Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 14-03-2011, n. 5921 Indennità varie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

T.S. adiva il Tribunale di Caltanissetta nei confronti del Comune di San Cataldo, chiedendo che, previa declaratoria della validità di un accordo transattivo tra le parti, il Comune venisse condannato al pagamento della somma complessiva di Euro 70.014,63 o di quell’altra, maggiore o minore, che sarebbe risultata nel corso del giudizio, oltre interessi e rivalutazione.

Esponeva, al riguardo, che egli era stato dipendente, quale dirigente dell’ufficio tecnico, del Comune di San Cataldo fino al 28.2.1994, data in cui era stato collocato in pensione; che, inquadrato come capo ripartizione, aveva rivendicato l’indennità di funzione, poi denominata retribuzione di posizione, connessa al trattamento economico della prima qualifica dirigenziale; che la questione era stata poi risolta con l’accordo transattivo derivante dal verbale del 4.12.1998, dalla deliberazione della Giunta Municipale del Comune di San Cataldo n. 477 del 30.12.1998 e dalla deliberazione del Consiglio Comunale n. 40 del 31.3.1999; che, in particolare, con l’atto del 4.12.1998 le parti avevano convenuto che l’amministrazione comunale riconosceva al T. la retribuzione di posizione prevista dal D.P.C.M. 29 gennaio 1996, artt. 39 e 40 e l’indennità di funzione D.P.R. n. 333 del 1990, ex art. 38, nella misura dello 0,90, con impegno ad adeguare gli stipendi del dipendente a partire dall’1.1.1999 e ad erogare le relative spettanze anche con ricorso all’accensione di un mutuo, mentre il T. si impegnava a rinunziare al contenzioso instaurato con ricorso straordinario al presidente della regione e alla corresponsione degli interessi, della rivalutazione e di quant’altro sarebbe spettato a seguito di esito favorevole del contenzioso; che l’efficacia degli impegni assunti dal T. rimaneva subordinata alla esecutività degli atti deliberativi che avrebbero dovuto essere adottati dalla Giunta Municipale e dal Consiglio Comunale (oltre che all’effettivo soddisfo delle somme dovute e al rispetto dei termini stabiliti); che con provvedimento del 30.12.1998 n. 477 la Giunta municipale del Comune di San Cataldo (previo annullamento in autotutela della deliberazione di Giunta n. 1148 del 7.12.1994, nella parte concernente l’attribuzione dell’indennità di funzione) attribuiva al dipendente la predetta indennità annua ai sensi del D.P.R. n. 333 del 1990, art. 38, rideterminando conseguentemente il trattamento economico spettante al dipendente e la somma da corrispondere a conguaglio; che con Delib. 31 marzo 1999, n. 40, il Consiglio comunale riconosceva, ai sensi del D.Lgs. n. 77 del 1995, art. 37, comma 1, lett. e), il debito fuori bilancio concernente gli emolumenti dovuti all’istante;

che, però, con lettera del 30.11.1999 era comunicato al T. l’avvio del procedimento per l’annullamento, con efficacia ex tunc, delle deliberazioni di Giunta Municipale e del Consiglio Comunale precedentemente indicate.

Il T. contestava con il ricorso al Tribunale la legittimità dell’annullamento delle deliberazioni dell’amministrazione comunale, deducendo che si era in presenza di una regolare transazione che aveva determinato, in capo al dipendente, la costituzione di diritti soggettiva di carattere patrimoniale intangibili e ormai definitivi, e che si giustificava quindi la sua azione diretta alla declaratoria della validità dell’accordo transattivo risultante dagli atti richiamati e alla condanna della controparte al pagamento delle somme ancora dovute in forza dello stesso.

Il Comune resisteva alla domanda. Deduceva l’inesistenza di un accordo transattivo, di cui mancavano i presupposti di sostanza e di forma, e l’infondatezza delle pretese del ricorrente, anche in relazione al rigetto del ricorso straordinario e all’insussistenza dei presupposti dell’indennità di funzione. Eccepiva comunque l’inammissibilità della domanda per intervenuta decadenza e il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.

In via riconvenzionale deduceva l’annullabilità per errore di diritto della pretesa transazione e la nullità e risolvibilità della stessa.

Il Tribunale di Caltanissetta dichiarava il proprio difetto di giurisdizione, rilevando, da un lato, che la maturazione dei crediti azionati era da riferire a periodi ampiamente antecedenti al 30.6.1998 e, dall’altro, che una transazione non era mai stata stipulata e che i vari atti adottati dall’amministrazione comunale in favore delle pretese del dipendente non avevano valore costitutivo ma solo ricognitivo. Non sussistevano dunque atti successivi alla data suindicata che potessero essere posti a fondamento della pretesa.

