Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 15-03-2011, n. 6035 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.G. conveniva in giudizio l’INPS dinanzi al Tribunale di Savona per ottenere La rivalutazione dell’anzianità contributiva di cui dalla della legge 27 marzo 1992 n. 257,art. 13, comma 8, avendo prestato attività lavorativa dal 17 gennaio 1980 ali 8 maggio 1993, presso la OMSAV s.r.l., (già ITALSIDER e NUOVA ITALSIDER) con esposizione all’amianto in qualità di "manutentore elettronico presso i vari reparti dello stabilimento". L’INPS si costituiva in giudizio eccependo, in, via pregiudiziale l’inammissibilità del ricorso per mancata presentazione di domanda amministrativa adeguatamente documentata e, nel merito, contestava il fondamento della domanda.

Il Tribunale, sentiti testimoni e disposta c.t.u., accoglieva il ricorso, dichiarando il diritto del ricorrente alla rivalutazione dell’anzianità contributiva mediante l’applicazione, nei suoi confronti, del coefficiente 1,5 per il periodo 17 gennaio 1980 – 8 maggio 1993. Avverso tale decisione ha proposto appello l’INPS che, richiamata la normativa in materia, rilevava che sarebbe stato onere del P. dimostrare la sua personale esposizione al rischio, onere non soddisfatto dato che la relazione peritale aveva fatto riferimento alle considerazioni assunte nella consulenza tecnica d’ufficio relativa alla vertenza tra altro collega e l’INPS. Lamentava inoltre che le conclusioni dell’ausiliare erano comunque state raggiunte con valutazione meramente probabilistica, essendo lo stabilimento OMSAV smantellato da anni.

La Corte di appello di Genova, rinnovata la c.t.u., con sentenza del 16 giugno 2008, accoglieva il gravame e respingeva la domanda del P..

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il P., affidato a due motivi. Resiste l’INPS con controricorso.
Motivi della decisione

1.- Con primo motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio ( art. 360 cod. proc. civ., n. 5), nonchè omessa motivazione circa il disposto rinnovo della c.t.u. esperita in primo grado.

Deduceva che il giudice di appello, a fronte di esaustiva c.t.u. disposta in primo grado ed a fronte dell’ulteriore documentazione prodotta, che ne confermava la correttezza, non poteva disporre una nuova c.t.u. senza evidenziare l’insufficienza della prima.

Nella specie il rinnovo della consulenza era stato disposto sulla base del presupposto che il primo ausiliare non avesse adeguatamente accertato la personale esposizione dei singoli ricorrenti al rischio di inalazione di polveri di amianto come previsto dalla legge. Che tale presupposto risultava erroneo, avendo il c.t.u. nominato dal Tribunale accertato tale circostanza.

Che parimenti superflua si appalesava la c.t.u. quale strumento diretto ad accertare la presenza della prescritta concentrazione di fibre di amianto nell’aria (cd. c.t.u. ambientale) presso lo stabilimento OMSAV di Savona, posto che tale circostanza era già stata più volte accertata da altre consulenze disposte dalla medesima Corte genovese.

Che pertanto già risultava che i lavoratori interessati, e tra questi il P., erano stati esposti alla inalazione di fibre di amianto, nella misura e per il tempo stabiliti dalla legge. Lamentava che la seconda c.t.u. risultava insufficiente ed in contrasto con la documentazione acquisita, ed in particolare con la relazione FINTECNA, CONTARP e INAIL. Formulava il prescritto quesito di diritto.

2. – Con secondo motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio ( art. 360 cod. proc. civ., n. 5), in ordine alla contestata inattendibilità della c.t.u. esperita in grado di appello.

Lamentava il ricorrente che tale ausiliare aveva già manifestato, nel corso delle operazioni peritali, il suo pregiudizio e preoccupazioni di ordine economico pubblico circa il massiccio riconoscimento dei benefici previdenziali in esame, come risultava (indirettamente) dalla lettera inviata dal ct. di parte al c.t.u. e dal riconoscimento di una esposizione all’inalazione di fibre di amianto in concentrazioni solo di poco inferiori (0,082) a quelle previste (0,1).

