Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-01-2011) 09-02-2011, n. 4762 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1′. – Con ordinanza deliberata in data 28 gennaio 2010, il Tribunale di Milano, sezione distaccata di Rho accoglieva l’istanza avanzata nell’interesse di O.M. volta a ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione ai sensi dell’art. 671 c.p.p., in relazione alle condanne di cui alla sentenza del Tribunale di Milano, sezione distaccata di Rho del 9 ottobre 2001, della sentenza della Pretura Circondariale di Monza del 3 giugno 1998, della sentenza del Tribunale di Comò del 9 maggio 2001, tutte divenute irrevocabili.

2. – Avverso il citato provvedimento è insorto tempestivamente il Procuratore della Repubblica circondariale chiedendone l’annullamento sia per inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 671 c.p.p., con riferimento all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), atteso peraltro che analoga istanza, in relazione alle medesime sentenze era stata già formulata dal condannato, sia per mancanza e manifesta illogicità della motivazione, con riferimento all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), stante la disomogeneità e discontinuità delle condotte oggetto dei tre provvedimenti di condanna.
Motivi della decisione

3. – Il ricorso è fondato e merita accoglimento: l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Milano, sezione distaccata di Rho.

3.1 – L’art. 671 c.p.p., attribuisce al giudice il potere di applicare in executivis l’istituto della continuazione e di rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati con sentenze irrevocabili secondo i criteri dettati dall’art. 81 c.p. Peraltro, la possibilità di applicazione della disciplina della continuazione in sede esecutiva ha carattere sussidiario e suppletivo rispetto alla sede di cognizione, stante il carattere più completo dell’accertamento e la mancanza dei limiti imposti dall’art. 671 c.p.p. (Cass., Sez. 6^, 8 maggio 2000, n. 225, P.G. in proc. Mastrangelo e altri, rv. 216142). Tra gli indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso non possono non essere apprezzati la distanza cronologica tra i fatti, le modalità della condotta, la tipologia dei reati, il bene protetto, l’omogeneità delle violazioni, la causale, le condizioni di tempo e di luogo.

Anche attraverso la constatazione di alcuni soltanto di detti indici – purchè siano pregnanti e idonei ad essere privilegiati in direzione del riconoscimento o del diniego del vincolo in questione – il giudice deve accertare se sussista o meno la preordinazione di fondo che cementa le singole violazioni (Cass., Sez. 1^, 20 aprile 2000, n. 1587, rv. 215937).

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, per aversi unicità del disegno criminoso occorre che in esso risultino ricomprese le diverse azioni od omissioni sin dal primo momento e nei loro elementi essenziali, nel senso che, quando si commette la prima azione, già si sono deliberate tutte le altre, come facenti parte di un tutto unico. Le singole condotte, quindi, devono essere ricollegate ad un’unica previsione, di cui i diversi reati costituiscano la concreta realizzazione, cosicchè i reati successivamente commessi devono essere delineati fin dall’inizio nelle loro connotazioni essenziali, non potendo identificarsi il requisito psicologico indicato nell’art. 81 c.p., con un generico programma delinquenziale.

Ai fini dell’applicazione della disciplina del reato continuato ex art. 671 c.p.p., la "cognizione" del giudice dell’esecuzione dei dati sostanziali di possibile collegamento tra i vari reati va eseguita in base al contenuto decisorio delle sentenze di condanna conseguite alle azioni od omissioni che si assumo essere "in continuazione". Le sentenze devono essere poste a raffronto per ogni utile disamina, tenendo presenti le ragioni enunciate dall’istante e fornendo del tutto esauriente valutazione. La decisione del giudice di merito, se congruamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità (Cass., Sez. 1^, 5 novembre 2008, n. 44862, Lombardo, rv. 242098;

Sez. 1^, 5 novembre 2008, n. 44861, non massimata; Sez. 5^, 7 maggio 1992, n. 1060, rv. 189980; Sez. 1^, 7 luglio 1994, n. 2229, Caterino, rv. 198420; Sez. 1^, 30 gennaio 1995, n. 05518, Montagna, rv.

200212).

3.2. – Tanto premesso, l’ordinanza impugnata è viziata di legittimità non avendo tenuto innanzitutto conto del fatto che trattavasi quella accolta, secondo quanto assume il ricorrente, di un’istanza già reiterata e rigettata con ordinanza allegata al ricorso ed emessa dal Tribunale sezione distaccata di Rho in data in data 17 settembre 2008. In ogni caso il Tribunale di Sorveglianza nulla argomenta in relazione al precedente provvedimento di rigetto e le ragioni per le quali il quadro di valutazione dovesse ritenersi così radicalmente mutato da meritare una decisione di segno contrario.

3.3. – Il provvedimento gravato inoltre, in relazione ai principi più sopra esposti, ha evidenziato profili erronei di valutazione delle sentenze poste in allegazione all’istanza di continuazione dal momento che ha ritenuto quale elemento utile ai fini della sussistenza dell’unicità del disegno criminoso una non meglio precisata "unica operazione delinquenziale complessa nel corso degli anni" senza chiarire cosa questa espressione, di per sè vuota e quantomeno apodittica, dovesse significare, considerato peraltro che i reati commessi si evidenziavano per la loro non omogeneità dei reati e non contiguità temporale di commissione.

4. – Ne consegue che deve adottarsi pronunzia ai sensi dell’art. 623 c.p.p., come da dispositivo.
P.Q.M.

annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Milano, sezione distaccata di Rho.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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