Proponevano appello, in qualità di eredi del T., G. D. e F., D. e T.S., facendo valere la tesi della sussistenza della giurisdizione del g.o. e della esistenza di una valida transazione. Al riguardo, in particolare deducevano che la pretesa fatta valere in giudizio trovava il suo fondamento nella transazione posta in essere il 4.12.1998, che integrava la causa petendi, e che si era in presenza di un illecito permanente che aveva alla sua base la delibera di annullamento in via di autotutela, cioè un atto provvedimentale che aveva prodotto l’effettiva lesione del diritto.

La Corte di appello di Caltanissetta riteneva fondato l’appello. In particolare, pur escludendo dubbi sulla validità della transazione invocata dal N., osservava che la questione atteneva al merito della causa e non influiva sulla giurisdizione. Rilevava tuttavia che il ricorrente aveva posto a base dalla domanda l’accordo transattivo del 4.12.1998, al quale andava attribuito valore costitutivo; che con un atto transattivo la pubblica amministrazione regola definitivamente i rapporti e non può quindi successivamente annullare in via di autotutela tale strumento privatistico di gestione dei rapporti; che ne consegue la giurisdizione del giudice ordinario nel caso in cui la p.a., come nella specie, annulli in via di autotutela una transazione, ponendo così in atto un comportamento permanente di inadempimento.

Il Comune di San Cataldo ricorre per cassazione con un motivo. Gli eredi di T.S. resistono con controricorso. Memorie di entrambe le parti.
Motivi della decisione

1. Il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45, sostituito dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7.

Si censura l’affermazione della giurisdizione ordinaria riguardo alla domanda proposta dal T. e coltivata dai suoi eredi.

Innanzitutto, delineato il contenuto sia del verbale in data 4.12.1998 che delle successive deliberazioni degli organi dell’amministrazione comunale, si sostiene che non è stata posta in essere alcuna transazione. Questo tipo di atto deve essere previamente approvata dalla Giunta comunale (L. R. n. 26 del 1993, art. 41) e successivamente stipulato a pena di nullità assoluta in forma scritta ( R.D. n. 2440 del 1923, artt. 16 e 17). Nella specie il richiamato verbale conteneva solo impegni di natura programmatica e le successive delibere avevano la mera natura di atti ricognitivi di benefici economici o di debiti fuori bilancio. Non si era quindi verificata alcuna novazione.

Doveva quindi darsi rilievo al fatto che erano in questione asseriti diritti sorti in epoca antecedente alla devoluzione delle controversie del pubblico impiego al giudice ordinario, peraltro in relazione ad un rapporto conclusosi in data antecedente al 30.6.1998, con conseguente giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, a norma di legge.

2. Ai fini della decisione, in considerazione della circostanza della conclusione nel corso del 1994 del rapporto di lavoro alle dipendenze di una pubblica amministrazione dedotto in giudizio, assume rilievo decisivo e assorbente il principio enunciato da queste Sezioni unite – in sede di interpretazione della disciplina transitoria in materia di giurisdizione dettata, in occasione della conclusione dell’iter normativo sulla cd. privatizzazione dei rapporti di lavoro subordinato alle dipendenze della pubblica amministrazione, dal D.Lgs. n. 80 del 1998 e poi recepita dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, – secondo cui "qualsivoglia controversia avente ad oggetto obbligazioni nascenti da un rapporto di lavoro cessato anteriormente alla data del 30 giugno 1998 è esclusa dal novero di quelle conoscibili in sede di giurisdizione ordinaria, poichè – attesa l’imprescindibile relazione che il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 69, comma 7, (e, prima di esso, il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 45, comma 17) istituisce, attraverso il requisito dell’attinenza, tra il suddetto "dato storico" ed un determinato "periodo del rapporto di lavoro" – il necessario presupposto di ogni collegamento della controversia con tale giurisdizione è la sussistenza di un segmento del rapporto stesso temporalmente collocabile dopo la menzionata data" (Cass. S.U. n. 17633/2003;

16530/2008; 8316/2010; 18049/2010).

Nè al riguardo può assumere rilievo la richiesta in giudizio di accertamento della conclusione di una transazione tra le parti e della sua validità, neanche in ragione della asserita posteriorità di tale transazione rispetto alla data del 30 giugno 1998. Infatti, da un lato, come si è già osservato, la circostanza della conclusione di un rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione entro tale data è determinante e assorbente ai fini della attribuzione delle controversie relative alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, e, dall’altro, detta transazione avrebbe avuto solo la finalità di regolare gli effetti del rapporto intercorso tra le parti e non anche quella di attribuire al rapporto stesso una qualificazione diversa da quella di rapporto di lavoro alle dipendenze del Comune ora ricorrente, per esempio quella di rapporto di lavoro autonomo (cfr. Cass., sez. un., n. 26621/2007 e 25258/2009).

3. Il ricorso deve quindi essere accolto, con dichiarazione della giurisdizione del giudice amministrativo, cassazione della sentenza impugnata e rimessione della parti davanti al tribunale amministrativo regionale competente per territorio, al quale si rimette anche la regolazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo; cassa la sentenza impugnata e rimette le parti, anche per le spese del giudizio di cassazione, davanti al tribunale amministrativo regionale competente per territorio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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