La Corte genovese non provvide alla sostituzione del c.t.u. ex art. 196 c.p.c., nè alla richiesta di chiarimenti, limitandosi a recepirne l’elaborato, finendo per sottrarre la consulenza al principio del contraddittorio in violazione dell’art. 184 c.p.c., comma 4.

Elementi in tal senso dovevano trarsi anche dal contrasto delle conclusioni peritali con gli accertamenti eseguiti dall’INAIL, che secondo la Corte di Cassazione era sufficiente a fondare il diritto alla maggiorazione contributiva di legge.

Evidenziava che il giudice di appello, ove si trovi di fronte a contrastanti consulenze tecniche, può condividere le conclusioni dell’una o dell’altra, fornendo tuttavia adeguata motivazione (Cass. n. 5206 del 1980, n. 9842 del 1997, n. 418 del 1998). Senza considerare che le conclusioni del secondo c.t.u. avevano formato oggetto di specifiche contestazioni.

Lamentava che il criterio numerico di 110 fibre per litro (0,1 per centimetro cubo) era di per sè relativo e difficilmente quantificabile con esattezza (Cass. n. 16119 del 2005), sicchè nella specie a maggior ragione la Corte d’appello avrebbe dovuto congruamente motivare in ordine alla preferenza accordata alla seconda relazione peritale. Formulava il prescritto quesito di diritto.

3. – I motivi, stante la loro evidente connessione, possono essere congiuntamente trattati e risultano infondati. Deve subito chiarirsi che, superato l’orientamento secondo cui il giudice che aderisca alle conclusioni di una delle due consulenze espletate non è obbligato ad indicare le ragioni per cui disattende la contraria valutazione dell’altro C.T.U., Cass n. 3517 del 2000, questa Corte ha successivamente affermato, sentenze n. 9567 del 2001, n. 9300 del 2004, n. 4850 del 2009, che qualora il giudice di appello, esaminando i risultati di due successive consulenze tecniche di ufficio disposte in primo grado e fra loro contrastanti aderisca al parere del secondo consulente respingendo quello del primo, la motivazione della sentenza è sufficiente anche se tale adesione non sia specificamente giustificata ove il parere cui è prestata adesione fornisca gli elementi che consentano, su un piano positivo, di delineare il percorso logico seguito e, su un piano negativo, di escludere la rilevanza di elementi di segno contrario, siano essi esposti nella seconda relazione o deducibili "aliunde". La suddetta specifica giustificazione è, invece, necessaria nella diversa ipotesi di adesione alle conclusioni della prima di due divergenti consulenze tecniche disposte dallo stesso giudice.

Nel primo caso, te doglianze di parte, che siano dirette al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico e non individuino gli specifici passaggi della sentenza idonei ad inficiarne, anche per derivazione dal ragionamento del consulente, la logicità, non possono configurare l’anzidetto vizio di motivazione.

Deve inoltre notarsi l’infondatezza della censura del ricorrente circa la superfluità del rinnovo della c.t.u. per essere già state disposte altre consulenze inerenti il medesimo stabilimento OMSAV dal medesimo organo giudicante. Ed invero non solo tali consulenze non risultano nè allegate nè riportate in ricorso, in contrasto col principio dell’autosufficienza, ma non è neppure chiaro se da esse risulti la presenza della prescritta concentrazione di polveri di amianto. Deve poi considerarsi che l’accertamento necessita di una valutazione caso per caso, con riferimento alle mansioni svolte, all’ambiente (ad esempio aperto o chiuso) di lavoro specifico, alla durata dell’esposizione, etc. Deve parimenti notarsi che la censura secondo cui il primo ausiliare, la cui relazione parimenti non risulta depositata, avrebbe tenuto presenti tutti tali parametri, risulta smentito dalle stesse deduzioni del ricorrente, da cui non risulta la valutazione specifica dei tempi di esposizione e della specifica concentrazione delle fibre di amianto, per le quali lo stesso ricorrente fa riferimento alle valutazioni CONTARP. 4. – Deve a questo punto evidenziarsi che la rinnovazione della c.t.u., rientrante nei poteri discrezionali e di apprezzamento dei fatti da parte del giudice di merito, risulta adeguatamente motivata dalla circostanza, chiaramente esposta nella sentenza impugnata, che nella relazione di primo grado non era contenuto alcun dato soggettivo di valutazione; non era stata utilizzata alcuna formula di calcolo e non era stata fornita alcuna indicazione concreta circa l’ammontare dell’esposizione.

