Cons. Stato Sez. IV, Sent., 04-02-2011, n. 802 Concessione per nuove costruzioni modifiche e ristrutturazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 7251 del 2009, G.G. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sezione terza, n. 1475 del 12 giugno 2009 con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Comune di Lecce per l’annullamento del permesso di costruire n. 43/08 del 29.1.2008, rilasciato dal Comune di Lecce a favore della C.E. di D.P.P. & C. s.a.s. e di tutti gli atti preparatori, presupposti, connessi e consequenziali.

Dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva impugnato il provvedimento n. 43/08 del 29.1.2008 con cui il Comune di Lecce aveva rilasciato alla C.E. di D.P.P. & C. s.a.s. un permesso di costruire.

La sig.ra G., proprietaria di un lotto contiguo a quello oggetto dell’intervento assentito dal Comune di Lecce, impugnava il permesso di costruire deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi:

– violazione e falsa applicazione degli artt. 12 e 13, d.P.R. n. 380/2001; violazione e falsa applicazione dell’art. 16 del regolamento edilizio del Comune di Lecce; eccesso di potere per difetto dei presupposti e d’istruttoria; illogicità; travisamento;

– violazione e falsa applicazione dell’art. 4 punto 2 e dell’art. 16 del r.e.c. in relazione all’art. 873 c.c.; eccesso di potere per difetto dei presupposti legittimanti e d’istruttoria; illogicità; travisamento e sviamento di potere;

– violazione e falsa applicazione dell’art. 3 punto 10 del r.e.c. e dell’art. 54 delle n.t.a.; eccesso di potere per difetto dei presupposti legittimanti e d’istruttoria; illogicità; travisamento e sviamento di potere.

Con motivi aggiunti depositati in data 2 luglio 2008, la ricorrente lamentava inoltre le seguenti ulteriori illegittimità del permesso di costruire:

– violazione e falsa applicazione dell’art. 3, d.P.R. n. 380/2001; eccesso e sviamento di potere;

– violazione e falsa applicazione dell’art. 3 punto 10 del r.e.c. e dell’art. 54 delle n.t.a. nonché del d.P.R. 380/2001 e della legge Regione Puglia n. 6/1979; eccesso di potere per difetto dei presupposti legittimanti e d’istruttoria; illogicità; travisamento e sviamento di potere;

– violazione e falsa applicazione della normativa tecnica vigente nel Comune di Lecce in materia di distanze legali dai confini; eccesso di potere per difetto dei presupposti legittimanti e d’istruttoria; illogicità; travisamento e sviamento di potere.

Con un ulteriore ricorso per motivi aggiunti, la ricorrente impugnava anche la nota prot. n. 58063/08 del 20.5.2008 – con cui il Comune di Lecce le comunicava che, a seguito della presentazione di un progetto di variante da parte della C.E. di D.P.P. & C. s.a.s., non intendeva dar più corso al procedimento di annullamento d’ufficio del permesso di costruire n. 43/08 – ed il permesso di costruire in variante n. 253/08 rilasciato in data 26.5.2008 alla C.E. di D.P.P. & C. s.a.s., per i seguenti motivi:

– violazione e falsa applicazione dell’art. 16 r.e.c. visto in relazione agli artt. 12 e 13 del d.P.R. n. 380/2001, eccesso e sviamento di potere; difetto assoluto di motivazione;

– violazione e falsa applicazione dell’art. 3 d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 54 delle n.t.a.; violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3.10 del r.e.c. in relazione all’art. 3 d.P.R. n. 380/2001; eccesso e sviamento di potere per difetto dei presupposti e d’istruttoria; illogicità e travisamento.

Costituitosi il Comune di Lecce e la controinteressata C.E. di D.P.P. & C. s.a.s., il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, evidenziando la correttezza dell’iter amministrativo per il rilascio del titolo abilitativo e la sua compatibilità con la disciplina urbanistica vigente.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’erroneità in fatto ed in diritto della sentenza, riproponendo le censure già dedotte davanti al T.A.R..

Nel giudizio di appello, si è costituita la parte controinteressata, C.E. di D.P.P. & C. s.a.s., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 13 ottobre 2009, l’esame dell’istanza cautelare veniva rinviato al merito.

Alla pubblica udienza del 14 dicembre 2010, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.
Motivi della decisione

1. – L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

2. – Con il primo motivo di diritto, viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del regolamento edilizio comunale di Lecce; violazione e falsa applicazione dell’art. 54 delle N.T.A. in relazione all’art. 2 del detto regolamento; difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia. La ragione di censura si rivolge contro la sentenza nella parte in cui ha sussunto la tipologia di fabbricato in via di edificazione nel concetto di nuova costruzione ed ha quindi ritenuto legittima l’opera de qua.

