T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, Sent., 03-02-2011, n. 200 Giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ricorso notificato il 14/11/1997 e depositato il 10/12/1997 i ricorrenti in epigrafe indicati – (già) dipendenti della Regione Siciliana, collocati in quiescenza nel periodo 01.01.199430.12.1996 – hanno impugnato il decreto del Presidente della Regione Siciliana in epigrafe indicato, e ne hanno chiesto (previa sospensione) l’annullamento, vinte le spese, nella parte in cui li esclude dalla cosiddetta P.E.O. (progressione economica orizzontale), per non essere in servizio alla data del 31.12.1996; nonché, nella parte in cui non vengono attribuiti taluni punteggi ai dipendenti con la qualifica di dirigente.

Deducono le seguenti censure:

– Violazione di legge: dell’art. 7, commi 1, 2 e 4, l.r. n. 38/91; degli artt. 14 e 15 del D.P.Reg. n. 11/1995.

L’art. 4 del decreto impugnato si pone in contrasto con il principio della triennalità della contrattazione collettiva, e con le disposizioni contenute nel menzionato decreto n. 11/95, il quale individua il personale destinatario dell’accordo in quello in servizio nel periodo 01.01.199430.12.1996; il decreto impugnato avrebbe dovuto limitarsi a disciplinare unicamente le percentuali dei beneficiari del nuovo istituto (P.E.O.) ed i criteri di valutazione per la formazione delle graduatorie, ed ha invece introdotto un requisito, quello di essere in servizio al 31 dicembre 1996, di cui non vi sarebbe traccia nel D.P.R.S. n.11/95.

Inoltre, il decreto impugnato consente l’attribuzione del beneficio economico anteriormente all’acquisizione del diritto;

– Violazione del principio dei diritti quesiti e dell’art. 2113 c.c.

Gli artt. 14 e 15 del decreto n. 11/95 hanno già fatto sorgere in capo ai dipendenti in servizio nel periodo 01.01.199430.12.1996 il diritto a partecipare alla graduatoria per l’attribuzione della progressione economica orizzontale (P.E.O.), dovendosi intendere per "anno precedente" quello anteriore agli anni 1994 e 1995;

– Eccesso di potere – illogicità manifesta.

Il decreto impugnato si presenta contraddittorio, in quanto, per un verso, determina la percentuale dei soggetti aventi diritto alla P.E.O., nonché il termine per il possesso dei titoli, con riferimento al personale in servizio alla data del 31.12.1993 (artt. 3 e 5); per altro verso, esclude dalla stessa progressione il personale non più in servizio alla data del 31.12.1996 (art. 4);

– Disparità di trattamento fra i ricorrenti e il personale in servizio al 31.12.1996 – violazione art. 3 Costituzione – difetto di motivazione.

Il decreto impugnato realizza una disparità di trattamento tra i dipendenti in servizio nel periodo 01.01.199430.12.1996 e quelli in servizio al 31.12.1996, senza alcuna motivazione.

2. – Si è costituita in giudizio la Presidenza della Regione Siciliana.

3. – Con ordinanza n. 51 del 13.01.1998 è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato, per insussistenza del periculum in mora.

4. – A seguito del decesso del procuratore costituito, entrambi i ricorrenti, indicati alle lettere sub A) e B) dell’epigrafe, si sono costituiti nel giudizio con nuovi procuratori, nella stessa epigrafe indicati, facendo proprie tutte le domande e le difese svolte.

5. – In data 23.12.2010 la resistente Presidenza della Regione Siciliana, nonché l’Assessorato Regionale della Funzione Pubblica (già Assessorato alla Presidenza), per il tramite dell’Avvocatura dello Stato, hanno depositato memoria difensiva in vista della pubblica udienza, sostenendo l’infondatezza del gravame e chiedendone la reiezione.

6. – Alla pubblica udienza del 28 gennaio 2011 i procuratori delle parti, presenti come da verbale, hanno chiesto che il ricorso venisse posto in decisione.
Motivi della decisione

1. – In via preliminare il Collegio prende atto del decesso, in corso di causa, dell’originario difensore dei ricorrenti, come è dato evincersi dalla memoria di costituzione di uno dei due nuovi procuratori (cfr. memoria depositata il 24.11.2009 dall’avv. Angela Lombardo).

