Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 15-03-2011, n. 6032 Disoccupazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al Tribunale di Lucera, Q.A., operaio agricolo a tempo determinato, premesso di aver percepito il trattamento speciale di disoccupazione agricola relativo all’anno 2001 in misura inferiore a quella spettante, conveniva in giudizio l’INPS, per ivi sentire accertare il suo diritto alla riliquidazione della predetta prestazione temporanea, sulla base della retribuzione giornaliera fissata dalla contrattazione collettiva integrativa della provincia di appartenenza, anzichè in base al salario medio convenzionale rilevato nell’anno 1995 e non più incrementato negli anni successivi e, per l’effetto, condannare l’Istituto previdenziale alla corresponsione dell’importo differenziale tra quanto dovuto a seguito dell’anzidetta riliquidazione e quanto corrisposto, oltre le spese.

A fondamento della propria domanda l’istante assumeva che, sebbene fino al 1997 le indicate prestazioni temporanee fossero state determinate prendendo a base di calcolo il cd. salario medio convenzionale e tale salario, per il periodo 1995 1997 e per effetto della L. n. 549 del 1995, (art. 2, n. 17) fosse rimasto "cristallizzato", tuttavia, in virtù di quanto successivamente disposto dal D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, art. 4 e, quindi, dell’intervenuto "superamento", nella provincia di appartenenza ed a far data dal 1998, del cd. salario medio convenzionale (fermo al 1995) da parte del cd. salario reale (ossia la retribuzione fissata, per tutte le qualifiche, in sede di contrattazione collettiva integrativa), l’importo delle predette prestazioni temporanee avrebbe dovuto essere calcolato non più sulla base del cd. salario medio convenzionale "congelato" ma sulla scorta del cd. salario contrattuale.

Il Tribunale accoglieva la domanda, con condanna dell’INPS al pagamento delle spese di lite. Avverso tale pronuncia proponeva appello l’INPS. La parte privata resisteva al gravame.

La Corte di appello di Bari, acquisiti i documenti prodotti, all’udienza del 29.1.09, respingeva il gravame. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’INPS, affidato ad unico motivo.

L’assicurato è rimasto intimato.
Motivi della decisione

1.- Con unico articolato motivo, l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 44, 49 e 53 del C.C.N.L. per gli Operai Agricoli e Florovivaisti del 10 luglio 1998 in relazione al D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, art. 6, comma 4, lett. a), nonchè in relazione agli artt. 1362 e ss. c.c., art. 2120 cod. civ., e alla L. 29 maggio 1982, n. 297, art. 4, commi 10 e 11, in relazione art. 360 c.p.c., n. 3.

La Corte d’Appello di Bari aveva ritenuto che l’emolumento denominato "quota di TFR" corrisposto agli operai agricoli a tempo determinato, fosse giuridicamente una componente della retribuzione correntemente dovuta agli operai agricoli a tempo determinato, e perciò utile alla determinazione della prestazione di disoccupazione, e non invece salario differito, escluso ai sensi del D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 6, comma 4, lett. a, sia dalla base imponibile dei contributi previdenziali, sia dalla retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in agricoltura.

La Corte d’Appello di Bari – proseguiva l’INPS – pur prendendo atto di quanto stabilito dal citato art. 6, respingeva il gravame ritenendo che la voce retributiva esclusa dalla base imponibile utilizzata per l’individuazione della retribuzione da prendere in esame per la determinazione dei contributi e delle prestazioni previdenziali, relativamente agli operai agricoli a tempo determinato, non avesse natura giuridica di trattamento di fine rapporto.

2. – Il motivo è fondato.

Questa Corte si è nuovamente espressa sulla questione nella recente sentenza n. 202 del 2011 (e in numerose altre conformi pronunce), ribadendo quanto già affermato nella sua precedente decisione n. 10546/2007, secondo la quale "Ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario medio convenzionale del D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, ex art. 4 – non è comprensiva del trattamento di fine rapporto", osservando ulteriormente, a conforto del suddetto principio, che attribuire alla voce "quota di t.f.r." una natura giuridica diversa da quella espressamente indicata dalle parti stipulanti i contratti collettivi provinciali – a partire da quello del 27.11.1991 – non è consentito dalla disposizione di cui al D.L. 14 giugno 1996, n. 318, art. 3, convertito in L. 29 luglio 1996, n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi non può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi. Ha affermato, altre sì, la citata sentenza che, anche a voler negare valore cogente alle indicazioni espresse dall’autonomia collettiva quando questa regoli istituti di fonte legale (come, appunto, il TFR), rispetto alla voce per cui è causa non è ravvisabile, da parte degli stipulanti, alcuna violazione delle norme imperative che disciplinano la materia. Ha, quindi, ancora una volta, concluso che la voce in questione non va computata nella retribuzione contrattuale da porre a confronto con il cd. salario medio convenzionale, ai fini della verifica richiesta dal D.Lgs. n. 146 del 1997, art. 4, per l’individuazione del parametro di calcolo da applicare, a far data dal 1998, per la determinazione, provincia per provincia, del "quantum" delle prestazioni previdenziali temporanee (come, nella specie, l’indennità di disoccupazione) maturate dagli operai agricoli a tempo determinato.

3. – Alla stregua degli indicati principi, ai quali non si è attenuta la Corte territoriale, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa è decisa nel merito direttamente da questa Corte con il rigetto della domanda di cui al ricorso introduttivo.

Le spese dell’intero processo si compensano fra le parti in ragione del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulla questione controversa.
P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge la domanda. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *