Cass. civ. Sez. II, Sent., 14-03-2011, n. 5933 Recesso e risoluzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con distinti atti di citazione, notificati tra il 28 dicembre 2001 e il 4 gennaio 2002, N.G., I.V., T. G.M. e F.M.G. proponevano appello avverso la sentenza resa dal Tribunale di Roma il 24 aprile 2001, con la quale erano stati condannati, a titolo di saldo del corrispettivo di un appalto edile e previa la sua risoluzione per inadempimento degli stessi appellanti, al pagamento, in favore della TE. Tecnica Edile s.r.l., della somma di L. 47.862.326, oltrechè il solo T. a quella di ulteriori L. 1.350.000.

L’adita Corte di appello di Roma, con sentenza n. 381/2005, depositata il 27 gennaio 2005, dichiarava inammissibili gli appelli di T.G.M. e F.G.; dichiarava contumaci i medesimi F. e T. nella causa promossa rispettivamente dalla I. e dalla N.; riduceva la condanna della N. e della I. sino alla concorrenza di L. 21.304.116, oltre i.v.a. e provvedeva complessivamente sulle spese del grado.

A sostegno dell’adottata sentenza, la Corte territoriale rilevava, innanzitutto, che non erano state rinvenute in atti le procure alle liti del T. e della F., che nelle rispettive citazioni in appello si assumevano rilasciate "nel giudizio di primo grado". Con riferimento alla posizione della I. e della N. si riteneva che non poteva trovare accoglimento la domanda proposta in primo grado con riguardo ai lavori che non erano riconducibili al preventivo approvato, atteso il difetto di elementi a conforto della tesi del relativo assenso da parte delle stesse I. e N..

Avverso la suddetta sentenza della Corte di appello di Roma hanno proposto rituale ricorso, in via principale, T.G.M. e F.M.G., articolato in due motivi, avverso il quale si sono costituite tutte le parti intimate con appositi controricorsi contenenti, ognuno, ricorso incidentale, basato, quello del Fallimento T.E. Tecnica Edile s.r.l., su un unico motivo, quello di I.V., su tre motivi, e quello di N.G. su due motivi.
Motivi della decisione

1. Innanzitutto, i ricorsi complessivamente proposti devono essere riuniti perchè relativi all’impugnazione della stessa sentenza ( art. 335 c.p.c.).

2. Con il primo motivo i ricorrenti principali hanno censurato la sentenza impugnata (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3,4 e 5) per violazione e falsa applicazione degli artt. 83, 84, 168, comma 2, artt. 347, 348 c.p.c. e degli artt. 73, 123 bis, art. 132 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 112 c.p.c., nonchè per omessa pronunzia e per motivazione contraddittoria ed insufficiente su di un punto decisivo della controversia. Secondo la prospettazione dei ricorrenti la Corte territoriale, nel rilevare la mancanza negli atti di parte della procura rilasciata nel giudizio di primo grado (a margine delle comparse di risposta), non aveva considerato come l’omessa produzione dei fascicoli di parte – che non poteva ritenersi causa sufficiente a determinare la dichiarazione di inammissibilità dell’appello ai sensi del nuovo testo dell’art. 348 c.p.c. – non consentiva di affermare la carenza di procura apposta a margine della comparsa di risposta di primo grado. Peraltro, i medesimi ricorrenti hanno aggiunto che, in realtà, non risultava acquisito in grado di appello il fascicolo d’ufficio di primo grado nella sua interezza giacchè dall’esame dello stesso non emergeva alcuno degli atti degli stessi ricorrenti e, quindi, neppure delle comparse di riposta con l’inerente procura, atti, questi, che il cancelliere del giudice di prima istanza avrebbe dovuto inserire, in copia conforme, nel suddetto fascicolo d’ufficio e che, successivamente, sarebbe dovuto pervenire alla Corte di appello di Roma, la quale, quindi, avrebbe dovuto assumere ogni provvedimento necessario alla sua ricostruzione, assegnando, se del caso, anche termine alle parti.

