Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 14-03-2011, n. 5920 Vigili urbani

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

N.D. adiva il Tribunale di Caltanissetta nei confronti del Comune di San Cataldo, chiedendo che, previa declaratoria della validità di un accordo transattivo tra le parti, il Comune venisse condannato al pagamento della somma complessiva di Euro 73.804.61 o di quell’altra, maggiore o minore, che sarebbe risultata nel corso del giudizio, oltre interessi e rivalutazione.

Esponeva, al riguardo, che egli era dipendente – comandante dei vigili urbani – del Comune di San Cataldo; che, inquadrato come capo ripartizione, aveva rivendicato l’indennità di funzione, poi denominata retribuzione di posizione, connessa al trattamento economico della prima qualifica dirigenziale; che la questione era stata poi risolta con l’accordo transattivo derivante dal verbale del 4.12.1998, dalle deliberazioni della Giunta municipale del Comune di San Cataldo nn. 476 e 483 del 30.12.1998 e dalla deliberazione del Consiglio comunale n. 40 del 31.3.1999; che, in particolare, con l’atto del 4.12.1998 le parti avevano convenuto che l’amministrazione comunale riconosceva al N. la retribuzione di posizione prevista dal D.P.C.M. 29 gennaio 1996, artt. 39 e 40 e l’indennità di funzione D.P.R. n. 333 del 1990, ex art. 38, nella misura dello 0,90, con impegno ad adeguare gli stipendi del dipendente a partire dall’1.1.1999 e ad erogare le relative spettanze anche con ricorso all’accensione di un mutuo, mentre il N. si impegnava a rinunziare al contenzioso instaurato con ricorso straordinario al presidente della regione e alla corresponsione degli interessi, della rivalutazione e di quant’altro sarebbe spettato a seguito di esito favorevole del contenzioso; che l’efficacia degli impegni assunti dal N. rimaneva subordinata alla esecutività degli atti deliberativi che avrebbero dovuto essere adottati dalla Giunta Municipale e dal Consiglio Comunale (oltre che all’effettivo soddisfo delle somme dovute e al rispetto dei termini stabiliti); che con provvedimento del 30.12.1998 n. 472 la Giunta municipale del Comune di San Cataldo (previo annullamento in autotutela della deliberazione di Giunta n. 1148 del 7.12.1994, nella parte concernente l’attribuzione dell’indennità di funzione) attribuiva al dipendente la predetta indennità annua ai sensi del D.P.R. n. 333 del 1990, art. 38, rideterminando conseguentemente il trattamento economico spettante al dipendente e la somma da corrispondere a conguaglio; che con altra Delib. 30 dicembre 1998, n. 483, Giunta municipale attribuiva all’istante la retribuzione di posizione prevista dal C.C.N.L. e provvedeva agli altri adempimenti ivi specificati, mentre con deliberazione n. 40 del 31.3.1999 il Consiglio comunale riconosceva, ai sensi del D.Lgs. n. 77 del 1995, art. 37, comma 1, lett. e), il debito fuori bilancio concernente gli emolumenti dovuti all’istante;

che il Comune di San Cataldo aveva già dato parziale esecuzione alle deliberazioni citate corrispondendo all’istante, sulla somma complessiva dovuta di L. 181.058.260, il 30 per cento circa pari a L. 38.158.400; che, però, con lettera del 30.11.1999 era comunicato al N. l’avvio del procedimento per l’annullamento, con efficacia ex tunc, delle deliberazioni di Giunta municipale e del Consiglio comunale precedentemente indicate.

Il N. contestava con il ricorso al Tribunale la legittimità dell’annullamento delle deliberazioni dell’amministrazione comunale, deducendo che si era in presenza di una regolare transazione che aveva determinato, in capo al dipendente, la costituzione di diritti soggettivi di carattere patrimoniale intangibili e ormai definitivi, e che si giustificava quindi la sua azione diretta alla declaratoria della validità dell’accordo transattivo risultante dagli atti richiamati e alla condanna della controparte al pagamento delle somme ancora dovute in forza dello stesso.

