sotto la direzione della Università di appartenenza, attesa l’unitarietà delle funzioni didattiche e di quelle assistenziali e l’inconfigurabilità di una dissociazione spaziotemporale tra le due complementari attività.

In contrario non rileva che il ricorrente fu autorizzato dalla Università di appartenenza (Foggia) a prestare assistenza medica in una struttura ospedaliera di pertinenza di altra Università (Bari), dato che tale assenso poteva al più valere a legittimare la temporanea persistenza del rapporto di servizio universitario (pur a fronte dell’anomala prestazione dell’attività assistenziale in diverso luogo e presso struttura ospedaliera non facente capo all’Università di appartenenza: che è ciò che, di base, giustifica il fatto stesso del convenzionamento), ma non ai fini del riconoscimento della perequazione economica qui rivendicata; e ciò in considerazione dell’assorbente ragione per cui l’Università di Foggia, quale che ne siano le ragioni, non si è giovata delle prestazioni assistenziali di cui il ricorrente vorrebbe essere pienamente indennizzato, salvo che per i periodi – già riconosciuti dal primo giudice – compresi tra il mese di agosto 2000 ed il mese di febbraio 2001 (in cui il ricorrente è stato destinato a svolgere attività, in qualità di ricercatore universitario equiparato a dirigente medico di primo livello, assistenziali ambulatoriali di chirurgia pediatrica nell’ambito dell’Unità operativa di Chirurgia d’urgenza a direzione universitaria dell’Azienda ospedaliera di Foggia) nonché, con continuità, a decorrere dal 1 marzo 2004, e cioè da quando il B., divenuto professore associato con atto del 16 novembre 2000, è stato chiamato dall’Azienda OspedalieroUniversitària di Foggia a prestare servizio presso l’Unità operativa di Chirurgia Pediatrica in qualità di responsabile di struttura complessa.

In definitiva, il richiamato principio di necessaria e inderogabile inscindibilità, per il personale medico universitario, tra attività didattica a attività assistenziale comporta che deve essere respinta, con l’appello, la pretesa dell’odierno appellante e consistente nel diritto ad incamerare l’indennità dell’art. 31 del citato decreto presidenziale per tutto il periodo compreso dal 1 agosto 2000 al 29 febbraio 2004; per conseguenza, ritenuta la legittimità dell’atto di recupero (ad eccezione dei periodi indicati e già riconosciuti dal primo giudice), va integralmente confermata l’impugnata sentenza.

Le spese di questo grado di giudizio possono essere compensate tra le parti, in considerazione della particolarità della questione trattata.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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