Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-01-2011) 09-02-2011, n. 4761 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 29/6/10 la Corte di Appello di Milano, giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza presentata da B.G. intesa all’applicazione del regime del reato continuato tra i reati giudicati con due distinte sentenze pronunciate a Palermo (irr. il 21/12/98) e Milano (irr. il 14/5/04): 1) reato associativo finalizzato al traffico di stupefacenti e plurimi episodi di importazione di consistenti quantitativi di hashish provenienti dal (OMISSIS) e sbarcati a (OMISSIS) (fatti commessi dal (OMISSIS), con contestazione fino "ad oggi" per il reato associativo); 2) plurimi fatti di intermediazione nell’acquisto di consistenti quantitativi di cocaina provenienti dalla (OMISSIS) con destinazione (OMISSIS) (fatti commessi dal maggio all’autunno (OMISSIS), con arresto del B. il (OMISSIS)).

L’istanza – rilevava il giudicante – fondava essenzialmente sulla motivazione della prima sentenza, da cui sarebbe emersa la duttilità del modus operandi del gruppo mazarese e la definitiva destinazione dell’hashish a Milano per il tramite del B. e del sodale G., entrambi coinvolti nel secondo procedimento. La Corte escludeva l’unicità del disegno criminoso, evidenziando la notevole distanza temporale tra i due fatti (circa cinque anni) e l’omogeneità tipologica solo apparente degli stessi (il fatto sub 1 era commesso dal B. in posizione apicale di un articolato contesto associativo con specifiche caratteristiche operative, laddove i fatti di Milano, da tempo esaurito il sodalizio di Mazara, aveva come unico elemento di continuità la presenza del G. che ne condivideva lo stato di latitanza).

Ricorreva per cassazione la difesa del B., deducendo con unico motivo la nullità dell’ordinanza per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 81 cpv c.p., e art. 671 c.p.p.: la Corte di Appello avrebbe dovuto considerare con più attenzione la fattispecie, soprattutto alla luce del parere favorevole espresso in sede dal PG. Non aveva invece considerato che la permanenza del primo reato associativo era cessata con la sentenza di primo grado del Tribunale di Marsala del 27/3/95 (a meno di due mesi dalla commissione dei primi fatti illeciti poi oggetto della sentenza di Milano) e che comunque gli ultimi traffici del gruppo siciliano, anche se non addebitati al B. e a G.M. per carenza di prova, si erano protratti fino al 1993. La circostanza inoltre che i destinatari dei detti traffici (con modalità operative e ruoli diversificati) fossero molteplici, e tra questi le famiglie F. di Milano e S. – Bo., doveva far ritenere la loro continuità con i traffici milanesi oggetto del secondo processo, in un tendenziale mantenimento dell’operatività dell’associazione anche durante lo stato di latitanza. Chiedeva pertanto l’annullamento. Nel suo parere scritto il PG presso la S.C. chiedeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso in assenza di elementi specifici e concreti (che incombeva alla parte allegare) che deponessero per la dedotta continuazione.

Il ricorso, vertente su questioni di fatto e manifestamente infondato, è inammissibile. Esso tende a sovrapporre le proprie valutazioni (peraltro fondate su dati congetturali) a quelle correttamente e congruamente espresse dal giudice sulla base degli elementi a disposizione, tutti analiticamente considerati. Ed invero, a fronte della circostanza processualmente accertata che l’associazione mazarese esaurì le proprie condotte illecite nel settembre 1990, la difesa le indica come protratte (ancorchè non provate) fino al 1993, richiamando anche la fictio per cui la cessazione di un reato permanente coincide con la sentenza di primo grado (trascurando, però, che la presunzione è in favore del condannato, laddove non risulti una cessazione anteriore). Il fatto che il componente (sia pure di spicco) di un’associazione (sia pur flessibile e multiforme) operativa in (OMISSIS) per il traffico di hashish che ha tra i suoi clienti gruppi milanesi dopo qualche anno riappaia latitante (insieme ad altro componente) proprio a Milano, trafficando in cocaina in forma concorsuale, non dimostra evidentemente che le due condotte fossero oggetto di una comune e preventiva ideazione o, di più (mancando ogni dato di identità), che la seconda fosse una prosecuzione della prima perdurata nel tempo nonostante lo scompaginamento per intervento giudiziario della sua forma associata: in assenza di concreti e specifici elementi diversamente significativi appare solo, come ben argomentato dal giudice di merito, una scelta di vita delinquenziale, vie più motivata dalla latitanza.

Alla dichiarazione di inammissibilità segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una congrua sanzione pecuniaria, non risultando assenza di colpa del ricorrente nella proposizione del ricorso (Corte Cost. sent. n. 186/2000.
P.Q.M.

visto l’art. 606 c.p.p., comma 3, e art. 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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