Cass. civ. Sez. II, Sent., 14-03-2011, n. 5931 Confini

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.E., proprietario di un terreno agricolo sito in (OMISSIS), contrada (OMISSIS), agiva in regolamento dei confini ed apposizione di termini nei confronti di P.G., proprietario di un fondo contiguo, assumendo che questi aveva modificato lo stato dei luoghi esistente da tempo immemorabile, creando lungo il confine una zona di possesso promiscuo e, dunque, di controversa appartenenza.

Il convenuto resisteva alla domanda e, all’esito dell’istruzione probatoria svolta, il Tribunale di Velletri (in esito a riassunzione del giudizio, dapprima instaurato innanzi al Pretore) regolava il confine sulla base della planimetria allegata alla seconda relazione del c.t.u., geom. N., e condannava il convenuto ad apporre, a spese comuni, termini lapidei sul confine determinato.

La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 2495/04 pubblicata il 26.5.204, rigettava l’impugnazione proposta da P.G..

La Corte capitolina riteneva di condividere la decisione del giudice:

di primo grado, assunta sulla base di due consulenze tecniche che avevano ricostruito la linea di confine a stregua della consolidata situazione possessoria, avuto riguardo alla coltivazione dei terreni rispettivamente svolta dalle parti, le quali utilizzavano la mezzeria della striscia di terreno oggetto di possesso promiscuo, e tenuto conto, altresì, del fatto che sostanzialmente conformi alle conclusioni della seconda consulenza tecnica d’ufficio espletata in primo grado erano risultati gli esiti della c.t.u. svolta in appello.

Pertanto, giudicava corrette e riteneva di far proprie le conclusioni del c.t.u., supportate da non contestate operazioni di rilievo strumentale, sulla scorta della mappa catastale e dei rilievi fotografi allegati alla c.t.u.. In particolare, respinta la tesi del c.t. di parte convenuta, che localizzava il confine lungo il filare di chiusura del fondo P., la Corte osservava che la relazione del c.t.u. aveva concluso nel senso della mancanza di elementi probanti tali da consentire di risalire in maniera oggettiva all’originario confine, di guisa che l’unico criterio idoneo era quello di considerare lo stato di possesso attuale, e quindi "mediando tra le rappresentazioni grafiche, identificare il primo tratto di confine con la linea di mezzeria della striscia di terreno utilizzabile per le manovre dei mezzi agricoli", fascia che era della larghezza di circa mt. 3,60, compresa tra il filare di vite che partiva dal palo in cemento e il filare che parte in asse con il pilone della luce.

Per la cassazione di detta sentenza ricorrono P.E., L. e A., figli ed eredi di P.G., con tre motivi d’impugnazione, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso P.E..
Motivi della decisione

1. – In via pregiudiziale va respinta l’eccezione, sollevata dalla parte intimata, d’inammissibilità del ricorso. L’eccezione si basa sull’erroneo presupposto che il ricorso per cassazione sia stato notificato decorso il termine ordinario d’impugnazione; il che non è, visto che la sentenza d’appello è stata pubblicata il 26.5.2004, non risulta notificata, e la notifica del ricorso, a mani del procuratore domiciliatario, si è perfezionata il 23.6.2005, e dunque entro il termine ordinario di cui all’art. 327 c.p.c., maggiorato per effetto del periodo di sospensione feriale ex Lege n. 742 del 1969. 11 – Quanto, poi, all’asserita violazione dell’art. 330 c.p.c., ultimo comma. per essere stato notificato il ricorso, decorso l’anno dalla pubblicazione della sentenza, al procuratore domiciliatario e non alla parte personalmente, è sufficiente ricordare che l’impugnazione non preceduta dalla notificazione della sentenza impugnata e successiva all’anno dalla pubblicazione di questa, ma ancora ammessa per effetto della sospensione del termine di cui all’art. 327 durante il periodo feriale, va notificata non alla parte personalmente, bensì, indifferentemente, a scelta del notificante, o presso il procuratore della medesima costituito nel giudizio a quo o nel domicilio eletto ovvero nella residenza dichiarata per quel giudizio (v. Cass. S.U. n. 12593/93 e successive conformi).