Peraltro, poiché entrambi i ricorrenti si sono costituiti per proseguire il processo, a mezzo di nuovi difensori, il ricorso collettivo – nel quale ogni ricorrente vanta una posizione esaminabile in via autonoma – può essere definito.

2. – Vanno ora prese in esame le eccezioni in rito formulate dalla difesa della resistente amministrazione, tendenti a sottrarre la presente controversia alla giurisdizione di questo Tribunale.

2.1. – Va preliminarmente vagliata l’eccezione di difetto di giurisdizione, per l’impugnazione di clausole contrattuali collettive e conseguente giurisdizione del giudice ordinario.

L’eccezione non può trovare accoglimento.

La controversia in esame concerne, invero, questioni attinenti a rapporti di lavoro anteriori al 30 giugno 1998, le quali restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e devono essere proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000, ai sensi della disciplina transitoria di cui all’art. 68 del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, nel testo modificato dall’art. 45 D.Lgs. n. 80 del 1998

Stante, pertanto, l’intervenuta proposizione del ricorso il 14.11.1997, lo stesso si presenta ammissibile.

2.2. – Va, quindi, esaminata anche l’eccezione di difetto di giurisdizione, in favore della Corte dei Conti, per dedotta incidenza della pretesa sull’ammontare della fruita pensione.

Al riguardo, osserva il Collegio che la cognizione della vicenda contenziosa, ancorché sia relativa a pretese economiche, le quali potrebbero avere una refluenza sul trattamento pensionistico, spetta al giudice amministrativo e non alla Corte dei Conti, ai sensi del combinato disposto degli articoli 13 e 62 del TU n. 1214/1934 e degli articoli 1 e 6 della legge n. 19/1994.

Va richiamata, sul punto, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, la quale ha affermato che la giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti in materia di pensioni è limitata solo a quanto concerne con immediatezza, anche nella misura, il sorgere, il modificarsi e l’estinguersi totale o parziale del diritto a pensione in senso stretto, restando esclusa da tale competenza ogni questione connessa con il rapporto di pubblico impiego, sulla quale, invece, la giurisdizione è del giudice amministrativo (Cons. St., Ad. plen., 1 dicembre 1995, n. 32; cfr. anche Cass. Civ., sez. un., 15 gennaio 2010, n. 528; Consiglio di Stato, VI, 22 settembre 2008, n. 4554; 8 agosto 2008, n. 3909).

Pertanto, spetta al Giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, e non alla Corte dei Conti, la cognizione di controversia avente ad oggetto la mancata inclusione dei dipendenti tra quelli aventi tiolo alla progressione economica orizzontale, ponendo, la relativa domanda, una questione solo mediatamente ricollegabile – ancor prima che alla misura del diritto a pensione – alla determinazione della base pensionabile.

3. – Si può ora procedere all’esame, nel merito, del ricorso, il quale si presenta manifestamente infondato.

3.1. – Non è meritevole di adesione il primo motivo, con cui si deduce l’illegittimità del decreto del Presidente della Regione n. 35/97 sotto vari profili.

Quanto, in particolare, alla dedotta violazione del principio di triennalità dell’accordo contrattuale, l’impugnato decreto non viola detto principio – che, invece, correttamente recepisce – nel rispetto anche del limite temporale previsto (19941996), e non comporta, per ciò che si è appena detto, discriminazione col personale in quiescenza alla data del 31/12/1996.

Detto decreto ha completato un percorso iniziato con il D. Pr. Reg. n. 11/95 – di cui si assume, a torto, la violazione -, il cui art. 15, comma 3, prevede che "Entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente accordo saranno determinati, previa contrattazione ai sensi dell’art. 5 della legge regionale n. 38 del 1991, le percentuali e i criteri di valutazione"; a nulla rilevando, peraltro, che il decreto applicativo sia stato adottato oltre il previsto termine trimestrale dall’entrata in vigore del decreto n. 11/95, trattandosi di un termine di natura puramente ordinatoria (cfr. C.g.a., Sez. Riun., 29 gennaio 2002, n. 597/99; 6 febbraio 2001, n. 499/99).

Quanto alla circostanza che nel presupposto decreto n. 11/95 sia stato indicato, come periodo di riferimento, quello 01.01.199431.12.1996, ciò deriva proprio dall’applicazione del principio di triennalità della contrattazione collettiva, facendosi, comunque, salve le decorrenze espressamente previste per particolari istituti contrattuali.