Deve poi notarsi che risulta in contrasto con quanto emerge dalla sentenza impugnata, la circostanza che la prima c.t.u. non avrebbe formato oggetto di specifiche contestazioni, sicchè non vi sarebbe stata alcuna ragione per il suo rinnovo, avendo l’appellante INPS censurato specificamente l’accertamento peritale di prime cure.

Risulta ancora che il c.t.u. nominato nel giudizio di appello ha attentamente esaminato le risultanze dell’istruttoria testimoniale ed ha raccolto dati e documentazione relativi all’ambiente di lavoro presso la società OMSAV ove i ricorrenti in primo grado hanno svolto la propria attività lavorativa, rilevando per ciascun ambiente di lavoro e per ciascuna mansione svolta i dati necessari per la risposta alle dette questioni. Sono stati inoltre individuati i livelli di concentrazione di fibre di amianto per tipo di attività, utilizzando a tale fine quelli reperibili presso la banca dati Amyant presso l’INAIL. Infine, dovendosi ancora individuare le frequenze di esposizione, in mancanza di risultanze specifiche agli atti, la Corte di merito ha considerato come il CTU le avesse correttamente valutate calcolando, con stima abbondante, i tempi di esposizione con riferimento a ciascuna lavorazione ed all’attività per esse richieste ai lavoratori addetti.

Sulla base dei dati così acquisiti è stata calcolata la esposizione media annua, facendo applicazione della formula utilizzata per la valutazione della concentrazione di fibre di amianto che viene utilizzata dalla CONTARP, organo tecnico dell’INAIL. Risulta dunque che, come rilevato dalla corte di merito, il c.t.u. ha congruamente e logicamente accertato che il P. non ha subito un’esposizione ad amianto tale da superare il livello di soglia previsto dalla legge quale presupposto per il beneficio richiesto.

5 – Nel secondo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 156, 194, 195 c.p.c. e art. 90 disp. att. c.p.c. per violazione del contraddittorio e nullità della CTU, determinate, secondo il ricorrente, dal fatto che il consulente tecnico di ufficio non aveva ottemperato alle prescrizioni del provvedimento di conferimento dell’incarico, nel quale il giudice d’appello aveva previsto, per il CT di parte, la facoltà – in concreto esercitata – di chiedere all’ausiliare tecnico di mettere una bozza della sua relazione a disposizione, per eventuali osservazioni scritte da consegnargli prima del deposito della relazione stessa. Sottolinea il ricorrente che la questione della nullità e quella relativa alla violazione dei diritti della difesa erano state sollevate all’udienza del 30.5.2008, ma che il giudice d’appello le avrebbe ignorate limitandosi a recepire le conclusioni dell’elaborato.

6. Il motivo, oltre che inammissibile nella parte in cui non è allegato nè riportato in ricorso, in contrasto col principio dell’autosufficienza, il verbale della detta udienza, è infondato ove si consideri che nessuna norma del codice di rito impone al consulente tecnico di ufficio di fornire ai consulenti di parte una "bozza" della propria relazione; al contrario le parti possono legittimamente formulare critiche solo dopo il deposito dell’elaborato peritale, atteso che il loro diritto ad intervenire alle operazioni tecniche anche a mezzo dei propri consulenti deve essere inteso non come diritto a partecipare alla stesura della relazione, che è atto riservato al consulente d’ufficio, ma soltanto all’accertamento materiale dei dati da elaborare (cfr. Cass. n. 24792 del 2010). Il fatto, pertanto, che, nella specie, il consulente di ufficio non abbia ottemperato al provvedimento del giudice d’appello dal contenuto più sopra descritto non comporta certamente nullità della consulenza, ma, al massimo, una irregolarità, peraltro non tradottasi in nocumento del diritto di difesa, tant’è che la sentenza impugnata riferisce espressamente (pag. 3) che l’elaborato del c.t.u. era stato "..discusso con i consulenti di parte.." e lo stesso ricorrente ammette di " .. avere tempestivamente contestato la c.t.u., mettendo in discussione l’imparzialità, la ritualità dell’indagine e la attendibilità delle conclusioni del perito…" (pag. 22 del ricorso). Irrilevante, pertanto, è la mancanza di una esplicita pronuncia della Corte territoriale sulle questioni sopra indicate.