Il Comune resisteva alla domanda, allegando in particolare, in punto di fatto, che in effetti il N. non aveva rinunciato al ricorso straordinario al presidente della regione, che era stato deciso in senso sfavorevole al dipendente con decreto del 13.7.1999, adottato in conformità al parere in data 23.6.1998 del Consiglio di giustizia amministrativa a sezioni riunite. Deduceva l’inesistenza di un accordo transattivo, di cui mancavano i presupposti di sostanza e di forma, e l’infondatezza delle pretese del ricorrente, anche in relazione al rigetto del ricorso straordinario e all’insussistenza dei presupposti dell’indennità di funzione e della retribuzione di posizione.

In via riconvenzionale il Comune chiedeva la restituzione della somma di L. 38.158.400 già corrisposta al N. in forza degli atti poi annullati, oltre che della retribuzione di posizione corrisposta mensilmente allo stesso dall’1.1.1999 al 1.3.2000. Successivamente proponeva l’eccezione di difetto di giurisdizione relativamente alle domande proposte dal N..

Il Tribunale di Caltanissetta dichiarava il proprio difetto di giurisdizione, rilevando, da un lato, che la maturazione dei crediti azionati era da riferire a periodi antecedenti al 30.6.1998 e, dall’altro, che una transazione non era mai stata stipulata e che i vari atti adottati dall’amministrazione comunale in favore delle pretese del dipendente non avevano valore costitutivo ma solo ricognitivo. Non sussistevano dunque atti successivi alla data suindicata che potessero essere posti a fondamento della pretesa.

Il Comune di San Cataldo proponeva appello lamentando omessa pronuncia rispetto alla sua domanda riconvenzionale di ripetizione di indebito, rispetto alla quale avrebbe dovuto essere riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario, tenuto conto che le date dei pagamenti erano successive al 30.6.1998.

Il N. proponeva appello incidentale, contestando la declaratoria di difetto di giurisdizione. Al riguardo, in particolare deduceva che la pretesa fatta valere in giudizio trovava il suo fondamento nella transazione posta in essere il 4.12.1998, che integrava la causa petendi, e che si era in presenza di un illecito permanente che aveva alla sua base la delibera di annullamento in via di autotutela, cioè un atto provvedimentale che aveva prodotto l’effettiva lesione del diritto.

La Corte di appello di Caltanissetta riteneva fondato l’appello incidentale. In particolare, pur escludendo dubbi sulla validità della transazione invocata dal N., osservava che la questione atteneva al merito della causa e non influiva sulla giurisdizione.

Rilevava tuttavia che il ricorrente aveva posto a base dalla domanda l’accordo transattivo del 4.12.1998, al quale andava attribuito valore costitutivo; che con un atto transattivo la pubblica amministrazione regola definitivamente i rapporti e non può quindi successivamente annullare in via di autotutela tale strumento privatistico di gestione dei rapporti; che ne consegue la giurisdizione del giudice ordinario nel caso in cui la p.a., come nella specie, annulli in via di autotutela una transazione, ponendo così in atto un comportamento permanente di inadempimento.

Quanto all’appello principale, osservava che la questione di merito posta dalla domanda riconvenzionale avrebbe potuto essere esaminata nuovamente davanti al giudice di primo grado.

Il Comune di San Cataldo ricorre per cassazione con due motivi. Il N. resiste con controricorso. Memorie di entrambe le parti.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45, sostituito dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7.