2. – Manifestamente destituita di fondamento è, altresì, l’ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso, che attribuisce valore di acquiescenza al pagamento della somma di Euro 4.000,00 in acconto sul maggior debito effettuato in esito alla sentenza d’appello da P.E., senza espressa riserva d’impugnazione e senza che gli fosse stato notificato neppure un atto di precetto. E’ sufficiente osservare che l’eccezione si pone in contrasto con l’interpretazione dell’art. 329 cpv. c.p.c. consolidatasi nella cinquantennale giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’adeguamento alle statuizioni di una sentenza esecutiva non costituisce acquiescenza alla stessa e pertanto non si configura come comportamento idoneo ad escludere l’ammissibilità dell’impugnazione; ne consegue che deve ritenersi ammissibile il ricorso per cassazione della parte già soccombente in grado d’appello e che abbia ottemperato alla sentenza di condanna al pagamento di somme, dovendosi presumere da tale comportamento unicamente la finalità di evitare l’esecuzione forzata ed altri più gravi pregiudizi (ex multis e tra le più recenti, Cass. nn. 11798/03, 18187/07, 13630/09 e 13429/10); e ciò vale anche quando il pagamento sia parziale (cfr., tra le più risalenti, Cass. n. 3228/62) sicchè è di nullo rilievo il fatto che l’importo corrisposto non sarebbe sufficiente (come nella specie sostiene il controricorrente) ad evitare un’eventuale esecuzione forzata.

3. – Del pari infondata, infine, è l’eccezione di inammissibilità, per carenza di interesse, del ricorso limitatamente alla posizione processuale di A. e P.L..

Sostiene la parte intimata che gli stessi ricorrenti dichiarano nel ricorso che P.G. è deceduto il 14.3.2003 (evento non dichiarato nel processo d’appello) e che sin dal 7,11.1988 il fondo oggetto dell’azione di regolamento dei confini apparteneva, per la nuda proprietà, al solo P.E., per donazione fattane dal padre, che si era riservato l’usufrutto. Pertanto, P.A. e L. non avrebbero interesse alcuno in causa, salvo che per evitare la soccombenza nelle spese, relativamente alle quali, però, essi non hanno proposto alcuno motivo di impugnazione.

3.1. – Premesso che non è contestata la qualità di eredi degli odierni ricorrenti, va osservato che l’eccezione non tiene conto del fatto che sebbene il rapporto sostanziale controverso non rientri nel patrimonio dei ridetti due ricorrenti, il debito del de cuius avente ad oggetto il pagamento delle spese di lite prescinde, per l’autonomia del rapporto giuridico processuale, dalla trasmissione del bene della vita per cui questi ha agito o resistito in giudizio, e come tale grava sugli eredi, che ne rispondono verso il creditore in via parziaria secondo le rispettive quote d’eredità in base all’art. 754 c.c..

4. – Tutti e tre i motivi d’impugnazione sono rubricati sotto la violazione dell’art. 950 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e sotto l’insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. 4.1. – Con il primo si deduce che il giudice d’appello ha condiviso la decisione del Tribunale, che, a sua volta, ha assunto a base della decisione la ricostruzione della linea di confine così come operata dal c.t.u.. Sennonchè le motivazioni addotte dal c.t.u. oltre che carenti sotto il profilo tecnico, come evidenziato dal consulente di parte convenuta, sarebbero secondo parte ricorrente contraddittorie e insufficienti a giustificare la soluzione prescelta.

Il motivo riporta, quindi, alcuni passi della prima relazione del c.t.u. che esordisce affermando la ricostruzione della linea di confine sulla scorta della mappa catastale, giudicandola più che indicativa circa l’andamento del confine stesso, per poi contraddirsi lì dove, di poi, sostiene che la situazione catastale appare assurda e conferma la non probatorietà dei relativi dati. Segue, nella medesima relazione del c.t.u., l’abbondano delle risultanze catastali e l’individuazione del confine secondo quella che attualmente è la situazione possessoria, e l’osservazione, contraddittoria secondo i ricorrenti, per cui da un lato la coltivazione dei fondi da parte sia attrice che convenuta giunge sino alla mezzeria della striscia di terreno contesa, e dall’altro l’affermazione che lungo i due fondi è posta una porzione di terra incolta, a cavallo delle coltivazioni, di cui le parti si servono per manovrare con mezzi agricoli, sicchè non è chiaro se la parte contestata sia incolta o lavorata.

Ancora più contraddittoria, assume parte ricorrente, è la conclusione cui perviene il ct. il, il quale dopo aver affermato che detta zona è larga mt. 3,40 e che il confine tra i fondi è quello che attualmente ne delimita il rispettivo possesso, cioè la mezzeria della fascia di terreno intermedia della larghezza totale di mt.