2.1. Con il secondo motivo i ricorrenti principali hanno dedotto – con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della causa, nonchè l’omessa considerazione di atti processuali. In sostanza, essi hanno censurato la sentenza impugnata per vizio motivazionale nella parte in cui aveva affermato apoditticamente l’inesistenza della procura senza che la Corte territoriale avesse chiarito quali accertamenti aveva operato per pervenire a tale risultato e, contraddicendo l’attestazione che essi erano rappresentati e difesi dagli avv.ti Simona Napoletani e Antonio Spinoso (nei procedimenti già iscritti a ruolo), aveva dichiarato l’inammissibilità dell’appello, senza prendere in considerazione i motivi proposti da essi istanti.

2.2. Entrambi i motivi prospettati dai ricorrenti principali, che possono essere esaminati congiuntamente perchè evidentemente connessi, sono infondati e vanno, pertanto, rigettati.

Posto, in generale, che nel giudizio di appello è onere della parte produrre in giudizio il proprio fascicolo di primo grado, essendo esclusa – di norma – la trasmissione al secondo giudice, unitamente al fascicolo d’ufficio, anche dei fascicoli di parte (v. Cass. 12 aprile 2006, n. 8528), deve ricordarsi che i documenti si considerano ritualmente prodotti in giudizio quando siano posti nella reale disponibilità dell’ufficio per essere inseriti nel fascicolo di parte, con l’adempimento delle formalità previste dagli artt. 74 e 87 disp. att. c.p.c., da cui la conseguenza che, nel caso di mancato rinvenimento di documenti nel giudizio di appello, affinchè sorga l’obbligo del giudice di disporne la ricerca, con i mezzi a sua disposizione, eventualmente disponendo l’attività ricostruttiva del loro contenuto, la parte è tenuta a dedurre e a riscontrare di avere adempiuto le formalità stabilite per il loro deposito (cfr. Cass. 18 febbraio 2003, n. 2404; Cass. 21 giugno 2004, n. 11497, e, da ultimo, Cass. 15 dicembre 2010, n. 25354).

Del resto, costituisce principio altrettanto generale (fatto proprio dalle SU. nella sentenza 23 dicembre 2005, n. 28498) che è onere dell’appellante, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale, produrre, o ripristinare in appello se già prodotti in primo grado, i documenti sui quali egli basa il proprio gravame o comunque attivarsi, anche avvalendosi della facoltà, ex art. 76 disp. att. c.p.c., di farsi rilasciare dal cancelliere copia degli atti necessari, a condizione che siano stati regolarmente depositati.

Orbene, nella fattispecie di cui trattasi, la Corte territoriale ha dato conto come, sulla scorta degli atti depositati a seguito della proposta impugnazione, non fossero rinvenibili le procure alle liti del T. e della F., assunte – nel corpo delle citazioni in appello – come rilasciate nel giudizio di primo grado, circostanza questa confermata dal mancato inserimento (verificabile in questa sede in virtù della natura processuale del motivo dedotto:

cfr. Cass. 8 giugno 2007, n. 13415) dell’atto difensivo (la comparsa di costituzione e di risposta riferita al giudizio di primo grado) tra i documenti depositati sia nel giudizio di prima istanza che in quello di secondo grado, siccome non ricompresi nei rispettivi indici dei documenti sottoscritti dal cancelliere (ai sensi dell’art. 74 disp. att. c.p.c., comma 4) nelle corrispondenti date del 3 gennaio 2001 e del 9 dicembre 2004, a nulla rilevando il rinvenimento di una copia informe della suddetta comparsa di costituzione e di risposta, non recante alcun riscontro dell’attestazione dell’ufficialità del suo deposito e del suo inserimento nell’elenco degli atti effettivamente presentati al cancelliere.

Pertanto, non emergendo alcuna prova – sulla scorta dei documenti acquisiti – della ritualità della produzione in appello, nei fascicoli dei ricorrenti principali, della procura contenuta nella comparsa di risposta riferita alla costituzione nel giudizio di primo grado, la Corte territoriale – con motivazione essenziale ma esaustiva – non poteva che rilevare il difetto di "ius postulando in sede di gravame e, in virtù dei principi precedentemente richiamati, non era tenuta a disporre ulteriori ricerche da parte della cancelleria per risalire al menzionato atto processuale. Oltretutto, anche recentemente, la giurisprudenza di questa Corte ha stabilito sulla questione che il mancato reperimento della procura alle liti non impone al giudice di disporre le i opportune ricerche tramite la cancelleria e, in caso di insuccesso, concedere un termine alla parte per la ricostruzione del proprio fascicolo (cfr. Cass. 10 dicembre 2008, n. 28942, e Cass. 2 marzo 2010, n. 4958), quando manchino, peraltro, i presupposti per la sua regolarizzazione ai sensi dell’art. 182 c.p.c., nel caso di specie nemmeno invocata.

3. Il controricorrente Fallimento TE. Tecnica Edile s.r.l. ha proposto ricorso incidentale (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) fondato sull’unico motivo relativo all’omessa e insufficiente motivazione della sentenza impugnata circa un punto decisivo e alla violazione e falsa applicazione degli artt. 1661 e 1665 c.c., con riferimento all’intervenuto accoglimento degli appelli per quanto atteneva ai lavori non riconducibili al preventivo approvato, in virtù della ritenuta mancanza di elementi a conforto della tesi del relativo assenso da parte della I.V. e della N.G..

3.1. Il motivo non è meritevole di pregio poichè, oltre a non evidenziare compiutamente le ragioni attraverso le quali il giudice del gravame sarebbe incorso nella supposta violazione di legge, si risolve, in effetti, nella sollecitazione – attraverso il dedotto vizio motivazionale (anche in considerazione della contrapposizione con quanto ritenuto dal giudice di primo grado in ordine alle acquisite risultanze istruttorie) – di un riesame nel merito della controversia in relazione alla valutazione delle prove raccolte circa la sussistenza del contestato assenso, che non si profila ammissibile nella presente sede di legittimità. Costituisce, infatti, principio costante della giurisprudenza di questa Corte (v., tra le tante, Cass. 25 maggio 2006, n. 12446; Cass. 7 marzo 2007, n. 5274, e Cass. 19 marzo 2009, n. 6694) che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della sua coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, con la conseguenza che, con il motivo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non può essere fatto valere il contrasto della ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di merito con il convincimento e con le tesi della parte, perchè, se si opinasse diversamente, l’indicato motivo di ricorso finirebbe per risolversi in una richiesta di sindacato di legittimità sulle valutazioni riservate al giudice di merito.

4. La controricorrente I.V. ha formulato ricorso incidentale strutturato in tre motivi, ovvero per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, in relazione agli artt. 1321 e segg. c.c., per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, in relazione all’art. 232 c.p.c. e, infine, per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, in relazione agli artt. 1453 e segg. c.c. e all’art. 112 c.p.c.. In particolare, con il primo motivo ha contestato la sua ritenuta partecipazione all’accordo contrattuale quale committente in relazione agli elementi probatori che aveva preso il considerazione la Corte territoriale. Con il secondo motivo, peraltro intimamente connesso al primo, la I. ha lamentato l’insufficienza della motivazione e l’illegittimità delle norme applicate con riferimento alla ricostruzione operata dal giudice di appello circa la manifestazione del suo consenso all’esecuzione dei lavori del contratto di appalto dedotto in controversia. Con il terzo motivo, la I., pur rilevando che la Corte territoriale aveva correttamente rilevato la fondatezza del motivo riconducitele alla violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver il Tribunale pronunciato la risoluzione dell’appalto senza che fosse stata proposta una domanda in tal senso, ha dedotto l’erroneità della conseguente affermazione della Corte di appello capitolina con la quale aveva ritenuto che difettasse l’interesse della I. (come della N.) ad ottenere una tale pronuncia non avendo, a sua volta, chiesto l’adempimento del contratto.

