Cass. civ. Sez. II, Sent., 16-03-2011, n. 6204 Distanze legali tra costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 17 maggio 1996 D.S. G. e D.T.M., usufruttuari di un fondo in (OMISSIS), convenivano davanti al Pretore di Lucca, sezione distaccata di Viareggio, V.G. e D.F., rispettivamente usufruttuario e nuda proprietaria del fondo confinante, dolendosi, tra l’altro, del fatto che i convenuti avessero realizzato un manufatto a distanza inferiore a quella legale.

I convenuti, costituitisi, contestavano il fondamento della domanda e in via riconvenzionale, previa integrazione del contraddittorio con D.S.C., nuda proprietaria del fondo di cui gli attori erano usufruttuari, chiedevano la eliminazione, tra l’altro, di una recinzione in rete metallica, in quanto posta a distanza non legale della veduta che essi, dal manufatto oggetto della domanda principale, esercitavano sul fondo confinante.

Il Tribunale di Lucca, succeduto al Pretore, con sentenza in data 26 marzo 2002, riteneva che il manufatto metallico posto a distanza non legale fosse assai risalente nel tempo, per cui era fondata l’eccezione di usucapione sollevata dai convenuti, ma accoglieva la domanda degli attori con riferimento al fabbricato in muratura realizzato all’interno di detto manufatto metallico; rigettava la domanda riconvenzionale.

V.G., nel frattempo diventato pieno proprietario del fondo sul quale si trovava il manufatto oggetto della domanda principale, proponeva appello.

Con sentenza in data 21 giugno 2005 la Corte di appello di Firenze accoglieva l’appello, in base alla seguente motivazione, per quanto riguarda la violazione delle distanze in tema di costruzioni:

…la realizzazione del manufatto metallico, nella posizione oggi lamentata come violativa delle distanze legali, è avvenuta quando non c’erano confini di sorta, per essere il fondo di un unico proprietario. Senza necessità di far ricorso all’istituto dell’usucapione, può semplicemente ricordarsi che il proprietario di quel fondo ha acquisito, per effetto dell’edificazione, il diritto a mantenere in quella collocazione il volume delimitato dalle superfici metalliche, con tutto ciò che contiene.

I giudici di secondo grado ritenevano, poi, che alla stregua della giurisprudenza di questa S.C. la recinzione in rete metallica sul fondo degli originari attori costituiva costruzione e quindi non si trovava a distanza legale dalla veduta che l’appellante esercitava dal manufatto oggetto della domanda principale.

Contro tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione, con tre motivi, D.G., D.T.M. e D. C..

Resiste con controricorso V.G..
Motivi della decisione

Con il primo motivo i ricorrenti deducono che la Corte di appello non avrebbe compreso che la loro denunzia di violazione delle distanze legali non si riferiva al box metallico preesistente, ma alla costruzione in muratura all’interno dello stesso.

Il motivo è infondato.

A prescindere, infatti, dell’errore in cui posa essere incorsa la Corte di appello nella individuazione dell’oggetto della domanda, rimane il fatto che la stessa ha comunque sostanzialmente affermato che nella specie non vi era stata una nuova costruzione, ma una semplice modifica di una costruzione (box metallico), con riferimento alla quale era stata acquisita la servitù di deroga alle distanze legali per destinazione del padre di famiglia.

Con il secondo motivo i ricorrenti deducono che V.G. aveva invocato l’acquisto per usucapione del diritto a mantenere il proprio manufatto a distanza inferiore a quella legale, senza, però, fornire la prova della fondatezza del suo assunto, per cui la Corte di appello non poteva affermare che il diritto vantato si sarebbe concretizzato "senza necessità di far ricorso all’istituto dell’usucapione", ma semplicemente "per effetto dell’edificazione".

Anche tale motivo è infondato.

La Corte di appello, infatti, sul presupposto incontestato secondo il quale la realizzazione del box metallico risaliva ad un’ epoca in cui i fondi attualmente dei ricorrenti e del resistente appartenevano ad un unico proprietario, ha inteso affermare che il diritto dell’attuale resistente a mantenere il box a distanza non legale era sorto per destinazione del padre di famiglia, senza necessità di ricorso all’usucapione.

Con il terzo motivo i ricorrenti, con riferimento alla loro condanna alla eliminazione della recinzione in rete metallica, in quanto posta a distanza non legale dalla veduta esistente nella costruzione del resistente, deducono che la Corte di appello non avrebbe tenuto conto che: a) con riferimento all’apertura esistente nel box metallico, non essendo quest’ultimo, in considerazione del suo carattere precario, una costruzione, le aperture in esso esistenti non sarebbero state idonee all’acquisto di una servitù di veduta; b) con riferimento all’apertura nella struttura in muratura realizzata all’interno del box metallico, non era maturato l’acquisto per usucapione di una servitù di veduta; c) ad ogni modo la recinzione metallica non poteva essere considerata "costruzione" ai fini del rispetto della distanza di cui all’art. 907 c.c..

Le doglianze di cui sub a) e b) sono infondate, in quanto non viene censurata l’esattezza della affermazione della sentenza impugnata secondo la quale gli attuali ricorrenti non avevano contestato l’esistenza della servitù di veduta sorta per destinazione del padre di famiglia.

E’ , invece, fondata la doglianza di cui sub c), non potendosi, da un lato, considerare "costruzione" una rete metallica (per la inidoneità della stessa a realizzare un "volume") e dovendo comunque, dall’altro, trovare applicazione la disposizione di cui all’art. 878 c.c., nel senso che se non si può considerare costruzione un muro di cinta alto meno di tre metri, a maggiore ragione tale conclusione sì impone con riferimento ad una semplice rete metallica alta (come nella specie) mt. 1,20, in conformità a quanto questa S.C. ha già avuto occasione di affermare (cfr. sent.:

10 gennaio 1976 n. 56; 20 luglio 1973 n. 2129).

In definitiva, vanno rigettati il primo ed il secondo motivo del ricorso, mentre va accolto per quanto Di ragione il terzo; in relazione alla doglianza accolta la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze, che provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

la Corte rigetta il primo e secondo motivo del ricorso; accoglie per quanto di ragione il terzo motivo; Cassa la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze, anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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