Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 16-03-2011, n. 6280 Procedimento disciplinare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 24.10/4.11.2009, la Sezione disciplinare del CSM ha inflitto al Dr. D.L., giudice del tribunale di Locri, la sanzione della censura, dichiarandone la responsabilità per avere gravemente mancato ai propri doveri di diligenza e laboriosità, avendo posto in essere molteplici gravi ritardi nel compimento di atti relativi all’esercizio delle proprie funzioni (R.D.L. n. 511 del 1946, art. 18 e D.P.R. n. 109 del 2006, art. 1, comma 1 e art. 2, lett. q, ed r) ed in particolare per avere, tra l’aprile del 2005 ed il dicembre del 2006, e nonostante reiterati solleciti formulati dai dirigenti dell’ufficio, depositato con grave ritardo numerose sentenze penali, nonchè per avere depositato, nell’arco di un anno, solo cinque sentenze civili, di fatto omettendo di svolgere concretamente le funzioni assegnategli e determinando la necessità di rimettere sul ruolo trentanove cause civili per la riassegnazione ad altri magistrati.

I fatti non erano stati contestati nella loro materialità, ma l’incolpato aveva evidenziato numerose circostanze obiettivamente sussistenti (quali fra l’altro il passaggio dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti, malanni fisici protrattisi per non breve tempo, applicazione ad altri uffici e numero delle udienze settimanalmente tenute) che avevano significativamente influito sul verificarsi di tali inconvenienti, fattori questi tutti presi in esame specificamente dalla Sezione disciplinare che non aveva ritenuto che gli stessi potessero comunque giustificare un così elevato numero di ritardi e/o di inadempienze, comminando conclusivamente la sanzione surricordata.

Per la cassazione di tale decisione ricorre con due distinti atti di diversa datazione, ma di identico contenuto e sulla base di tre motivi, illustrati anche con memoria, D.L.; gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione

I due ricorsi si riferiscono alla stessa sentenza, sono identici nel contenuto e vanno dunque riuniti, a norma dell’art. 335 c.p.c..

Va preliminarmente rilevato che il dato temporale ricavabile dalla data della notifica della decisione, correlata alla data di proposizione del presente ricorso, comporta la tempestività del ricorso stesso.

Ciò posto e venendo al merito, con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione del R.D.L. n 511 del 1946, art. 18 e insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio; si lamenta in particolare che nella motivazione della sentenza impugnata si sarebbe illegittimamente e sbrigativamente depresso il peso degli altri provvedimenti di natura civile adottati dal D. nel periodo in relazione a cui gli venne contestato di aver emesso un numero eccessivamente esiguo di sentenze, che avrebbe invece) essere tenuto in debito conto nella valutazione complessiva della di lui produttività.

Con il secondo motivo si adduce contraddittorietà di motivazione in ordine al profilo secondo cui la decisione impugnata, pur riconoscendo l’impatto di riconversione subito dal D. al momento del transito al settore civile e anche tenendo conto delle dichiarazioni rese dal capo dell’ufficio sulla ritrovata produttività da parte del medesimo una volta ambientatosi in quello penale, non avrebbe tenuto conto della valenza di tali dati ed avrebbe sottovalutato il fatto che proprio nel settore penale il magistrato ha dovuto attendere a svariati ed eterogenei uffici, circostanza questa che avrebbe potuto giustificare i ritardi nel deposito delle sentenze.

Con il terzo motivo si lamenta violazione del R.D.L. n 511 del 1946, art. 18 e vizio di motivazione, per aver la sentenza impugnata (ai fini della scriminante della gravosità del carico di lavoro) omesso di valutare il numero di archiviazioni pronunciate dal D. e la supplenza dallo stesso tenuta presso la sede distaccata di Cinquefondi oltre alla stabile tenuta di quattro turni di udienza alla settimana; neppure si sarebbe dato il debito peso alla circostanza secondo cui per alcuni mesi del 2006 il magistrato aveva subito la frattura della mano e del piede destri.

