Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-01-2011) 09-02-2011, n. 4707

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1- Con Sentenza in data 10.2.2010, depositata il 17.3.2010, la Corte d’Appello di Trieste – Prima Sezione Penale confermava la sentenza 20.6.2008 con la quale il Tribunale Monocratico di Pordenone, previa revoca del decreto penale opposto, aveva dichiarato colpevole P.R. del reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 22, comma 12, in quanto nella sua qualità di amministratore unico della società "RISTORA PLANET" srl, con sede in (OMISSIS) e con esercizio pubblico denominato (OMISSIS), occupava alle proprie dipendenze G.R.L., cittadina (OMISSIS) non appartenente alla comunità Europea, priva di idoneo permesso di soggiorno per lavoro subordinato a tempo indeterminato, e la aveva condannata alla pena di mesi due di arresto ed Euro 3.334, 00 di ammenda, pena sostituita con Euro 5.614,00 di pena pecuniaria e rateizzazione della pena pecuniaria in trenta rate mensili.

La corte di merito, evidenziato che l’acquisizione del verbale 1.2.2007 era stata concordata tra le parti ai sensi dell’art. 493 c.p.p., comma 3, all’udienza del 30.1.2008, riteneva la piena utilizzabilità del documento e nel quale si dava atto che la G. era stata trovata, al momento dell’accesso degli ispettori del lavoro, intenta a pulire un tappeto, ed aveva poi fornito ulteriori notizie sull’epoca dell’assunzione, sugli orari di lavoro e la retribuzione percepita, tutte riportate nel verbale. Le testimonianze dei testi P.L. e C.A., rispettivamente convivente e figlio dell’imputata, non avevano fornito elementi decisivi per contrastare l’esito dell’accertamento compiuto dagli ispettori: entrambe hanno affermato di aver frequentato il ristorante in orario serale, il primo perchè titolare di una ditta di trasporti ed il secondo perchè addetto al bar del locale della madre in orario serale, laddove la G. aveva riferito di aver svolto la sua attività lavorativa di mattina, dalle 9,00 alle 15,00. Rispetto alle altre circostanze riferite, quali l’ospitalità offerta alla donna in via di favore alla cugina, essi non ne avevano avuto conoscenza diretta ma le avevano apprese da altri. Ugualmente incerte le dichiarazioni dei testi circa la conoscenza della lingua italiana da parte della cittadina brasiliana, non tali comunque da contrastare adeguatamente l’attestazione egli ispettori del lavoro, considerata anche la semplicità delle informazioni richieste e fornite: orario di lavoro, mansioni salario e data di assunzione, rese dalla stessa che non richiedeva una conoscenza approfondita dell’italiano.

Concludeva il giudice dell’appello nel ritenere che il giudice di primo grado si era mantenuto sui minimi edittali nell’irrogare la pena e non vi era, pertanto, spazio per ulteriori diminuzioni, come domandato dalla difesa.

1.2.- Propone ricorso per cassazione il difensore di P. R. assumendo:

1) Inosservanza della legge penale ed inosservanza delle norme processuali.

Lamenta la difesa che la Corte di Appello, senza alcuna ragione logico giuridica, dopo che il giudizio di primo grado, conseguente alla opposizione a decreto penale di condanna, si era svolto in pubblica udienza, effettuava d’ufficio la trasformazione del rito, fissando l’udienza di discussione in camera di consiglio, in palese violazione delle norme processuali e con conseguente nullità del procedimento di secondo grado.

2) Manifesta illogicità della motivazione e della valutazione delle prove.

