Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-01-2011) 09-02-2011, n. 4702 Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 2/3/10 la Corte di Assise di Appello di Catania, pronunciando su rinvio della Corte di Cassazione, in riforma della sentenza 7/3/06 della Corte di Assise di Catania che condannava L. R.V. alla pena di anni 22 di reclusione per i reati continuati (in (OMISSIS)) di omicidio in danno di I.G. e di detenzione e porto illegali di armi comuni da sparo (le due pistole utilizzate per il delitto), dichiarava la prevalenza delle riconosciute circostanze attenuanti generiche e determinava la pena in anni 18 di reclusione, confermando nel resto.

I.G., malavitoso di modesta caratura, il (OMISSIS) era ucciso a colpi di pistola nel quartiere (OMISSIS). Le indagini non consentivano di individuare i responsabili.

A ciò si perveniva alcuni anni dopo, grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia: dapprima M.F. (gennaio 1999), cui seguivano (luglio 2000) C.S. e L.G. ed infine L.R.G. (ottobre 2003), fratello di L.R.V.. L’ I. sarebbe stato ucciso per uno sgarro (ritenuto autore del furto di una motopala, si era rifiutato di restituire il mezzo). Nel contesto l’odierno ricorrente L.R.V. avrebbe avuto funzioni logistiche di supporto ai killer, aspettandoli in un luogo convenuto su un’autovettura "pulita" che avrebbe consentito loro una fuga tranquilla.

La prima sentenza di appello, confermativa della condanna, era stata annullata dalla Corte di Cassazione (il 18/12/07). La prima sentenza di rinvio, invece assolutoria, era stata del pari annullata su ricorso del PG (il 24/2/09). Quindi la seconda sentenza di rinvio, ancora confermativa della condanna.

Detta sentenza riprendeva in esame le dichiarazioni dei quattro collaboratori, con specifico riferimento alla posizione del L. R..

M. non faceva menzione dell’imputato all’inizio della sua collaborazione, parlando di lui come partecipe all’omicidio I. solo nel maggio 2004 e senza esplicitarne il ruolo.

Anche C. ne parlava solo nel novembre 2001, indicandone il ruolo come di supporto, cioè di dare il cambio ai killer (tra i quali lo stesso C.) nel caso (poi non verificatosi) in cui vi fosse stato bisogno.

L. (anch’egli tra i killer) ne parla la prima volta nel luglio 2000, spiegando che il L.R., appostato nei pressi dell’autostrada per Palermo, doveva prendere a bordo di una Renault 4 i due che avevano sparato; poi invece si era limitato a prendere in consegna le armi che erano state utilizzate, riportandole nel luogo convenuto dove una delle pistole fu distrutta.

L.R.G., infine, fratello dell’imputato, che fino all’ultimo aveva cercato di tenerlo fuori, raccomandandosi in tal senso anche con gli altri collaboranti, a seguito del mancato riconoscimento in suo favore dell’attenuante della collaborazione nella sentenza di primo grado nel processo "(OMISSIS)" del 28/6/03, chiamava in causa anche V., attribuendogli il coinvolgimento in quattro omicidi, tra i quali quello di I.. Il suo ruolo, conformemente a quanto già riferito in particolare dal L., era quello di attendere il commando in un’area di servizio della tangenziale per consentire, in caso di bisogno, il suo trasbordo su altra autovettura (trasbordo poi non verificatosi perchè il commando aveva preferito raggiungere direttamente su altra auto il luogo di ritrovo convenuto).

Riscontro a quanto riferito da L.R.G. circa l’accordo per non coinvolgere il fratello la conversazione intercettata il 29/8/99 tra il C. e tale M. da cui risultava che L.R.V. era stato tenuto fuori dagli omicidi ma tale situazione non poteva essere ulteriormente protratta.

Nel giudizio di rinvio lo stesso L.R.V., in sede di spontanee dichiarazioni (il 12/1/10), nell’ ammettere il proprio ruolo di autista o corriere nel gruppo Monte Po della "famiglia" Santapaola di Catania, affermava che "poteva anche darsi che quel giorno gli fosse stato detto: E., aspettami là, e non era venuto nessuno". Quindi la conferma della penale responsabilità, pur con la riconosciuta prevalenza delle attenuanti generiche per il buon comportamento processuale e il ruolo marginale avuto nella vicenda (sia pur senza attingere la diminuente dell’art. 114 c.p., in presenza dell’aggravante dell’art. 112 c.p., n. 1, giusta l’esplicita esclusione del capoverso dello stesso art. 114 c.p.).

