Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-01-2011) 09-02-2011, n. 4753 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza deliberata in data 10 maggio 2010, depositata in cancelleria il 12 maggio 2010, il Tribunale di Prato, quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di A.A. volta a ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione ai sensi dell’art. 671 c.p.p., in relazione alle condanne ivi indicate.

2. – Avverso il citato provvedimento ha personalmente interposto tempestivo ricorso per cassazione A.A. chiedendone l’annullamento per violazione di legge. Il Giudice non ha tenuto conto che il reato per il quale è intervenuta la sentenza 14 aprile 2000 del Tribunale di Napoli è quello di cui all’art. 416 bis c.p., reato che ha bisogno per sua stessa natura di un tempo apprezzabile affinchè l’associazione possa organizzarsi e funzionare, sicchè la distanza temporale tra l’una e l’altra compagine era in realtà minore di quanto rilevato. Inoltre, tra i reati di cui alla sentenza citata, vi era la contestazione dell’attività di spaccio di sostanze stupefacenti ( D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ex art. 73) del tutto identica a quella di cui all’altra sentenza 22 marzo 2005 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Torre Annunziata con cui veniva chiesta la continuazione.
Motivi della decisione

3. – Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.

3.1 – Il Giudice dell’esecuzione ha per vero fatto corretta applicazione delle norme di legge e dei principi più volte affermati da questa Corte (v. Cass., Sez. 1^, 7 aprile 2004, n. 18037, Tuzzeo, rv. 229052) circa l’inidoneità di mere situazioni soggettive ad integrare l’identità del disegno criminoso di cui all’art. 81 cpv. c.p., e che, del pari, è consolidata l’affermazione della radicale diversità dell’identità della spinta criminosa o del movente pratico individuabile alla base di plurime violazioni della legge penale rispetto alla medesimezza del disegno criminoso che deve cementare i vari episodi di un reato continuato; è da ritenersi altresì consolidato il principio secondo cui all’istante incombe un onere di allegazione di elementi specifici e concreti da cui desumere la fondatezza o meno dell’assunto (Cass., Sez. 5^, 4 marzo 2004, n. 18586, rv. 229826; conformi ex plurimis Cass. n. 5518 del 1995; n. 77 del 1995; n. 4437 del 1994; n. 898 del 1993), irrilevante essendo, in difetto di tali dati sintomatici, il mero riferimento alla relativa contiguità cronologica od all’analogia criminogena dei diversi farti, (come l’indicato stato di tossicodipendenza, insufficiente a individuare di per sè solo una programmazione criminosa unitaria) indici, per lo più, come ritenuto nella specie, di abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione di illeciti penali piuttosto che di attuazione di un medesimo progetto criminoso, unitariamente concepito e deliberato, sia pure nelle sue linee essenziali.

3.2. – Ciò posto, il Collegio osserva che il ricorso, più che individuare singoli aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, tende a provocare una nuova, non consentita rivalutazione delle circostanze di fatto, che, in quanto tale, è insindacabile in questa sede di legittimità, mentre il provvedimento gravato, nella carenza di allegazione da parte dell’istante di elementi concreti da cui dedurre la medesimezza del disegno criminoso, presupposto indefettibile per l’applicazione dell’istituto invocato, ha correttamente motivato il diniego dell’istanza. E’ stato infatti evidenziato, tra l’altro, la non contiguità temporale dei fatti illeciti (anzi la notevole divaricazione temporale, tra gli uni e gli altri, pari a non meno di anni tredici), la loro commissione in luoghi e con sodali differenti, la loro parziale disomogeneità, la commissione di alcuni fatti dopo il passaggio in giudicato di una delle sentenze, la piena autonomia, ritenuta dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, tra associazione a delinquere e perpetrazione dei reati satellite.

Di nessun pregio è l’assunto difensivo secondo cui un’associazione criminale ha bisogno di tempo prima di potersi strutturare e funzionare. La costituzione e il funzionamento di un’organizzazione a carattere delinquenziale ha penalmente rilievo nello stretto ambito contestativo per cui la vita associativa viene in evidenza dal momento della sua costituzione sino alla sua cessazione ovvero, nell’ipotesi di contestazione aperta, alla data della pronuncia della sentenza di primo grado. Qualsiasi altra valutazione fuori da questi parametri temporali è priva di incidenza giuridica.

Il giudice ha inoltre valutato in modo analitico il contenuto delle sentenze indicate in ricorso pervenendo alla conclusione, all’esito della compiuta disamina delle stesse decisioni, con motivazione congrua, adeguata e priva di erronea applicazione delle leggi penale e processuale, della sussistenza di un’ostatività (non superabile) al riconoscimento della continuazione.

4. – Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.

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