4.1. Rileva il collegio che i primi due motivi sono destituiti di fondamento, poichè, in effetti, si risolvono in una confutazione delle valutazioni di merito compiute dalla Corte territoriale circa l’effettività della sua partecipazione al contratto di appalto, mediante l’accertato riscontro ricollegabile a plurimi e convergenti elementi probatori (di cui viene dato sufficientemente conto nel percorso argomentativo della sentenza impugnata), anche di carattere testimoniale, che avevano consentito di ritenere come ammessi, ai sensi dell’art. 232 c.p.c., i fatti dedotti nell’interrogatorio formale deferito alla ricorrente, in ordine al quale la stessa aveva scelto di non rispondere. Pertanto, così come già illustrato con riguardo al motivo del ricorso incidentale formulato dalla società appaltatrice, i dedotti motivi si concretano nella richiesta di una revisione del ragionamento decisorio delle risultanze di merito delle prove acquisite – e, quindi, in una rivisitazione degli apprezzamenti di fatto effettuata dalla Corte di appello – non ammessa in questa sede di legittimità. 4.2. E’ fondato, invece, il riportato terzo motivo, perchè effettivamente si prospetta illegittima l’argomentazione operata dalla Corte territoriale che, se da un lato, ha ravvisato il vizio di extrapetizione nella decisione del Tribunale che aveva pronunciato d’ufficio la risoluzione del contratto, dall’altro lato, ha ritenuto, in modo illogico, che tale doglianza non potesse considerarsi utilmente proposta perchè proveniente da una parte che non aveva chiesto l’adempimento del contratto. La statuizione della Corte di appello di Roma è, perciò, incorsa nella denunciata violazione, avendo erroneamente stabilito che solo chi ha chiesto l’adempimento del contratto avrebbe interesse ad eccepire l’illegittimità della pronuncia di risoluzione dello stesso contratto. Peraltro, nel caso di specie, la Corte territoriale ha mancato di rilevare che i convenuti nel giudizio diretto ad ottenere l’adempimento contrattuale del pagamento del corrispettivo da parte dell’appaltatore si erano costituti ed avevano eccepito l’infondatezza della domanda sul presupposto che i lavori non erano stati eseguiti a regola d’arte, per cui si erano avvalsi dell’eccezione di inadempimento prevista dall’art. 1460 c.c., la quale aveva consentito di paralizzare la domanda di adempimento della controparte ed era idonea anche ad escludere il diritto della stessa controparte di far accertare o di domandare la risoluzione del contratto (v. Cass. 13 aprile 2000, n. 4809, e Cass. 28 marzo 2001, n. 4529).

5. La controricorrente N.G. ha proposto ricorso incidentale basato su due motivi, ossia per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, in relazione agli artt. 1453 e segg. c.c. e all’art. 112 c.p.c., oltre che per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, in relazione agli artt. 1655 e segg. c.c..

5.1. Il primo motivo è speculare al terzo proposto con il ricorso incidentale dalla I.V., appena esaminato, ragion per cui deve essere accolto sulla base delle stesse argomentazioni (qui integralmente richiamate), considerata anche la medesima posizione sostanziale rivestita dalla N.. Il secondo motivo, riferito ad un aspetto dell’inadempimento della ditta appaltatrice, viene ad essere assorbito in virtù dell’accoglimento dell’altro motivo che incide sulle reciproche e complessive obbligazioni corrispettive delle parti del contratto di appalto.

6. In definitiva, deve concludersi pronunciandosi il rigetto sia del ricorso principale che di quello incidentale proposto dal Fallimento T.E. Tecnica Edile s.r.l., e l’accoglimento, per quanto di ragione (in relazione agli specificati motivi) dei ricorsi incidentali formulati da I.V. e N.G. (da rigettarsi per il resto), con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa dinanzi ad altra Sezione della Corte di appello di Roma, che si atterrà, limitatamente ai motivi accolti, ai principi evidenziati e provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale; accoglie il primo motivo del ricorso incidentale proposto nell’interesse di N.G., assorbito il secondo motivo; rigetta il primo e secondo motivo del ricorso incidentale formulato nell’interesse di I.V. e accoglie il terzo motivo; rigetta il ricorso incidentale proposto nell’interesse del fallimento T.E. Tecnica Edile s.r.l.; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.

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