2.1. – La doglianza non può essere condivisa.

Occorre evidenziare come il procedimento seguito dal giudice leccese sia conforme ai dettati della disciplina vigente in tema di urbanistica, atteso che, a norma del comma 2 dell’art. 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 "Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia", le definizioni delle tipologie di interventi edilizi "prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi".

È quindi metodologicamente corretto che, prima di procedere a qualsiasi ricognizione della disciplina vigente, il giudice, e prima di lui l’amministrazione, si soffermi nel valutare la reale natura del manufatto per cui si chiede il rilascio del titolo abilitativo. Del pari è corretto che, stante la normativa appena richiamata, il riconoscimento della tipologia edilizia vada fatto facendo riferimento alle categorie indicate nel citato art. 3 al comma 1.

Su questa griglia argomentativa, il giudice di prime cure ha esaminato la natura del manufatto da realizzare, notando come sia "corretto l’assunto sostenuto dalla ricorrente secondo cui l’intervento edilizio assentito con il permesso di costruire impugnato, poiché prevede la realizzazione di un intervento di demolizione e ricostruzione con sagoma e volumi diversi rispetto al fabbricato preesistente, non configura una ristrutturazione edilizia ma è da inquadrare tra le nuove costruzioni". Tale ricostruzione viene condivisa dalla Sezione, in quanto l’opera realizzanda prescinde completamente dai manufatti preesistenti in loco, e non può quindi essere inquadrata nelle tipologie del testo unico sull’edilizia che definiscono agli interventi sull’esistente.

Su questa premessa, appare quindi del tutto corretta la valutazione del giudice di prime cure che ha ritenuto assentibile l’intervento in base alla disciplina urbanistica vigente.

Infatti, l’art. 54 delle n.t.a. consente, nelle zone B12, per i fabbricati la cui costruzione è successiva al 1950 la realizzazione di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, risanamento igienicoedilizio, ristrutturazione edilizia e ricostruzione. In detta norma, il comma 8 stabilisce che "gli interventi di ristrutturazione edilizia sono consentiti senza aumento della s.u. esistente a quelli di ricostruzione, con il rispetto dei seguenti indici massimi (…)".

La Sezione condivide anche la lettura data a tale norma che individua nel comma 8 dell’art. 54 un errore materiale, peraltro palese dove si evidenzia che l’originale del testo è su un dattiloscritto. Infatti, la particella "a" deve essere letta in realtà come una "e", per dare un senso grammaticale e logico al disposto. Pertanto, la distinzione operata dall’art. 54 delle n.t.a. tra gli interventi di ristrutturazione e quelli di ricostruzione impone di riferire il divieto di incrementare la superficie esistente ai soli interventi di ristrutturazione, mentre la ricostruzione, che, si ripete, si inquadra negli interventi di nuova edificazione, è subordinata al rispetto degli indici massimi previsti.

Pertanto, stante la confermata esistenza del rispetto dei citati indici, è condivisibile ritenere, come ha fatto il T.A.R. di Lecce, che l’intervento de qua potesse essere legittimamente assentito.

3. – Con il secondo motivo di diritto, viene lamentata violazione dell’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001; violazione dell’art. 28 della L.R. Puglia n. 6 del 79; difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia. Nel corpo della censura, la parte appellante sottolinea come nella la lettura operata dal T.A.R. pugliese si sarebbe operata un’inversione logica, in modo da "adattare le prescrizioni del d.P.R. 380/01 allo strumento urbanistico locale e non il contrario come invece comunque impone l’ultimo comma del citato art. 3".

3.1. – La doglianza non ha pregio.

Come prima richiamato, l’iter argomentativo seguito dal T.A.R. di Lecce è del tutto conforme a legge, perché si è mosso dapprima individuando, in via di fatto, la tipologia di intervento per cui si chiedeva il titolo abilitativo, poi ne ha dato una corretta qualificazione giuridica, in relazione alle categorie di cui all’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, ed infine, su questo riscontro fattuale, ha provveduto ad applicare la normativa urbanistica vigente.