Va, poi, rilevato che l’istituto della progressione economica orizzontale rinviene la propria disciplina generale – poi completata dal contestato decreto n. 34/97 – negli artt. 14 e 15 del decreto n. 11/95, i quali fanno un generico riferimento al personale di ruolo "al 31 dicembre dell’anno precedente".

Quanto alla dedotta illegittimità dell’art. 4 del decreto n. 34/97, per avere, in tesi, modificato il contenuto di quanto stabilito dal decreto n. 11/95, si rileva, in senso contrario, quanto segue.

L’art. 4 del D. Pres. Reg. 7 agosto 1997 n. 34 stabilisce, nella parte impugnata, che "Ai dipendenti in servizio al 31 dicembre 1996 potrà essere attribuita la posizione economica immediatamente superiore prevista agli artt. 14 e 15 del D. P.Reg. n. 11/95, purché abbiano maturato al 31 dicembre 1996 l’anzianità minima di 3 anni di effettivo servizio nella qualifica rivestita ".

I ricorrenti, che non erano più in servizio a quella data, in quanto collocati in quiescenza tra l’1 gennaio 1994 ed il 30 dicembre 1996, e pertanto rimangono esclusi dal beneficio economico in questione, assumono, in sostanza, che il decreto introdurrebbe un requisito – quello cioè di essere in servizio alla data del 31/12/1996 -, non previsto dal D. P.R.S. n.11/95.

La censura non può condividersi.

Ed invero, diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, il presupposto di essere in servizio alla data del 31/12/1996 si desume sia dall’art. 14 del citato decreto n.11/95, istitutivo della c.d. P.E.O., il quale, al comma 2, stabilisce: " La posizione economica superiore è attribuita al personale collocato nelle fasce funzionali, fermo restando il dipendente nelle qualifiche e fasce di appartenenza, in percentuali che saranno stabilite con le procedure di cui al successivo art. 15, arrotondate all’unità superiore, dei dipendenti della medesima fascia in servizio di ruolo al 31 dicembre dell’anno precedente"; sia dal successivo art. 15, comma 1, secondo cui: " Le posizioni economiche differenziate sono attribuite al personale di cui al precedente art. 14 in possesso dei requisiti di anzianità di effettivo servizio di ruolo di almeno tre anni nella qualifica alla data del 31 dicembre dell’anno precedente, a seguito di valutazione annuale".

Ora, trattandosi di accordo di lavoro valevole per il triennio dal 1° gennaio 1994 al 31 dicembre 1996, ed essendo richiesto il requisito dell’anzianità minima di 3 anni di effettivo servizio nella qualifica rivestita, deve ritenersi legittimo l’impugnato decreto n. 34/97, nella parte in cui prevede l’attribuzione della P.E.O. al personale che sia in servizio alla data del 31/12/1996.

Della questione in esame si è pure occupata la Corte dei Conti (v. Sez. giurisd. per la Regione Siciliana, 16 agosto 2000, n.883), che ha parimenti escluso l’estensione del beneficio economico in parola al personale regionale che, alla data del 31/12/1996, si trovava già in quiescenza.

Sul punto, va, invero, precisato che la Progressione Economica Orizzontale (P.E.O.) è un istituto giuridico, nato dalla trasformazione del rapporto di pubblico impiego in rapporto di lavoro alle dipendenze delle PP.AA., all’interno della categoria di riferimento: lo stesso si sostanzia, in particolare, in una procedura di selezione del personale in servizio.

Si tratta di procedure di avanzamento interne alla stessa categoria (o area per il comparto Ministeri), rientranti nell’attività di gestione del rapporto di lavoro, in quanto incidenti sulla prestazione richiesta a parità di categoria.

Ora, trattandosi di istituto giuridico – sebbene avente riflessi di carattere economico sulla posizione del dipendente – consistente, in particolare, in una procedura selettiva, finalizzata a fare conseguire al personale interessato il livello economico superiore all’interno della medesima categoria, ne deriva, in primo luogo, la decorrenza – come accade di regola per tutti gli istituti giuridici – dalla data di entrata in vigore dell’accordo stesso o, dalla diversa data indicata – come nel caso in esame – nel medesimo atto.