3,40, conclude che il confine corre alla distanza di mt. 1,20 dalle coltivazioni dell’attore e del convenuto, senza considerare che 1,20 + 1,20, da una larghezza di 2,40 e non di 3.40. 4.2. – Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano che la Corte territoriale non ha tenuto in alcun conto le osservazioni svolte dal consulente di parte convenuta con riguardo sia alle due relazioni del c.t.u. in primo grado, sia a quella del c.t.u. nominato in appello.

Trascrive integralmente, quindi, ampi brani della relazione del c.t.p. per poi concludere che la Cotte d’appello ha sbrigativamente affermato che i rilievi di quest’ultimo sono stati giustamente disattesi dal Tribunale, atteso che la localizzazione della "foglietta", cioè del filare di chiusura del fondo P., non appare argomento risolutivo, poichè dai rilievi fotografici in atti risulta che la striscia in contestazione rappresenta la sede viaria in disuso sottratta alla coltivazione.

La contraddittorietà o comunque l’insufficienza di bile motivazione, assume parte ricorrente, risulta di tutta evidenza sol che si consideri che a) la cd. "foglietta" costituisce una chiusura che non lascia sicurtà possibilità di passaggio con mezzi agricoli; b) è irrilevante che la striscia di terreno oggetto di causa sia coltivata o adibita a sede stradale, dato che se il fondo P. è chiuso dalla "foglietta", questa impedisce il passaggio sia verso il terreno coltivato, sia verso l’eventuale strada; c) se fosse vero quanto ritenuto dalla Corte d’appello, ossia che determinante in senso contrario è risultata la deposizione della teste B., che ha riferito della pregressa esistenza in loco di un viale in possesso esclusivo del P., non si comprenderebbe perchè detta striscia di terreno non sia state assegnata per intero a quest’ultimo, dato che il confine è stato individuato sulla base della situazione possessoria. Inoltre, la teste ha inteso evidentemente riferirsi ad altro viale situato all’interno della proprietà P., tra la cd. "foglietta" e il primo filare di viti, visto che la stessa parte attrice ha sostenuto che il P. aveva modificato lo stato dei luoghi creando una situazione di possesso promiscuo.

4.3. – Con il terzo motivo si deduce che la Corte d’appello, dopo aver premesso di voler far proprie le conclusioni assunte dal c.t.u. in quanto supportate da non contestate operazioni di rilievo strumentale, sulla scorta della mappa catastale e dei rilievi fotografici allegati, ha poi contraddittoriamente sostenuto che date l’assolute indeterminatezza della situazione catastale l’unico criterio valido era considerare lo stato di possesso attuale, e quindi, ha sostenuto la Corte, "mediando tra le rappresentazioni grafiche, identificare il primo tratto del confine con la linea di mezzeria della striscia di terreno utilizzata per le manovre dei mezzi agricoli". Ha proseguito il giudice d’appello affermando che "tale fascia, della larghezza media di circa 3,60 mt. è compresa tra il filare di vite che parte dal palo in cemento ed il filare che parte in asse con il pilone della luce. Pertanto, il confine tra i due fondi, per il tratto graficamente rappresentato da A-B si viene a trovare ad una distanza di circa 1.30 mt. dai filari descritti".

Ma, rileva parte ricorrente, se la striscia di terreno è larga mt.

3,60, la sua linea mediana è a mt. 1,80, e non 1,30.

Infine, osserva, la sentenza della Corte d’appello non riproduce il vero lì dove afferma che le operazioni di rilievo strumentale sarebbero state "non contestate". Al contrario il ct di parte convenuta nella sua relazione depositata il 23.1.2004 ha segnalato vari errori commessi del secondo c.t.u. e indicato, invece, quale avrebbe dovuto essere il percorso logico da seguire. Riporta, quindi, un ampio stralcio di tale relazione del c.t.p. per poi concludere nel senso dell’evidente contraddittorietà e lacunosità della motivazione della sentenza impugnata.

5. – Tutti e tre i motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati, in quanto attraverso l’apparente deduzione del vizio di contraddittorietà della motivazione, sollecitano un riesame in sede di legittimità delle risultanze delle c.t.u. espletate.