Si censura l’affermazione della giurisdizione ordinaria riguardo alla domanda proposta dal N.. Delineato il contenuto sia del verbale in data 4.12.1998 che delle successive deliberazioni degli organi dell’amministrazione comunale, si sostiene che non è stata posta in essere alcuna transazione. Questo tipo di atto deve essere previamente approvato dalla Giunta comunale (L.R. n. 26 del 1993, art. 41) e successivamente stipulato a pena di nullità assoluta in forma scritta ( R.D. n. 2440 del 1923, artt. 16 e 17). Nella specie il richiamato verbale conteneva solo impegni di natura programmatica e le successive delibere avevano la mera natura di atti ricognitivi di benefici economici o di debiti fuori bilancio. Non si era quindi verificata alcuna novazione. Fondatamente quindi il giudice di primo grado aveva dato rilievo al fatto che erano in questione asseriti diritti sorti in epoca antecedente alla devoluzione delle controversie del pubblico impiego al giudice ordinario e precisamente dal 1.10.1990 al 31.12.1997. Unica delibera che semmai poteva rilevare ai fini della giurisdizione era quella di inquadramento del dipendente in data 7.12.1994. 2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.. Si censura la statuizione in merito alla domanda riconvenzionale, osservandosi che, riconosciuta fondatamente la giurisdizione ordinaria riguardo alla stessa in considerazione delle date dei pagamenti, avrebbe dovuto essere provveduto su di essa.

3. Il primo motivo non è fondato.

Occorre richiamare il principio secondo cui il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 69, comma 7, (già D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 45, comma 17), che trasferisce al giudice ordinario le controversie in materie di pubblico impiego privatizzato, fissa il discrimine temporale per il passaggio dalla giurisdizione amministrativa a quella ordinaria, alla data del 30 giugno 1998, con riferimento al momento storico dell’avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze, in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta controversia, con la conseguenza che, ove la lesione del diritto del lavoratore sia prodotta da un atto, provvedimentale o negoziale, deve farsi riferimento all’epoca della sua emanazione (cfr., ex plurimis Cass. S.U. n. 27305/2008 e, precedentemente, nn. 15340/2006, 14853/2006, 27896/2005, 12137/2004, 1154/2000).

Con riferimento alla domanda principale proposta dal N. deve rilevarsi che i fatti posti a suo fondamento sono tutti posteriori al 30 giugno 1998, poichè sono essi identificabili con l’accordo transattivo che la parte allega essersi perfezionato tra le parti sulla base del verbale in data 4.12.1998 e delle successive delibere comunali intervenute successivamente (nel 1998 e nel 1999), nonchè con i successivi atti di annullamento di tali delibere, in quanto posti in violazione dei diritti nascenti dalla transazione. Infatti con la domanda si chiede l’adempimento degli obblighi asseritamente assunti dal Comune con la transazione – la cui esistenza e validità dovrà essere accertata in sede di merito -, mentre non si fanno valere quale ulteriore causa petendi, in via concorrente o subordinata, i fatti inerenti allo svolgimento del rapporto di lavoro all’origine delle rivendicazioni del dipendente che sarebbero state accolte parzialmente dall’amministrazione datrice di lavoro in sede di transazione.

4. Non merita accoglimento neanche il secondo motivo, relativo alla domanda riconvenzionale di ripetizione dell’indebito proposta dal Comune di San Cataldo, per la quale non è in contestazione la giurisdizione ordinaria. Deve rilevarsi infatti che la rimessione al primo giudice, da parte della Corte d’appello, anche della cognizione su tale domanda trova assorbente giustificazione nel fatto che la pronuncia di difetto di giurisdizione del Tribunale si riferiva indubbiamente anche alla domanda riconvenzionale, pur in mancanza di una specifica motivazione sul punto, con la conseguenza che anche rispetto ad essa era applicabile l’art. 353 c.p.c..

5. Il ricorso deve quindi essere rigettato, con dichiarazione della giurisdizione del giudice ordinario. Le parti devono essere rimesse davanti al Tribunale di Caltanissetta, al quale si demanda la regolazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; rimette le parti, anche per le spese del giudizio di cassazione, davanti al Tribunale di Caltanissetta.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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