Cass. civ. Sez. II, Sent., 16-03-2011, n. 6183 Legittimazione attiva e passiva

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La San Germano s.r.l., proprietaria di un fabbricato adibito a garage e corredato da cortile, sito in (OMISSIS), conveniva in giudizio D.V., proprietario di un terreno confinante, per sentirlo condannare al rilascio di tale immobile, siccome detenuto in virtù di comodato precario.

Nel resistere in giudizio il convenuto eccepiva l’acquisto della proprietà del bene per usucapione.

Con sentenza del 24.8.2001 il Tribunale di Napoli (in esito a riassunzione della causa, precedentemente instaurata innanzi al Pretore di Napoli, sezione distaccata di Ischia, dichiaratosi incompetente) dichiarava che il convenuto deteneva senza titolo l’immobile, condannandolo al rilascio.

L’impugnazione proposta da D.V. era respinta dalla Corte d’appello di Napoli con sentenza del 19.1.2005.

Riteneva la Corte partenopea – per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità – che il giudice prime cure aveva rettamente pronunciato entro i limiti della domanda, avendo accertato la proprietà dell’immobile sulla base del titolo di provenienza prodotto ed avendo, quindi, desunto l’illegittima detenzione del bene da parte del convenuto sulla base di vari elementi, quali l’espresso riconoscimento, contenuto in un atto pubblico notarile del 1972, che il terreno di proprietà del D., così come trasferitogli, confinava con il garage e il cortile in questione; la prova testimoniale raccolta, da cui era risultato che la precedente proprietaria del bene, prima di alienarlo alla società San Germano, aveva costantemente provveduto alla relativa manutenzione; la circostanza che nessun elemento di prova aveva offerto il D. tanto sul titolo dell’occupazione, quanto sull’usucapione della proprietà del bene.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre D. V., formulando tre motivi.

Resiste con controricorso la società intimata.
Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., e segg. e art. 37 bis c.p.c., nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 100 c.p.c. e degli artt. 300 e 305 c.p.c., e ancora degli artt. 948 e 1803 c.c., e infine l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo dell’accertamento della condizione dell’azione, ritenuta di rilascio, che la proprietà del bene fosse della società attrice all’epoca della pronuncia della sentenza di primo grado.

Sostiene parte ricorrente che la società San Germano difetta di legittimazione attiva, poiché con atto di assegnazione rogato dal notaio Genghini il 28.12.1995, a seguito di scioglimento e messa in liquidazione, i beni di sua proprietà, tra cui l’immobile di cui si questiona, furono assegnati ai soci S., A., G. G. e Di.Me.St. (e per quest’ultimo, deceduto, agli eredi di lui, I.P., I. e D.M.C.), di talché doveva essere dichiarato il difetto di legittimazione attiva della società stessa, non avendo più quest’ultima la disponibilità del bene.

1.1. – Il motivo è manifestamente infondato.

Salvo quanto meglio considerato sub 2.1. che segue in punto di onere probatorio del comodante che agisca per la restituzione del bene concesso in godimento gratuito, ai limitati fini della confutazione della censura così come prospettata è sufficiente osservare che il principio per cui la legitimatio ad causam, in quanto condizione dell’azione ben può sopravvenire nel corso del giudizio, essendo necessario e sufficiente che ricorra al momento della decisione, non è rovesciabile, nel senso che non è esatta la proposizione reciproca, ossia che la legittimazione, esistente al momento dell’introduzione della lite, possa venir meno nel corso del giudizio rendendo improponibile la domanda. Infatti, il codice di rito, disciplinando all’art. 111 c.p.c. il fenomeno della successione a titolo particolare nel rapporto giuridico controverso, stabilisce che in tal caso il processo prosegue tra le parti originarie, salva la possibilità dell’intervento del cessionario e dell’estromissione del cedente.

Nessun rilievo, pertanto, è da attribuire alle vicende societarie successive all’instaurazione del giudizio (Fatto di citazione è del 14.9-13.11.1992), atteso che l’assegnazione ai soci della proprietà di beni singoli costituenti il residuo attivo della liquidazione, determina una successione a titolo particolare nel diritto controverso (cfr. Cass. n. 19/64), producendo gli effetti di cui alla norma processuale citata.

2. – Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1803 e 1141 c.c., nonché degli artt. 112 e 115 c.c., in connessione con l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia.

Sostiene il ricorrente che la parte attrice ha agito per il rilascio dell’immobile assumendo che il D. lo deteneva a titolo di comodato precario, in virtù di un "rapporto di consegna" instaurato con la precedente titolare del bene, dante causa della società San Germano. Quest’ultima, pertanto, avrebbe dovuto provare l’obbligazione di riconsegna al verificarsi della scadenza contrattualmente prevista o desumibile dall’impiego della res in conformità della sua natura. Nonostante tale onere probatorio non sia stato assolto, la Corte d’appello ha deciso la controversia prescindendo radicalmente dal dedotto rapporto di comodato.

Né la sussistenza di questo poteva essere esclusa dalla vendita dell’immobile effettuata il 18.10.1982 da H.C. in favore della società San Germano, né, ancora, poteva ricavarsi un’illegittima o comunque precaria detenzione dell’immobile dal contenuto dell’atto del 1972 tra la H. e il D.. Questi, infatti, aveva chiesto di provare con testi non solo di possedere l’immobile da oltre un trentennio, ma anche che il terreno su cui sorge il garage gli era stato consegnato dalla H. sin dal 1958 affinché ne godesse uti dominus.

2.1. – Il motivo è fondato.

La giurisprudenza di questa sezione è del tutto costante nell’affermare che colui il quale agisce per la restituzione del bene concesso in comodato esercita un’azione contrattuale che non richiede la prova della proprietà del bene stesso, ma solo del titolo della relativa concessione in godimento al convenuto, e che tale natura personale dell’azione non è modificata dalla domanda o dall’eccezione riconvenzionale di usucapione avanzata dal convenuto, sicché restano inalterati i rispettivi oneri probatori (cfr. Cass. nn. 8326/90, 8930/98,13605/00, 23086/04 e 4416/07).

2.1.1. – Nel caso che qui ne occupa, la sentenza impugnata ha erroneamente identificato il fondamento della proposta azione di rilascio (1) nel titolo di proprietà della San Germano, (2) nell’assenza di elementi di segno opposto che valessero a porlo in discussione e (3) nella mancata prova del diritto del D. quale comodatario, ovvero come proprietario per acquisto fattone per usucapione. Così operando, il giudice d’appello ha da un lato motivato su elementi di fatto che sarebbero stati rilevanti nell’ipotesi di un’azione reale e dall’altro ha finito con l’invertire l’onere della prova del comodato, considerandolo non quale causa petendi della domanda principale, ma come fatto impeditivo del diritto al rilascio.

3. – Con il terzo motivo è dedotta la "violazione, disapplicazione e motivazione contraddittoria e insufficiente in relazione all’art. 1158 c.c. e segg. all’art. 1153 c.c., ed all’art. 1141 c.c. e segg. e agli artt. 112 e 115 c.p.c.".

Il convenuto, si sostiene, ha eccepito l’usucapione della proprietà del bene su cui egli stesso ha, poi, costruito il garage, a sua cura e spese e con il consenso della H., senza che tale possesso potesse essere interrotto dall’ospitalità che egli dava a quest’ultima nelle non frequenti occasioni in cui ella si recava ad (OMISSIS) nella stagione estiva. Anche su questo punto, lamenta il ricorrente, il Tribunale ha respinto l’istanza istruttoria senza adeguata e puntuale motivazione.

3.1 – Tale motivo è inammissibile, in quanto rivolto contro la sentenza del giudice di primo grado e non avverso la pronuncia d’appello, la sola che, per il normale effetto sostitutivo della decisione resa all’esito del giudizio d’appello, possa essere oggetto d’impugnazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c. 4. – In conclusione va accolto il secondo motivo di ricorso e respinti gli altri. Conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli, che provvedere anche sulle spese della presente fase di legittimità.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il primo ed il terzo motivo, accoglie il secondo, cassa in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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