Giova ricordare che è fermo orientamento di questa Corte che: a) il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5. sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte perchè la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico – formale e della correttezza giuridica, l’esame, e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento , e, all’uopo, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. S.U. n. 5802/98 e successive conformi tra cui, da ultimo, Cass. n. 27162/09); b) in ogni caso, per poter considerare la motivazione adottata dal giudice di merito adeguata e sufficiente, non è necessario che nella stessa vengano prese in esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in tal caso ritenere implicitamente disattese tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass. nn. 2272/07, 14084/07 e 14084/07); c) il vizio di omessa od insufficiente motivazione, denunciabile con ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, sussiste solo quando nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile una obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento, mentre il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della ratio decidendi, e cioè l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione adottata (Cass. nn. 6064/08, S.U. 26825/09 e 7394/10).

5.1. – Da tali premesse è agevole ricavare che non ogni passaggio dialettico, potenzialmente contrastante con un altro, legittima la censura di contraddittorietà della motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ma solo quello che determina un’insanabile discrasia del ragionamento, tale da non consentire di comprenderne i nessi e, in definitiva, le stesse opzioni di tipo argomentativo o deduttivo selezionate come base logica della decisione.

5.2. – Nello specifico, le censure mosse alla sentenza impugnata, identificati taluni punti della relazione del ctu., cui ha aderito la Corte d’appello, e della stessa motivazione della sentenza, ne coglie o contraddittorietà soltanto apparenti, o asseriti contrasti con i dati dell’istruzione probatoria, la cui valutazione, se assistita da congruo e logico supporto motivazionale, si sottrae al sindacato di legittimità. 5.2.1. – In particolare, premettere che le mappe catastali mostrino l’andamento dei terreni confinanti non significa ritenere che, oltre a ciò, le stesse siano a tal punto precise da risultare decisive per regolare il confine, nè elide o compromette altrimenti l’affermazione del giudice d’appello che ha ben chiarito di condividere la valutazione del c.t.u., il quale, giudicati non probanti i dati catastali, si è avvalso di quanto ritraibile dalla situazione possessoria, mediando tra le rappresentazioni grafiche e identificando "il primo tratto di confine con la linea di mezzeria della striscia di terreno utilizzabile per le manovre dei mezzi agricoli". 5.2.2. – Nè appare intrinsecamente contraddittoria la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui indica tale fascia come avente la larghezza media di circa mt. 3,60, e una distanza dai filari di vite di rispettiva proprietà delle parti di mt. 1,30.

L’assunto dei ricorrenti, che nella non corrispondenza aritmetica della somma delle due ridette distanze (mt. 1,30 + mt. 1,30) con la larghezza complessiva della striscia di terreno la cui mezzeria rappresenta il confine, rinviene un elemento di contraddittorietà, presuppone in realtà un giudizio di puro fatto. Ed infatti, la sentenza della Corte capitolina precisa che il confine, "per il tratto graficamente rappresentato da A-B, si viene a trovare ad una distanza di circa 1,30 mt. dai filari descritti", affermazione, questa, che lascia intendere, semmai, il richiamo ad un dato grafico parziale ("per il tratto …") della c.t.u., e dunque ad un elemento esterno di carattere istruttorio, che per sua stessa definizione eccede l’ambito del controllo di logicità interna della motivazione.

5.2.3. – Del pari non accoglibile è la censura diretta a lamentare come "sbrigativo" il rigetto dei rilievi del c.t.p. di parte appellante, rigetto la cui confutazione ad opera dei ricorrenti è affidata all’esame critico delle fotografie allegate alla relazione tecnica di detta parte, e dunque, anche in tal caso, ad un dato estrinseco che attiene alla valutazione delle prove e non alla tenuta logica dell’impianto motivazionale.

5.2.4. – Considerazioni analoghe valgono anche per la terza censura, incentrata sull’esatta derivazione delle particelle catastali di rispettiva proprietà delle parti, che non sarebbero state presenti al momento dell’impianto del Nuovo Catasto nel 1926, ma sarebbero state inserite solo successivamente. Tale motivo non soltanto si basa su pure ed estrinseche valutazioni di fatto, ma altresì riproducendo un intero brano della relazione del c.t. di parte appellante, si colloca in una dimensione temporale anteriore alla stessa sentenza impugnata, a definitiva riprova del fatto che più che segnalare incongruità o contraddittorietà della motivazione, ti motivo sollecita un rinnovato – e come tale inammissibile in questa sede di legittimità – esame del materiale istruttorio esaminato dai consulenti tecnici d’ufficio.

6 – In conclusione il ricorso va respinto.

7. – Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza dei ricorrenti.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese, che liquida in Euro 3.700,00, di cui 200,00 per spese vive, oltre spese generali e forfetarie di studio, IVA e CPA come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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