I tre mezzi, anche se proposti distintamente e riferiti a circostanze diverse tra loro possono esser esaminati congiuntamente atteso il carattere unitario che li connota tutti e la articolazione degli stessi, improntati alla pretesa violazione della stessa norma e a preteso vizio di motivazione.

Premesso che i fatti nella loro materialità non vengono contestati, va evidenziato che il passaggio dalla funzione requirente a quella giudicante civile può produrre senza alcun dubbio un iniziale disagio e difficoltà maggiori rispetto a chi fosse già esperto del ramo: tuttavia, la crudezza dei numeri è tale da non consentire di ritenere giustificabile a tale riguardo il comportamento dell’odierno ricorrente che, titolare di un ruolo civile, ha emesso nell’arco di circa due anni cinque sentenze ordinarie civili (di cui quattro con ritardo notevole) e rimesso sul ruolo trentanove procedimenti, redigendo al contempo 539 sentenze previdenziali, di cui peraltro non si contesta la tendenziale semplicità e ripetitività dell’impianto motivazionale.

Tale dato, peraltro inconfutabile, ovviamente riduce in modo marcato la incidenza di tale dato numerico nel complesso della attività lavorativa del D., computo questo impietoso che, nella sua evidenza numerica, non può essere neppure scusato in ragione dell’iniziale sconcerto presumibilmente originato del passaggio ad altre, diverse funzioni.

Come si deve ripetere, tale dato non può assumere valenza tale da giustificare la ridotta produttività riscontrabile anche dopo il passaggio al settore penale, che in ogni modo avrebbe dovuto esser più congeniale ad un magistrato proveniente dalla funzione requirente; ritardi gravi nel deposito delle sentenze, superiori in taluni casi al triplo dei termini per il deposito e posti in essere anche dopo essersi avvalso della facoltà di indicare un termine per il deposito stesso, che attestano una non adeguata scelta organizzativa e che non appaiono sussumibili ne nella riconosciuta carenza del settore delle richieste di archiviazione, nè nella contemporaneità di più incarichi, nè nell’unica supplenza svolta e neppure nel periodo di disagio fisico dovuto a frattura della mano e del piede, attesa la continuata e ricorrente carenza di produttività dell’odierno ricorrente sia nel settore civile che in quello penale:

queste le argomentazioni che sorreggono la decisione impugnata.

Se le considerazioni ed i riferimenti suesposti consentono di escludere il vizio di motivazione lamentato in ordine ai profili evidenziati nei tre motivi di ricorso, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che è punibile come lesivo del prestigio del magistrato e dell’ordine giudiziario e viola il R.D.L. n. 511 del 1946, art. 18, il comportamento del giudice che ritardi nel depositare le motivazioni dei suoi provvedimenti in una misura che, per quantità dei casi ed entità dei tempi di deposito, è tale da violare la soglia della ragionevolezza e giustificabilità, la quale potrà rilevarsi da vari parametri e sussiste sempre in concreto quando il tempo di ritardo leda il diritto delle parti alla durata ragionevole del processo di cui alle norme costituzionali e sovranazionali vigenti (cfr. SS. UU. 23.8.2007, n 17916 ed altre).

Nel caso di specie in cui oltre ai ritardi si sono avuti anche altri significativi comportamenti elusivi del dovere di laboriosità, ampiamente riferiti, non può sussistere dubbio circa la esatta applicazione della norma di cui si assume la violazione, in precipua ragione del fatto che le circostanze tutte addotte a giustificazione dell’esaminato comportamento non valgono a dare contezza della permanenza di un comportamento che ha certamente contribuito, sia valutato nel suo complesso, che in relazione alle singole manifestazioni in cui è stato attuato, proprio a ledere tra l’altro il diritto delle parti ad una durata ragionevole del processo oggi costituzionalizzata dall’art. 111 Cost..

Il ricorso deve essere pertanto respinto.

Non v’ha luogo a provvedere sulle spese.
P.Q.M.

riuniti i ricorsi, la Corte li rigetta.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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