Cass. civ. Sez. II, Sent., 16-03-2011, n. 6180 Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 12 settembre 1994 F. F. evocava, dinanzi al Tribunale di Napoli, B. A. esponendo che quest’ultimo, con atto per notaio Maffia del 27.2.1968, regolarmente trascritto, aveva acquistato un suolo edificatorio in (OMISSIS), dell’estensione di 9697 mq (riportato in catasto terreni alla partita 5688, foglio 12, particelle 297 e 268), di cui un terzo per conto e nell’interesse dell’attore, che ne aveva corrisposto anche il prezzo; aggiungeva che in seguito il B. cedeva una quota del terreno, ricevendone il relativo prezzo, alla Parco dei Cedri s.r.l., per cui rimaneva intestatario della residua porzione di terreno estesa per circa 5000 mq.; inoltre, affermava che con dichiarazione del 30.7.1979 il B. riconosceva che il terreno, comprensivo della strada privata di accesso, apparteneva per un terzo indiviso al F. e dimostrava disponibilità a comparire avanti a notaio per l’intestazione della quota, nonostante al giorno convenuto non comparisse. Ciò posto, il F. chiedeva pronunciarsi sentenza di trasferimento della quota indivisa, pari ad un terzo, della residua porzione di terreno di circa 5000 mq, oltre alla condanna del convenuto al risarcimento dei danni.

Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che preliminarmente eccepiva la prescrizione del diritto vantato dal F., il Tribunale adito, all’esito dell’istruzione della causa, accoglieva la domanda e dichiarava il trasferimento da B. al F. della quota indivisa, pari ad un terzo, della predetta porzione di terreno, con ordine al Conservatore di trascrizione della sentenza, oltre alla condanna del convenuto al rimborso delle spese di lite.

In virtù di rituale appello interposto dal B., con il quale deduceva l’erroneità della decisione sotto una molteplicità di profili, in particolare circa la indeterminatezza dell’oggetto della domanda, dell’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della pretesa fatta valere, nonchè la mancanza di una domanda di simulazione, la Corte di Appello di Napoli, nella resistenza dell’appellato, accoglieva l’appello e, in totale riforma della sentenza del giudice di prime cure, rigettava la domanda attore.

A sostegno dell’adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava la mancata, esatta individuazione del bene, di cui si chiedeva il trasferimento ai sensi dell’art. 2932 c.c., come indicato nel negozio unilaterale sottoscritto dal B., anche con riferimento agli atti in esso genericamente richiamati di acquisto ovvero di cessione, facendone discendere la nullità della dichiarazione, ai sensi dell’art. 1346 c.c., ritenuti assorbiti gli altri motivi di doglianza. Avverso l’indicata sentenza della Corte di Appello di Napoli ha proposto ricorso per cassazione il F., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito il B. con controricorso, il quale ha anche proposto ricorso incidentale con un unico motivo di doglianza.

Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione

Il ricorso principale ed il ricorso incidentale vanno preliminarmente riuniti, a norma dell’art. 335 c.p.c., concernendo la stessa sentenza.

Ciò posto, con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1441 c.c. e degli artt. 112, 115, 116, 117 e 118 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 per avere la Corte di merito erroneamente dichiarato d’ufficio la nullità dell’atto unilaterale posto a base della domanda, sottoscritto dallo stesso B., che mai aveva messo in dubbio la piena validità della dichiarazione del 30.7.1979, così incorrendo nel vizio di ultra petitum. Inoltre, la Corte sarebbe incorsa in un error in procedendo nella valutazione ed interpretazione delle risultanze probatorie.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1346 e 1419 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 per avere la Corte distrettuale insufficientemente motivato l’affermazione circa la indeterminatezza ed la indeterminabilità dell’oggetto della dichiarazione del B., da cui ha fatto discendere la nullità dell’atto medesimo. In altri termini, le argomentazioni della decisione non consentirebbero l’individuazione del procedimento logico giuridico seguito, giungendo ad una interpretazione totalmente erronea della dichiarazione del 30.7.1979.

I due motivi vanno esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione, attenendo entrambi all’accertamento operato dal giudice del gravame circa la validità ed efficacia della dichiarazione unilaterale posta a base del diritto vantato da ricorrente.

