Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-01-2011) 09-02-2011, n. 4705 Armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1- Con Sentenza in data 9.2.2010, depositata il 3.4.2010, la Corte d’Appello di Genova – Seconda Sezione Penale confermava la sentenza 17.4.2009 con la quale il Tribunale di Sanremo aveva condannato F.I. alla pena di mesi 1 di arresto ed Euro 100,00 (cento) di ammenda, pena sostituita ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 53, con mesi 2 di libertà controllata, in quanto colpevole del reato di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 2, commesso in (OMISSIS). La corte territoriale, premesso che l’appellante domandava: 1) il riconoscimento dell’attenuante della lieve entità, di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 3;

2) il riconoscimento delle attenuanti generiche; 3) la riduzione della pena; respingeva motivatamente le suddette richieste e confermava la condanna impugnata. In particolare rilevavano i giudici come il fatto addebitato non potesse essere inquadrato nell’ipotesi di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 3 poichè trattavasi, nel caso di specie, di un coltello tipo stiletto con lama di dieci centimetri, strumento, quindi, a doppio taglio, certamente pericoloso per l’offesa alla persona; inoltre l’imputato cittadino extracomunitario, privo di permesso di soggiorno, era stato trovato in possesso dell’oggetto da una pattuglia della polizia intervenuta a seguito della segnalazione di una violenta lite tra due cittadini tunisini. Dunque le caratteristiche del coltello, la situazione personale dell’imputato ed il contesto nel quale egli aveva lo aveva portato con sè, non consentivano di ritenere sussistenti le invocate attenuanti e di diminuire la pena comminata dal giudice di primo grado.

1.2.- Propone ricorso per cassazione il difensore di F.I. assumendo la violazione di norme stabilite a pena di nullità – art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c) – in quanto la trattazione del giudizio di appello è stata erroneamente, in carenza delle circostanze previste dall’art. 599 c.p.p., fissata in camera di consiglio in ordine ad un procedimento trattato in primo grado in pubblica udienza ed è stata omessa la dichiarazione di contumacia dell’imputato. Eccepisce, quindi, la nullità del decreto che ha fissato l’udienza in camera di consiglio, nonchè dell’ordinanza che non ha dichiarato la contumacia dell’imputato.

2.1 Il ricorso è infondato e deve essere rigettato, così come richiesto dal Procuratore Generale. Riguardo alla asserita nullità del decreto di fissazione dell’udienza deve essere rilevato che è principio ormai consolidato che qualora il giudizio di appello si svolga con le forme del rito in camera di consiglio al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 599 c.p.p., si verifica una nullità relativa che è sanata se non tempestivamente eccepita. La relativa eccezione deve essere proposta subito dopo la notifica del decreto di citazione dell’imputato a giudizio, nel quale ai comma 2, c.p.p. è fatta menzione della trattazione in forma camerale ex art. 599 c.p.p., o comunque, se la parte è presente, prima del primo atto del procedimento o, se non è possibile, subito dopo (Sez. 5, 9 giugno 2005 n. 26059, ric. P.C. in proc. Demaria ed altri; Sez. 6, 19.6.2009, n. 38114, ric. Ceragioli). Deve pertanto ritenersi decaduto dalla facoltà di eccepirla l’imputato presente al processo che la deduca per la prima volta quale motivo di ricorso per cassazione. Nel caso di specie l’imputato, ricevuta la notifica del decreto di citazione per il giudizio d’appello con la specificazione che si sarebbe proceduto in camera di consiglio, non ha formulato tempestivamente la relativa eccezione, deducendola per la prima volta nei motivi del ricorso in esame, per cui è incorso nella decadenza comminata dall’art. 182 c.p.p., comma 3. Parimenti infondata è, poi, la doglianza relativa alla nullità conseguente alla mancata dichiarazione della contumacia dell’imputato, la ritualità del giudizio, infatti, non è inficiata dalla omessa dichiarazione di contumacia, posto la legge non prevede come causa di nullità tale omissione, dalla quale non deriva alcun pregiudizio alla difesa dell’imputato (ex plurimis Sez. 4, 15.11.2006, n. 41981 Marzotto;

Sez. 5, 4.6.2008, n. 36651).
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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