Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07-01-2011) 09-02-2011, n. 4682 Associazione per delinquere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 30 giugno 2010, il Tribunale di Roma ha respinto la richiesta di riesame avanzata nell’interesse di V.G. avverso ordinanza emessa il 18 maggio 2010 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con la quale era stata disposta nei confronti del predetto la misura della custodia cautelare in carcere per il rato di partecipazione ad una associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.

Propone ricorso per cassazione il difensore il quale, rinnovando questioni già devolute e disattese dai giudici del riesame, lamenta, nel primo motivo, violazione dell’art. 103 c.p.p., comma 5, per la utilizzazione di una conversazione intercettata tra l’indagato ed il suo difensore in altro procedimento, rilevando che la garanzia della inutilizzabilità prescinde dal fatto che la intercettazione sia stata disposta nell’ambito di un procedimento diverso da quello in cui il professionista svolge la funzione di difensore. Si rinnova, poi, la eccezione di mancata trasmissione degli atti al tribunale del riesame, giacchè, contrariamente all’assunto dei giudici a quibus, l’invio degli atti mediante la trasmissione di un CD che li contiene incide sul diritto di difesa, dovendo questa sopportare i costi di duplicazione. Si lamenta, poi, violazione di legge e vizio di motivazione in punto di gravità indiziaria, in quanto difetterebbe la prova della affectio societatis e del fatto che l’indagato avrebbe contribuito al pagamento della somma richiesta per la liberazione di S.K., trattenuto all’estero. Gli elementi evocati dai giudici del riesame sarebbero in realtà mere congetture, prive di base probatoria ed insuscettibili di asseverare la stabilità del vincolo fra gli associati.

Il ricorso è infondato. A proposito del primo motivo, va infatti ribadito che l’art. 103 c.p.p., nel vietare le intercettazioni delle conversazioni o comunicazioni dei difensori, riguarda l’attività captativa in danno del difensore in quanto tale ed ha dunque ad oggetto le sole conversazioni o comunicazioni -individuabili, ai fini della loro inutilizzabilità, a seguito di una verifica postuma – inerenti l’esercizio delle funzioni del suo ufficio, senza estendersi, dunque, ad ogni altra conversazione che si svolga nel suo ufficio o domicilio. La garanzia sancita dalla norma di cui innanzi si è detto non si traduce, infatti, in un divieto assoluto di conoscenza ex ante, come se il legale godesse di un ambito di immunità assoluta o di un privilegio di categoria, ma implica una verifica successiva del rispetto dei relativi limiti, la cui violazione comporta la inutilizzabilità delle risultanze dell’ascolto non consentito, ai sensi dell’art. 103, comma 7, e la distruzione della relativa documentazione, a norma dell’art. 271 c.p.p., richiamato dallo stesso art. 103 c.p.p., comma 7 (Cass., Sez. 6, 3 giugno 2008, Gagliardi; Cass., Sez. 6, 4 luglio 2006, Spahija;

Cass., Sez. 6, 4 maggio 2005, Assinnata). Ciò vale, a fortiori, nelle ipotesi in cui – come deduce lo stesso ricorrente – il risalto della conversazione sia limitato alla semplice identificazione della persona dell’indagato. Quanto alla doglianza relativa alla trasmissione degli atti mediante l’invio di un supporto informatico, questa Corte ha già avuto modo di affermare che la facoltà del difensore di esaminare gli atti trasmessi al tribunale del riesame, ed estrarne copia, comprende, nei casi in cui gli atti trasmessi siano contenuti in un CD-rom, il diritto di chiedere ed ottenere che sia messo a disposizione uno strumento con il quale consultare, nella cancelleria del giudice, gli atti in questione, nonchè quello di estrarne copia (Cass., Sez. 4, 26 gennaio 2010, Laci). D’altra parte, poichè la disciplina codicistica non impone al pubblico ministero di presentare al giudice, in sede di richiesta di applicazione della misura cautelare, l’originale degli atti da cui sono tratti gli elementi da porre a base del provvedimento applicativo, e poichè, anzi, a norma dell’art. 100 disp. att. c.p.p., in caso di impugnazione de libertate, la autorità procedente deve trasmettere al giudice della impugnazione gli atti occorrenti "in originale o in copia", se ne deve dedurre che la relativa copia ben possa essere "formata" non soltanto attraverso il tradizionale strumento cartacee, ma anche mediante la assai più funzionale trasposizione su un supporto informatico, agevolmente consultabile e suscettibile di pronta riproduzione, tanto visiva che cartolare.

Quanto alla doglianza relativa al presupposto della gravità indiziaria, le censure si limitano ad una generica contestazione dei presupposti di legge, del tutto priva del carattere della specificità, e per di più fortemente orientata a sollecitare un improprio riesame del merito, palesemente precluso a questa Corte.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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