Le censure mosse alla decisione dal ricorrente sono prive di pregio e non merito accoglimento, in quanto il giudice del gravame, dichiarando la non utilizzabilità giuridica della dichiarazione sopra menzionata ai fini della previsione di cui all’art. 2932 c.c., ha fatto corretta applicazione delle norme di diritto sostantivo, con il supporto di compiuta e logicamente ineccepibile motivazione.

Per dare sostegno alle sue articolare deduzioni il ricorrente non manca di attuare una alterazione degli elementi e dei profili della dichiarazione posta a sostegno delle sue ragioni. Egli, infatti, afferma che l’atto unilaterale del 30.7.1979 conterrebbe il riconoscimento da parte del B. che il terreno in contesa apparterrebbe, per un terzo indiviso, al F.. Ciò ha indotto il giudice di prime cure ad attribuire a tale dichiarazione la natura e l’efficacia di un contratto preliminare di compravendita, e che, in virtù di essa, l’incontro della volontà degli stipulanti sia avvenuto in tutti gli elementi essenziali, in essi compreso il bene oggetto della stipulazione.

Senonchè, come bene ha osservato il secondo giudice, facendo un uso corretto delle regole ermeneutiche apprestate in materia di interpretazione degli atti, proprio dal contenuto della dichiarazione del 30.7.1979 emerge che il resistente ha solo effettuato una ricognizione in ordine ai beni in contesa, limitandosi ad indicare le caratteristiche degli stessi, senza alcuna manifestazione di volontà nel senso voluto dal ricorrente, ossia di assumere un’obbligazione alla loro trasmissione. Nella citata dichiarazione si legge, infatti, testualmente: "il sottoscritto sig. B.A., nato il…, dichiara che egli risulta proprietario di un suolo edificatorio sito in (OMISSIS), dell’estensione di mq. 5000 circa (compresa la zone occupata dalla strada privata di accesso al (OMISSIS)) pervenutagli in gran parte con atto 27 febbraio 1968 per notaio Maffia, trascritto il 29 febbraio 1968 ai nn. 10429/7465 (la zone acquistata con questo atto era riportata in catasto terreni alla partita 5688, foglio 12, particelle 267 e 268) e per la parte rimanente con atti successivi; e precisa che detto suolo edificatorio costituisce la parte residua di una maggiore estensione originaria (sulla quale quest’ultima società costruì il comprensorio denominato (OMISSIS)), è rimasta inedificata ed intestata ad esso sig. B.A.".

Da ciò il giudice del gravame ha giustamente dedotto che non potesse essere attribuito valore di obbligo contrattuale alla dichiarazione unilaterale, che manca di qualunque indicazione circa i pretesi rapporti con il F., non potendosi certamente desumere un diverso contenuto dal solo fatto di avere rilasciato l’atto alla controparte.

Del resto se il ricorrente avesse voluto dimostrare l’esistenza di un negozio fiduciario, che si realizza mediante il collegamento di due negozi, l’uno di carattere esterno, realmente voluto e con efficacia verso i terzi, e l’altro di carattere interno – pure effettivamente voluto – ed obbligatorio, diretto a modificare il risultato finale del primo negozio per cui il fiduciario è tenuto a ritrasferire il bene al fiduciante o ad un terzo, avrebbe dovuto dare la prova dell’esistenza di un "pactum fiduciae" esistente fra le parti e certamente tale contenuto non può essere attribuito alla dichiarazione summenzionata per quanto esposto.

Passando all’esame del ricorso incidentale, si osserva che con l’unico motivo il B. ha dedotto la violazione dell’art. 112 e dell’art. 163 c.p.c. per non avere la Corte di merito – rilevata la nullità della dichiarazione unilaterale – pronunciato l’inammissibilità della domanda.

E’ evidente che stante l’impostazione che precede, il motivo è da ritenere assorbito per carenza di interesse ad una pronuncia sul punto.

Per tutte le considerazioni sopra svolte, il ricorso principale va rigettato, assorbito quello incidentale.

Alla soccombenza consegue, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese del giudizio di Cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi e rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 2.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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