Ricorreva per cassazione la difesa del L.R., deducendo: 1) carenza di motivazione e conseguente violazione del principio di diritto ( art. 627 c.p.p., comma 3) affermati con la sentenza di annullamento per la superficialità e l’inconcludenza delle argomentazioni; 2) illogicità della motivazione laddove il giudice del rinvio aveva conferito valore di riscontro alle spontanee dichiarazioni dell’imputato, travisandone il senso (da nulla risultando che il L.R. fosse consapevole di quanto stava accadendo) ed attribuendo loro valore probatorio (in contrasto col tenore possibilistico delle affermazioni del L.R.); 3) violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata prevalenza delle attenuanti generiche nella massima estensione (con diminuzione della pena fino a 14 anni di reclusione); 4) violazione di legge per la mancata dichiarazione di estinzione per prescrizione del minor reato relativo alle armi (capo B).

Alla pubblica udienza fissata per la discussione il PG concludeva per il rigetto del ricorso, la difesa per il suo accoglimento.

Il primo motivo di ricorso è generico e manifestamente infondato.

Non solo non è precisato quali siano le mancate adesioni ai principi di diritto affermati dalla sentenza di annullamento che vengono imputate alla sentenza di rinvio, ma si trascura che se le indicazioni della Suprema Corte erano quelle di rivalutare le dichiarazioni accusatorie dei collaboranti anche alla luce del tentativo di evitare il coinvolgimento del L.R. nell’omicidio I., ciò e stato compiutamente fatto (con esito certo sfavorevole al ricorrente, che tuttavia non può pretendere di sovrapporre le proprie valutazioni a quelle legittimamente formulate dal giudice di merito).

Il secondo motivo di ricorso è del pari manifestamente infondato. La prova di reità, secondo la corretta e congrua motivazione del giudice del rinvio, riposa in modo autonomo sulle plurime e convergenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, lette anche alla luce del provato accordo iniziale per tenere fuori dagli omicidi L.R.V. (intercettazione del 29/8/99) e del credibile e logico cambio di strategia (nel senso di un recupero della verità fin lì omessa) determinato dall’esito, deludente per i collaboranti, dalla sentenza di primo grado del processo Orione (28/6/03).

In tale contesto le spontanee dichiarazioni dell’imputato si registrano per quel che sono: una "significativa apertura" che non nega i fatti (aliunde provati), ma li ritiene possibili ("può anche darsi che quel giorno mi è stato detto: E. aspettami là"), pur negando (dal punto di vista del dichiarante) che infine vi fosse stato un suo contributo causale (".. e non è venuto nessuno").

Inammissibile il terzo motivo, il trattamento sanzionatorio del giudizio di merito, se correttamente e congruamente motivato (come nel caso), non è passibile di censure in sede di legittimità.

Fondato invece il quarto e ultimo motivo. Il reato di violazione della legge sulle armi contestato al capo B, sia pure considerando la più grave ipotesi di porto illegale di armi da sparo (comunque a pena ridotta, L. n. 895 del 1967, ex art. 7, per la natura di armi comuni delle due pistole), ha maturato la prescrizione (secondo il nuovo regime più favorevole all’imputato, la novella di cui alla L. 5 dicembre 2005, n. 251 essendo anteriore alla conclusione del primo grado) alla data del 13/9/04 (sei anni e 8 mesi dal 13/5/96, più un quarto pari a un anno e 8 mesi per gli atti interruttivi, per complessivi otto anni e 4 mesi).

Limitatamente a ciò la sentenza va annullata senza rinvio, con l’eliminazione dalla pena complessiva di anni 18 di reclusione (anni 17+1) dell’anno stabilito in aumento per la continuazione per il reato di cui al capo B (pag. 17 della sentenza impugnata).
P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo B, perchè estinto per prescrizione. Elimina la pena di anni uno di reclusione e ridetermina la pena residua in anni 17 (diciassette) di reclusione. Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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