Cass. civ. Sez. II, Sent., 16-03-2011, n. 6172 Accessione

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Svolgimento del processo

Con citazione del 1997, la Curatela del fallimento della SOGECA srl esponeva che con rogito del 1980, O.G. e G. A. avevano ceduto la metà indivisa dei alcuni terreni in (OMISSIS) a G., N., S. e C.A.M. e che su tali terreni la stessa società aveva realizzato un complesso turistico.

Evidenziava l’impossibilità per il fallimento di acquisire all’attivo i beni suddetti in quanto costruiti su terreni di proprietà di terzi e chiedeva al tribunale di Urbino la condanna di tutti i predetti al pagamento di tutte le somme spese dalla società in materiali e mano d’opera.

Si costituivano i convenuti; mentre l’ O. e la G. non contestavano il diritto di controparte di ottenere l’indennità richiesta, gli altri convenuti resistevano alla domanda.

L’adito Tribunale, con sentenza del 1999, condannava i convenuti, in solido, al pagamento di L. 929.000.000, oltre accessori e regolava le spese. Avverso tale decisione proponevano appello i C., cui resisteva la Curatela; con sentenza in data 18.1 – 5.2. 2005, la Corte di appello di Ancona rigettava l’impugnazione e regolava le spese.

Osservava la Corte territoriale che non era contestato che fosse stata la COGECA a realizzare le opere in questione; la circostanza poi che uno dei comproprietari del terreno fosse anche socio amministratore della società non incideva sulla diversità dei soggetti in base alle norme che, in particolare disciplinano le società di capitali. L’insussistenza del requisito della buona fede era poi da ritenersi pacifica, mentre gli appellanti erano decaduti dal diritto di esercitare lo ius tollendi,in quanto le opere non erano più in corso di esecuzione, ma erano state sospese sine die, sicchè si era avuta incorporazione.

Per la cassazione di tale sentenza ricorrono, sulla base di un motivo articolato in sette punti, i C.; gli intimati non hanno espletato attività difensiva.
Motivi della decisione

Con l’unico motivo in cui in presente ricorso si articola, si lamenta violazione dell’art. 936 c.c. e difetto di motivazione, in relazione alla dedotta insussistenza di terzietà in capo alla società rispetto al fondo su cui le opere erano state edificate.

In particolare si evidenzia che il costruttore, per essere terzo, non solo non deve essere proprietario del fondo, ma non deve avere alcun rapporto, personale o reale, con il proprietario di esso.

Nella specie, le istanze di concessione edilizia e di finanziamento erano state presentate dall’ O. (socio amministratore della società a responsabilità limitata) nella veste di comproprietario del fondo e non poteva pertanto affermarsi che le opere erano state realizzate dalla società per proprio conto.

Inoltre l’interesse della società sarebbe stato esclusivamente quello dell’ O. e della G., mentre la società era compossessore del terreno a mezzo del suo socio amministratore O., anche in ragione del fatto che era stato stipulato un contratto di locazione dei beni del complesso turistico realizzato.

La tematica affrontata pone il problema afferente al se ove un soggetto accentri in sè la posizione di socio amministratore di una società di capitali e quella di comproprietario di un fondo su cui la predetta società venga ad operare per esercitarvi la sua attività statutariamente prevista, la società conservi o meno la qualità di terzo quale costruttore di opere insistenti sul fondo stesso.

A prescindere dalla sussistenza, nel caso di specie di elementi singolari circa il modo in cui l’attività di costruttore della società si è in concreto realizzata, non può essere revocato in dubbio che la terzietà esiste in re ipsa allorchè ad operare la costruzione sia un soggetto diverso dalla persona fisica comproprietaria del fondo su cui si costruisce e tale dato non è stato seriamente posto in discussione, se non mediante un generico riferimento ad un ipotetico appalto, peraltro del tutto insufficiente a fondare una concreta doglianza a tanto riferita.

E’ appena il caso di rilevare come sia quanto meno ardita la tesi secondo cui la società sarebbe stata compossessore del fondo per il tramite del suo amministratore, atteso che tale confusione di ruoli non trova riscontro in alcun principio normativo od interpretativo.

La corposa ricostruzione dei rapporti societari contenuta in ricorso non vale a togliere senso e valenza ad un dato obbiettivo, che non può venir meno per la concentrazione in una sola persona fisica delle qualità di amministratore di una società che costruisce su di un fondo di terzi e quella di comproprietario del fondo stesso.

La copiosa giurisprudenza formatasi a proposito della terzietà richiesta dall’art. 936 c.c. fa riferimento al requisito secondo cui il soggetto che richieda il pagamento delle opere realizzate su fondo altrui sia diverso dal proprietario del fondo stesso e non può sussistere dubbio sul fatto che nella specie la società SOGECA non si identificava nell’ O., che ne era solo l’amministratore; da tanto consegue che il requisito de quo sussiste e che pertanto ilo ricorso non può trovare accoglimento.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese, che liquida in Euro 6.200,00, di cui Euro 6.000,00 per onorari, oltre agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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