Il fatto che l’edificio di cui si verte venga realizzato in un’area in cui vengono demoliti edifici preesistenti non trasforma ex se l’opera in una ristrutturazione. Infatti, ciò che contraddistingue la ristrutturazione dalla nuova edificazione è la già avvenuta trasformazione del territorio, attraverso un’edificazione di cui si conservi la struttura fisica (sia pure con la sovrapposizione di un " insieme sistematico di opere, che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente "), ovvero la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita, ma – in quest’ultimo caso – con ricostruzione, se non " fedele " (termine espunto dall’attuale disciplina), comunque rispettosa della volumetria e della sagoma della costruzione preesistente (da ultimo Consiglio di Stato, sez. VI, 16 dicembre 2008, n. 6214 proprio in tema di trasformazione di due manufatti agricoli in villa ad uso residenziale, con accorpamento di volumi e parziale spostamento dell’area di sedime, realizzazione ritenuta esclusa dalla nozione di ristrutturazione).

La doglianza non va dunque condivisa.

4. – Con il terzo motivo di diritto (indicato in ricorso con il numero 4), si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 4.2. del regolamento edilizio comunale vigente nel comune di Lecce e dell’art. 873 e sgg. del codice civile; difetto di motivazione su di un punto decisivo della controversia. A parere dell’appellante, il T.A.R. avrebbe errato affermando nel ritenere non fondata la censura inerente la violazione delle distanze tra i fabbricati, in quanto il citato art. 4.2. prevede la possibilità di ridurre la distanza minima "a mt. 00 in caso di costruzione in aderenza sul confine di proprietà (costruzione priva di finestre ovvero in base a progetto unitario presentato per i fabbricati da realizzare in aderenza).

4.1. – La doglianza non ha fondamento.

È ben vero che il principio della prevenzione, che ricorre quando il fondo è situato in un comune sprovvisto di strumenti urbanistici, non è applicabile quando l’obbligo di osservare un determinato distacco dal confine sia dettato da regolamenti comunali in tema di edilizia e di urbanistica, avuto riguardo al carattere indiscutibilmente cogente di tali fonti normative, da intendersi preordinate alla tutela, oltre che di privati diritti soggettivi, di interessi generali. Proprio in quest’ottica la giurisprudenza sottolinea che solo nel caso in cui i regolamenti edilizi stabiliscano espressamente la necessità di rispettare determinate distanze dal confine, non può ritenersi consentita la costruzione in aderenza o in appoggio a meno che tale facoltà non sia consentita come alternativa all’obbligo di rispettare le suddette distanze (Consiglio di Stato, sez. V, 25 ottobre 1999, n. 1688; Consiglio di Stato, sez. V, 13 gennaio 2004, n. 46).

La ricostruzione operata dal giudice leccese, che ricorda come solo nel caso in cui i regolamenti edilizi stabiliscano espressamente la necessità di rispettare determinate distanze dal confine, vietando la costruzione sullo stesso deve essere esclusa l’applicazione del principio della prevenzione, è quindi corretta.

Non verificandosi nel caso de qua la situazione appena esaminata, il principio della prevenzione assume tutta la sua valenza, consentendo, in ossequio a quanto previsto dagli art. 873 ss. c.c., a chi edifica per primo sul fondo contiguo ad altro tre diverse facoltà: in primo luogo, quella di costruire sul confine; in secondo luogo, quella di costruire con distacco dal confine, osservando la distanza minima imposta dal codice civile ovvero quella maggiore distanza stabilita dai regolamenti edilizi locali; ed infine quella di costruire con distacco dal confine a distanza inferiore alla metà di quella prescritta per le costruzioni su fondi finitimi, facendo salvo in questa evenienza la facoltà per il vicino, il quale edifichi successivamente, di avanzare il proprio manufatto fino a quella preesistente, previa corresponsione della metà del valore del muro del vicino e del valore del suolo occupato per effetto dell’avanzamento della fabbrica.

Nel caso di specie, dalla norma regolamentare sopra evidenziata emerge come sia ammessa la costruzione in aderenza e pertanto sia consentito a chi edifica per primo di costruire sul confine, nel rispetto della duplice condizione di presentare, per i fabbricati da realizzare in aderenza, un progetto unitario, e della realizzazione di una costruzione priva di finestre, al chiaro scopo di permettere al vicino di edificare, a sua volta, in aderenza. Ne deriva l’applicabilità in toto del principio di prevenzione, non sussistendo nella norma il cogente divieto a cui fa riferimento l’interpretazione vigente della normativa in materia.

La censura proposta deve quindi essere rigettata.

5. – L’appello va quindi respinto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalle oggettive difficoltà di ricostruzione della disciplina urbanistica vigente.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Respinge l’appello n. 7251 del 2009;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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