Cass. civ. Sez. II, Sent., 16-03-2011, n. 6185 Onorari

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Svolgimento del processo

Con decreto ingiuntivo del 31/7/1993 era ingiunto alla S.E.S.I. s.r.l. di pagare al geometra L.G. la somma di L. 17.938.332 di cui L. 12.198.485 per unilaterale recesso dal rapporto di incarico professionale e L. 4.991.172 per compenso relativo a prestazione di assistenza all’impresa per redazione di perizia di variante.

La S.E.S.I. proponeva tempestiva opposizione e con sentenza del 21/8/2002 il Tribunale di Palermo rigettava l’opposizione confermando integralmente il decreto ingiuntivo.

Sull’appello proposto dalla S.E.S.I., al quale resisteva il L., la Corte di Appello di Palermo parzialmente riformava la sentenza di prime cure e, revocato il decreto ingiuntivo, condannava la S.E.S.I. al pagamento della minor somma di L. 12.198.485 (Euro 6.299,99) corrispondente all’importo risarcitorio dovuto per ingiustificato recesso e rigettava la domanda relativa al compenso (di L. 4.991.172) per assistenza per la redazione della perizia di variante. Il rigetto di tale domanda (che costituisce la ragione dell’odierno ricorso) era fondato sui motivi che così sinteticamente si riassumono:

– il L. non aveva ricevuto per l’assistenza alla direzione lavori alcun esplicito incarico e, anzi, dalla lettera di incarico era espressamente esclusa l’assistenza alla direzione lavori per l’esecuzione di eventuali varianti ai progetti, salvo il caso in cui la committente reputasse necessaria la collaborazione con la D.L.;

la lettera 23/3/1992 con la quale il L. sollecitava il pagamento di somme relative all’assistenza nella redazione del progetto di variante, alla quale aveva fatto seguito solo nel Giugno 1994 il recesso della S.E.S.I., non costituiva elemento di prova univoco in assenza di altri elementi probatori, non desumibili dalle testimonianze, che la committente fosse consenziente o che comunque approvasse la condotta del L.;

– non era stata richiesta una indennità aggiuntiva per l’utilità tratta dalla società per l’attività così prestata.

Il L. ricorre sulla base di un motivo che comprende sia censure per omessa e falsa applicazione di norme di legge, sia per vizio di motivazione. Resiste con controricorso la S.E.S.I..
Motivi della decisione

Il ricorrente deduce, quale unico motivo, l’omessa o falsa applicazione di alcune norme riguardanti la nozione del contratto ( art. 1321 c.c.), i suoi requisiti ( art. 1325 c.c.), la conclusione del contratto ( art. 1326 c.c.) e l’irrevocabilità della proposta ( art. 1328 e 1329 c.c.) unitamente alla omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in merito al perfezionamento dell’accordo in forza del quale il L. avrebbe acquisito il diritto al compenso (di L. 4.991.172) per assistenza alla direzione lavori per la redazione della perizia di variante. In sintesi, il ricorrente, sulla premessa di avere effettivamente svolto la suddetta attività, riafferma che ciò sarebbe avvenuto con il consenso di SESI s.r.l. la quale, solo tardivamente, gli avrebbe revocato l’incarico, pur avendo, a dire del ricorrente, accettato l’opera.

Nella fattispecie la doglianza, con riferimento alle prove testimoniali è inammissibile per difetto di autosufficienza, perchè non riporta la trascrizione delle deposizioni.

Infatti, con riferimento alla valutazione delle testimonianze il ricorrente che in sede di legittimità denunci l’omessa o erronea valutazione di prove testimoniali, ha l’onere non solo di trascriverne il testo integrale nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività e di specificare i punti ritenuti decisivi, risolvendosi, altrimenti, il dedotto vizio di motivazione in una inammissibile richiesta di riesame del contenuto delle deposizioni testimoniali e di verifica dell’esistenza di fatti decisivi sui quali la motivazione è mancata ovvero è stata insufficiente o illogica. (Cass. 12/3/2009 n. 6023; Cass. sez. 6 30/7/2010 n. 17915 Ord.). Il L., per ottenere il riconoscimento del diritto al compenso per l’assistenza alla direzione lavori per la redazione della perizia di variante, aveva l’onere di dimostrare non solo l’espletamento di tale attività, ma anche di averla svolta con il consenso della SESI s.r.l. perchè quest’ultima, nel contratto scritto, gli aveva conferito l’incarico di eseguire la contabilità di un appalto, ma con espressa esclusione dell’assistenza alla direzione lavori per eventuali varianti di progetti, se non previa autorizzazione della committente (a quanto risulta dalla sentenza impugnata).

La Corte territoriale ha ritenuto che non fosse provato il consenso all’espletamento di tale ulteriore attività, escludendo che tale prova potesse desumersi dalle deposizioni dei testi escussi o da una lettera del 23/3/1992 con la quale il L. sollecitava il pagamento delle spettanze per la suddetta attività, alla quale aveva fatto seguito il recesso della SESI solo nel Giugno 1994.

La doglianza in merito alla valutazione delle testimonianze, come detto, è inammissibile e, per il resto, la valutazione di merito del giudice di appello appare sorretta da congrua e logica motivazione ed è fondata sulla corretta premessa per la quale la circostanza che l’attività fosse stata svolta era ininfluente in assenza della prova del consenso all’espletamento di tale attività.

L’accettazione dell’opera che, secondo il ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe considerato, non risulta in atti.

La sentenza, infine, non è intrinsecamente contraddittoria perchè non è stato ritenuto che, svolgendo l’attività contestata, il L. avesse adempiuto ad una obbligazione contrattuale, essendosi, viceversa, ritenuto che egli era stato inadempiente rispetto all’obbligo di non svolgerla, ma che tale inadempimento non giustificasse il recesso.

La svalorizzazione, ai fini della prova del consenso della committente, della rilevanza probatoria della lettera di sollecito di pagamento in data 23/3/1992 non è nè illogica nè contraddittoria posto che la committente non aveva alcun obbligo di rispondere negativamente alla richiesta di compenso, ma ben poteva semplicemente limitarsi a non dar corso al pagamento non dovuto.

Infine, non è neppure illogica o contraddittoria la motivazione per la quale il ritardo nel contestare l’attività svolta non poteva considerarsi significativo di un consenso dato all’espletamento dell’attività del L..

La censura riguardante la violazione delle norme in materia di contratto e di conclusione del medesimo è, di conseguenza, infondata perchè non è provata l’esistenza di alcun accordo o di alcuna accettazione di proposta contrattuale per la prestazione per la quale si chiede il compenso.

Deve altresì respingersi la doglianza relativa alla compensazione delle spese di lite nella misura di 1/3 per ogni grado di giudizio in quanto la Corte di appello ha correttamente tenuto conto della parziale soccombenza del L..

Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza del ricorrente.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare alla SESI s.r.l. le spese di questo giudizio di cassazione che si liquidano in complessivi Euro 900,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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