T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 03-02-2011, n. 232 Esercizi pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Tra le ore 23.30 del 29 ottobre 2010 e le ore 1.10 del 30 ottobre 2010 gli agenti della polizia locale del Comune di Cazzago S. Martino hanno accertato che da apparecchi situati nel pubblico esercizio H.C. (discobar) veniva prodotta musica a un volume in grado di arrecare disturbo all’esterno del locale. Su questo presupposto è stata contesta la violazione dell’ordinanza del sindaco n. 61 del 19 luglio 2005 (Orari di apertura e di chiusura degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande), e precisamente del punto 9, il quale vieta l’uso di strumenti e apparecchi sonori dopo le ore 23.00 all’esterno dei locali e anche all’interno "qualora, con l’apertura di porte e finestre, consegua analogo disturbo esterno".

2. Il verbale di accertamento è stato trasmesso al Settore Amministrativo ed EconomicoFinanziario del Comune, il cui dirigente ha disposto ai sensi degli art. 17bis e 17ter del RD 18 giugno 1931 n. 773 la chiusura del locale per un giorno (ordinanza n. 163 del 13 dicembre 2010).

3. Contro la suddetta ordinanza (e contro il verbale di accertamento su cui la stessa si fonda) il ricorrente, legale rappresentante della società titolare del pubblico esercizio, ha presentato impugnazione con atto notificato il 23 dicembre 2010 e depositato il 28 dicembre 2010. Le censure possono essere sintetizzate come segue: (i) violazione dell’art. 14 della legge 24 novembre 1981 n. 689, in quanto l’infrazione non sarebbe stata contestata immediatamente ma notificata solo in data successiva; (ii) difetto di istruttoria, in quanto gli agenti accertatori non sarebbero entrati nel locale per verificare la presenza di apparecchi o strumenti musicali in funzione; (iii) travisamento dei fatti, in quanto il disturbo sarebbe stato contestato senza valutare la zonizzazione acustica del complesso immobiliare e la vicinanza di altri quattro locali di intrattenimento.

4. Il Comune non si è costituito in giudizio.

5. Entrando nel merito delle questioni sollevate, non appare condivisibile il primo motivo di ricorso, con il quale si lamenta la mancanza di una contestazione immediata, in violazione dell’art. 14 della legge 689/1981. In realtà il verbale di accertamento, che è datato 30 ottobre 2010, risulta sottoscritto sia dagli agenti accertatori sia dal ricorrente in qualità di trasgressore. Si può quindi ritenere che la contestazione sia stata immediata, e che successivamente sia stata effettuata la notifica del verbale, come si può leggere nelle premesse dell’ordinanza n. 163/2010. Non vi è stata pertanto alcuna lesione dei diritti di difesa del ricorrente, che è stato puntualmente e tempestivamente informato dei fatti accertati a suo carico e del successivo iter procedurale (il verbale prefigurava la possibilità della sanzione sospensiva e informava circa la facoltà di presentare scritti difensivi al funzionario competente).

6. Neppure è condivisibile il secondo motivo di ricorso, con il quale si sollevano dubbi sulla correttezza formale delle operazioni di accertamento. Della presenza all’interno del locale di strumentazione musicale in funzione non si può ragionevolmente dubitare. Il punto è la quantità di rumore immessa nell’ambiente esterno. In proposito si osserva che, nonostante la formulazione leggermente ambigua, l’ordinanza del sindaco n. 61/2005 sugli orari di apertura e chiusura considera sanzionabile soltanto il vero e proprio inquinamento acustico e non il pericolo di diffusione del rumore a causa dell’apertura di porte e finestre. Dunque il fatto che non siano state segnalate porte o finestre aperte risulta irrilevante.

7. L’inquinamento acustico è al centro del terzo motivo di ricorso. Gli argomenti utilizzati dal ricorrente sono condivisibili nei termini specificati qui di seguito:

(a) il disturbo sonoro inteso come inquinamento acustico è un concetto relativo, in quanto deve essere definito in rapporto alla zonizzazione acustica del territorio;

(b) nel caso in esame il locale qualificato come rumoroso è inserito nella classe VI (aree esclusivamente industriali) e dunque è soggetto ai limiti di emissione e immissione più elevati tra quelli previsti dal DPCM 14 novembre 1997;

(c) oltretutto non è stato adeguatamente considerato il rumore ambientale prodotto dai locali pubblici presenti nelle vicinanze (valutazione necessaria, in quanto occorre evitare che la rumorosità complessiva delle fonti sonore insediate nella stessa area sia attribuita a una sola tra queste);

(d) pertanto, in mancanza di una rilevazione fonometrica condotta con apparecchiature omologate, non è possibile stabilire se il ricorrente abbia effettivamente prodotto inquinamento acustico superando i limiti della classe VI;

(e) d’altra parte non sono indicati nell’accertamento in esame elementi di fatto precisi e concordanti ai quali si possa attribuire un significato fonometrico confrontabile con l’ordine di grandezza dei limiti previsti per la classe VI.

8. In conclusione il ricorso deve essere accolto, con il correlato annullamento degli atti impugnati. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in Euro 2.500 oltre agli oneri di legge.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso.

Condanna il Comune a versare al ricorrente a titolo di spese di giudizio l’importo di Euro 2.500 oltre agli oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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