Espone la ricorrente che la corte d’appello, alla luce del solo verbale degli ispettori del lavoro, ha ritenuto accertato che effettivamente la G. abbia prestato attività lavorativa, quale addetta alle pulizie, in favore della ditta gestita dalla P.. Tale modalità di ricostruzione probatoria contrasta con i principi della logicità interpretativa delle prove testimoniali e documentali e si riverbera sulla motivazione. In particolare, mentre dalle dichiarazioni raccolte fuori udienza dagli ispettori del lavoro, ritenute credibili dai giudici, risulterebbe che la G. aveva una chiara conoscenza ella lingua italiana, nessuno dei testi, sentiti in istruttoria dibattimentale come il P. e il C., ha confermato la circostanza. Quindi il fatto che la cittadina brasiliana abbia sottoscritto il verbale non pare sufficiente ad affermare la penale responsabilità dell’imputata. Sempre durante l’esame dibattimentale i testi hanno sostenuto di non aver mai visto la G. lavorare nel ristorante;

il teste P. riferisce che nei pressi del locale "(OMISSIS)" era stata messa a disposizione una foresteria per i dipendenti, tutti muniti di regolare permesso di soggiorno, e che una dipendente, cugina della G., aveva chiesto alla P. di ospitare nella suddetta foresteria la parente rimasta priva di lavoro; per sdebitarsi la G. faceva qualche lavoretto nell’immobile. Nessuno dei testi escussi ha mai visto la cittadina brasiliana lavorare nel ristorante o ha dichiarato che conoscesse la lingua italiana. Il verbale degli Ispettori del Lavoro in sede di accertamento amministrativo non ha valore probatorio nel processo penale in relazione ai fatti che gli stessi non hanno constatato in prima persona ma dei quali riferiscono de relato, quali le dichiarazioni loro rese dalla G. circa la sua assunzione, gli orari di lavoro,la continuità dell’attività lavorativa prestata, la mansione e quant’altro. Solo l’audizione in dibattimento della G. avrebbe potuto dirimere i dubbi circa l’effettività dell’accusa prospettata.

2.- Il ricorso è infondato e va, pertanto, disatteso.

2.1.- Riguardo alla asserita nullità del giudizio di appello deve essere rilevato che, in ipotesi in cui il giudizio di appello si svolga con le forme del rito in camera di consiglio al di fuori dei casi previsti dall’art. 599 c.p.p., è ormai principio consolidato che si verifica una nullità relativa, nullità che è sanata se non tempestivamente eccepita. La relativa eccezione deve essere proposta subito dopo la notifica del decreto di citazione dell’imputato a giudizio, nel quale ai sensi dell’art. 601 c.p.p., comma 2, è fatta menzione della trattazione in forma camerale ex art. 599 c.p.p., o comunque, se la parte è presente, prima del primo atto del procedimento o, se non è possibile, subito dopo (Cass. Sez. 5, 9.6.2005 n. 26059; Cass. Sez. 6, 19.6.2009, n. 38114, ric. Ceragioli). Deve pertanto ritenersi decaduto dalla facoltà di eccepirla l’imputato che la deduca per la prima volta quale motivo di ricorso per cassazione. Nel caso di specie, ricevuta la notifica del decreto di citazione per il giudizio d’appello con la specificazione che si sarebbe proceduto in camera di consiglio, l’imputata non ha formulato tempestivamente la relativa eccezione, deducendola per la prima volta nei motivi del ricorso in esame, per cui è incorsa nella decadenza comminata dall’art. 182 c.p.p., comma 3. 2.2.- Parimenti infondata è la doglianza concernente l’asserita illogicità della motivazione con la quale, in sostanza, la ricorrente contesta la ricostruzione probatoria del fatto storico quale svolta dalla corte d’appello. Nell’articolato motivo la difesa ripropone i medesimi rilievi, in punto di valutazione del compendio probatorio, che già erano stati prospettati, come motivi di appello, al vaglio della corte, la quale, con motivazione puntuale, logica ed esaustiva, li ha respinti. Si tratta, palesemente, di censura rivolta, non già a sottoporre al giudice di legittimità l’esistenza di un errore "revocatorio" sull’esistenza di prove decisive, bensì a sollecitare una diversa valutazione del significato delle prove esaminate e del risultato probatorio nel suo complesso, per sostenere una diversa ricostruzione della vicenda e sollecitare,quindi, un impossibile sindacato di legittimità sul fatto (Cass. sez. 6, sent.

24/03/2006, n. 14054; Sez. 6, sent 15/03/2006 n. 10951; Cass. sez. 5, sent. 24/05/2006, n. 367644).
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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