Nè può, invero, dubitarsi della imparzialità del c.t.u., rispetto alle valutazioni da compiere ( e poi espresse) con riferimento alla posizione lavorativa dell’odierno ricorrente, per il solo fatto che l’ausiliare avesse in qualche modo paventato le conseguenze di ordine politico-economico derivanti dal numero di domande (all’epoca) pendenti per il riconoscimento dei benefici previdenziali riconosciuti dalla L. n. 257 del 1992 ai lavoratori esposti all’amianto, rilevando esclusivamente la correttezza della relazione depositata, di cui si è ampiamente detto.

7. – La Corte territoriale, dunque, non solo ha motivatamente rinnovato la consulenza, ma ha anche correttamente e con adeguata e logica motivazione, preferito le valutazioni del secondo ausiliare, per avere quest’ultimo sufficientemente valutato, oltre ai singoli elementi fattuali di specie, quelli emergenti dalla documentazione in atti ed invocata dagli stessi dipendenti. Deve del resto considerarsi che, come chiarito nella medesima sentenza n. 16119 del 2005 di questa Corte richiamata dal ricorrente, l’attribuzione dell’eccezionale beneficio di cui alla L. 27 marzo 1992, n. 257, art. 13, comma 8, (nel testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. n. 271 del 1993, art. 1, comma 1), presuppone l’assegnazione ultradecennale del lavoratore a mansioni comportanti un effettivo e personale rischio morbigeno, a causa della presenza nel luogo di lavoro, di una concentrazione di fibre di amianto superiore ai valori limite indicati nel D.Lgs. n. 277 del 1991; al fine del riconoscimento di tale beneficio, non è necessario che il lavoratore fornisca la prova atta a quantificare con esattezza la frequenza e la durata dell’esposizione, potendo ritenersi sufficiente, qualora ciò non sia possibile, avuto riguardo al tempo trascorso e al mutamento delle v condizioni di lavoro, che si accerti, anche a mezzo di consulenza tecnica, la rilevante probabilità di esposizione del lavoratore al rischio morbigeno, attraverso un giudizio di pericolosità dell’ambiente di lavoro, con un margine di approssimazione di ampiezza tale da indicare la presenza di un rilevante grado di probabilità di superamento della soglia massima di tollerabilità.

Risulta pertanto infondata anche la doglianza con cui il ricorrente si duole della opinabilità dei dati e della sospetta quantificazione delle concentrazioni di fibre nella misura dello 0,082%, essendo necessario un rilevante grado di probabilità di superamento della soglia dello 0,1%. Risultano per il resto inammissibili le ulteriori doglianze alla c.t.u. disposta nel giudizio di appello, traducendosi in semplice dissenso diagnostico, non attinente a vizi del processo logico formale del giudizio e traducendosi, quindi, in un’inammissibile critica del convincimento del giudice", e plurimis, Cass. n. 9988 del 2009, Cass. n. 8654 del 2008, Cass. n. 15796 del 2004. 8. – Il ricorrente invoca infine provvedimenti INAIL di riconoscimento dell’esposizione all’amianto.

Essi riguardano tuttavia pacificamente un periodo inferiore ai prescritti dieci anni, e non risultano neppure prodotti, rendendo la censura inammissibile, non essendo neppure possibile valutare se tali accertamenti siano stati eseguiti dall’INAIL sulla base degli atti di indirizzo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, come richiesto dalla L. 31 luglio 2002, n. 179, art. 18, comma 8, confermata anche dalla L. n. 247 del 2007 art. 1, comma 20. 9. – Il ricorso deve pertanto respingersi.

Nulla per le spese, risultando inapplicabile, ratione temporis, il D.L. n. 269 del 2003, art. 42.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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