Cons. Stato Sez. VI, Sent., 03-02-2011, n. 771 Condono

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

E’ impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania n. 1475 del 7 settembre 2005, che ha respinto il ricorso proposto dal dante causa dell’odierna appellante (signor Giuseppe Conforti, coniuge poi deceduto) avverso il decreto del Direttore generale del Ministero per i beni culturali e ambientali del 4 novembre 1996, recante l’annullamento del provvedimento n. 141 del 23 agosto 1996 del sindaco del Comune di Capaccio con cui, su istanza del Conforti, si esprimeva parere favorevole, ai sensi dell’art. 32 l. 28 febbraio 1985, n. 47, al rilascio della concessione edilizia in sanatoria per le opere realizzate in località Laura nel Comune di Capaccio fg. 30 particelle 473, 565 e 616.

L’appellante reitera in questo grado le censure già articolate in primo grado, evidenziando: a) la inammissibile sostituzione, da parte della Autorità ministeriale in sede di annullamento, nelle valutazioni afferenti la compatibilità dell’intervento edilizio con il vincolo paesaggistico già positivamente espresse dalla Amministrazione comunale; b) l’erroneità del rilievo in ordine alla pretesa carenza motivazionale dell’autorizzazione rilasciata dal Comune di Capaccio; c) la disparità di trattamento rispetto ad altri interventi edilizi ricadenti nella stessa zona; d) da ultimo la violazione del termine per l’esercizio del potere di annullamento ministeriale sulla autorizzazione già rilasciata dall’Autorità locale.

Si è costituita in giudizio la intimata Amministrazione per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione.

All’udienza del 17 dicembre 2010 il ricorso in appello è stato trattenuto per la decisione.

L’appello è infondato.

Con il primo motivo d’appello si censura l’articolazione di inammissibili valutazioni di merito ad opera dell’autorità ministeriale in sede di esercizio del potere di annullamento sulla autorizzazione paesaggistica rilasciata dall’amministrazione locale (quale ente subdelegato dalla Regione).

La censura non è suscettibile di favorevole scrutinio.

L’autorità ministeriale, se pur si è soffermata a rilevare la non compatibilità dell’intervento edilizio realizzato dalla parte appellante con il vincolo paesaggistico gravante sull’area, ha sostanzialmente evidenziato un vizio consistente nella la carenza di motivazione del provvedimento autorizzatorio comunale, rilevando quindi a carico dell’atto annullato un tipico vizio di legittimità. Avrebbe infatti il Comune dovuto spiegare nel suo atto quali erano gli elementi tali da ravvisare la compatibilità paesaggistica tra il manufatto e il contesto vincolato. Le successive valutazioni espresse dall’Autorità statale in ordine alla non compatibilità dell’intervento con il vincolo paesaggistico gravante sul terreno di che trattasi sono ulteriori rispetto all’economia del provvedimento di annullamento, ma non intaccano, per la loro ultroneità del caso concreto, la portata di quel rilievo di illegittimità che è titolo sufficiente per l’annullamento.. Esse perciò non valgono ad inficiare la legittimità dell’annullamento, una volta che risulti in concreto acclarato il difetto motivazionale della autorizzazione paesaggistica.

Il provvedimento di annullamento evidenzia, infatti, che l’atto comunale " non contiene un minimo di motivazione dalla quale sia possibile chiarire sulla base di quali criteri l’Autorità decidente ha positivamente valutato la compatibilità della permanenza delle opere abusive con l’esigenza di tutela del contesto ambientale vincolato" e tanto è sufficiente, in disparte le ulteriori considerazioni svolte dall’Autorità ministeriale nello stesso provvedimento, a legittimare l’adozione del gravato atto di annullamento.

Nel merito va osservato che nel rilasciare l’autorizzazione paesaggistica oggetto di successivo annullamento ministeriale, l’Autorità comunale ha semplicemente prestato assenso al parere positivo reso dalla Commissione edilizia del Comune di Capaccio il 25 giugno 1996. Sennonché, anche detto parere, il cui semplice richiamo, secondo l’appellante, sarebbe sufficiente ad integrare il requisito motivazionale dell’atto autorizzatorio, risulta sfornito di congrua motivazione in ordine alla decisiva questione della compatibilità dell’intervento con il vincolo gravante sul terreno, dato che lo stesso si limita ad osservare, con mera formula di stile, priva di contenuto effettivo e di ogni specifico riferimento al caso di specie, che "l’intervento non appare tale da risultare pregiudizievole per l’ambiente circostante". Né in diverso avviso potrebbe condurre il rilievo secondo cui nel richiamato parere dell’organo tecnico del Comune di Capaccio sia stata dettata la prescrizione esecutiva della necessaria sostituzione del manto di copertura in eternit con un tipo tradizionale, atteso che anche tale prescrizione non può di per sé sostituire il giudizio di compatibilità dell’edificio realizzato con il vincolo paesaggistico.

Quanto all’ulteriore questione della disparità di trattamento circa pretesi (e non allegati) provvedimenti favorevoli rilasciati in relazione ad altri interventi edilizi nella medesima area vincolata, la censura non merita accoglimento atteso non solo che non è possibile verificare, in carenza di indicazioni più specifiche, l’assunto, ma soprattutto che eventuali illegittimità occorse in sede di rilascio di autorizzazioni non dovute (ovvero mai annullate) non potrebbero costituire idoneo presupposto per qualificare immuni da vizi provvedimenti contra legem (ovvero meritevoli di caducazione giurisdizionale provvedimenti di annullamento che abbiano rilevato, come nel caso di specie, la illegittimità dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata).

Da ultimo, in ordine alla pretesa violazione del termine di sessanta giorni per la notifica dell’annullamento ministeriale, è giurisprudenza costante di questo Consiglio di Stato (Cons. Stato, VI, 19 luglio 1996 n. 968; 7 ottobre 2003, n. 5903; 14 gennaio 2004, n. 69; 25 gennaio 2005, n. 160) da cui non si ravvisano ragioni per discostarsi, quella secondo cui il termine di cui all’art. 82 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (riprodotto dall’art. 159 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) si riferisce all’adozione dell’atto e non anche alla comunicazione al destinatario, trattandosi di atto non recettizio. Poiché il detto termine perentorio decorre dalla ricezione del provvedimento autorizzatorio munito della integrale documentazione di corredo, e tenuto conto che tale documentazione è pervenuta all’autorità statale soltanto il 20 settembre 1996, correttamente il primo giudice ha ritenuto la tempestività dell’annullamento adottato il 4 novembre 1996, vale a dire entro il termine medesimo.

In definitiva, per le ragioni svolte, il ricorso in appello va respinto.

Le spese del grado seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore della Amministrazione appellata, delle spese e competenze di questo grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.000,00 (tremila), oltre IVA e CAP come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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