Inoltre, dalla constatazione che si tratta di una procedura selettiva, e non già di un mero incremento della posizione stipendiale tabellare, deriva che la stessa debba necessariamente riguardare il personale in servizio; irragionevole sarebbe, al contrario, ricomprendere nella partecipazione a tale procedura il personale già in quiescenza alla data indicata.

Ora, che la Regione Siciliana decida di fare concorrere alla progressione economica coloro i quali risultano in servizio ad una data – la quale, in coerenza con quanto stabilito con il D.P.Reg.

n. 11/1995, coincide con il 31 dicembre dell’anno precedente a quello della selezione – non appare né irragionevole né irrazionale, atteso che, comunque, trattandosi peraltro di oneri finanziari connessi all’applicazione di accordi contrattuali, l’ente datore di lavoro deve pur sempre introdurre un limite temporale, al fine di determinare con certezza il bacino di utenza interna, che – giova ribadirlo – non può che essere quello del personale in servizio ad una determinata data, avente titolo alla partecipazione alle selezioni in interesse.

3.2. – Va respinto anche il secondo motivo, con cui si lamenta, in sostanza, l’avvenuta violazione di un "diritto quesito", asseritamente sorto nella sfera giuridica dei ricorrenti in virtù delle disposizioni contenute nei richiamati artt. 14 e 15 del decreto n. 11/95.

Va rilevato, in senso contrario a tale prospettazione, che le norme citate si limitano, come già accennato, a fare un generico riferimento al presupposto del triennio nella qualifica al "31 dicembre dell’anno precedente", e non al 31 dicembre 1994, come sostenuto dai ricorrenti: il che esclude che, nel caso a mani, sia possibile individuare l’esistenza dei vizi lamentati.

Va, inoltre, rammentato che le percentuali ed i criteri per la attribuzione della progressione economica orizzontale sarebbe dovuta avvenire "previa contrattazione" (art. 25, co. 3, decr. n. 11/95); di talché non è riscontrabile nel D.P.Reg. n. 11/95 alcuna attribuzione, ai ricorrenti, di un diritto di immediata attuabilità (cfr., in tal senso, C.g.a., Sez. Riun., 29 gennaio 2002, n. 597/99; 6 febbraio 2001, n. 499/99, citati).

3.3. – Il successivo motivo (eccesso di potere; illogicità manifesta) va parimenti respinto, per le argomentazioni già esposte nel superiore punto 2.1.

Quanto alla dedotta discrasia esistente tra la data del 31.12.1996 e quella indicata per la determinazione della percentuale dei soggetti aventi diritto (31.12.1993), è sufficiente rilevare che quest’ultimo termine era espressamente indicato nell’art. 15 del decreto. n. 11/95 e, come tale, non modificabile dal successivo decreto n. 34/97.

3.4. – Parimenti infondata è la censura con cui si lamenta la disparità di trattamento.

Infatti, come già ampiamente chiarito, l’attribuzione del beneficio della P.E.O. prevede una procedura selettiva, e il fatto che sia stata prevista la permanenza in servizio al 31.12.1996, oltre ad essere coerente con la disciplina generale contenuta negli artt. 14 e 15 del d. n. 11/95, pone un necessario limite temporale all’ambito di applicazione dell’accordo, comportante oneri finanziari in capo all’ente. Di talché, la circostanza che i ricorrenti, ormai in quiescenza alla data indicata, non siano destinatari di detta procedura selettiva non può comportare per ciò stesso una disparità di trattamento rispetto ai dipendenti, i quali, in possesso di tale requisito, sono stati inclusi nelle relative graduatorie (cfr. Corte Cost., 5 marzo 1999, n. 62).

Peraltro, la censura si presenta anche inammissibile per carenza di interesse: se, infatti, la prospettazione è da intendersi nel senso che detta selezione avrebbe dovuto ricomprendere solo personale in servizio alla data di entrata in vigore dell’accordo, dall’accoglimento della stessa i ricorrenti non potrebbero trarne alcuna utilità, non facendo parte, in ogni caso, della platea appena indicata.

4. – Per quanto suesposto il ricorso è manifestamente infondato e va, quindi, respinto.

5. – Avuto riguardo al lungo lasso di tempo trascorso dalla proposizione del ricorso, si ritengono sussistere le gravi ed eccezionali ragioni, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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