Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 21-12-2010) 09-02-2011, n. 4732 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 27 luglio 2010 il Tribunale di Napoli, costituito ex art. 309 c.p.p., confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa confronti di D.R. dal Gip dello stesso tribunale, in data 21.6.2010, in relazione ai reati di cui all’art. 416 bis c.p. (capo 1), artt. 81 cpv., 110 e 353 c.p., aggravato L. n. 203 del 1991, ex art. 7 (capi 5, 15, 16, 19 e 26, fatti contestati sino a (OMISSIS)), artt. 81 e 110 c.p. e L. n. 356 del 1992, art. 12 quiquies, aggravato L. n. 203 del 1991, ex art. 7 (capo 6), artt. 81 cpv., 476, 479 e 491 c.p., art. 61 c.p., nn. 2 e 9, aggravato L. n. 203 del 1991, ex art. 7 (capo 17), annullando l’ordinanza genetica limitatamente alla contestazione di cui al capo 18 (abuso di ufficio).

Il tribunale richiamando specifiche parti del provvedimento del Gip, premetteva che alla luce del contenuto delle conversazioni intercettate, prevalentemente a bordo del veicolo di S. N. (cl. (OMISSIS) nipote di S.F.), nonchè degli accertamenti svolti dalla p.g., risultava acquisito un consistente compendio indiziario in ordine all’esistenza di un gruppo organizzato ed operativo riferibile al clan Iovine-Schiavone – direttamente legato a soggetti di vertice del sodalizio camorrista del quale viene ricordata la già accertata esistenza ed attuale operatività – dedito, attraverso una pluralità di condotte, alla acquisizione e gestione di lavori pubblici nel casertano con metodi e logiche mafiose ed In violazione della relativa normativa.

Nell’ordinanza impugnata si afferma la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente in ordine a tutti i suddetti reati ed in specie al concorso, nella veste di imprenditore legato agli S., in più episodi di turbativa delle gare di appalto realizzate attraverso la predisposizione di offerte concordate e l’allontanamento con l’intimidazione mafiosa degli imprenditori non acquiescenti. Le condotte poste in essere dal D. venivano tratte essenzialmente dalle conversazioni intercettate a bordo dell’autovettura di S.N. cl. (OMISSIS) – alcune relative a colloqui con lo stesso indagato – dalle quali emergeva il contatto costante tra i predetti in vista della preparazione delle gare il cui esito veniva alterato attraverso la predisposizione delle c.d. buste di comodo.

A tale congerie di indizi in ordine al concorso del D. nella predetta attività svolta in maniera continuativa dal sodalizio veniva ricondotta la valutazione della sussistenza della gravità indiziaria della partecipazione del predetto al sodalizio stesso, nonchè, della configurabilità dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 contestata in relazione ai singoli reati-fine.

2. Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, D.R., denunciando violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 273 c.p.p.. In particolare, con il primo motivo di ricorso si afferma che il quadro indiziario consentiva di ricostruire l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 353 c.p., mentre la motivazione del provvedimento impugnato non individua alcun elemento concreto in ordine alla sussistenza della gravità indiziaria relativamente al reato di cui all’art. 416 bis c.p. ed alla aggravante della L. n. 203 del 1991, art. 7, atteso che dalle conversazioni intercettate emerge che il D. aveva contatti esclusivamente con S.N. e soltanto con riferimento alle gare di appalto. La partecipazione al sodalizio dell’indagato risulterebbe, quindi, frutto di mera petizione di principio, svincolata dall’esame degli atti e con omessa valutazione di elementi rilevanti come le minacce subite dal D. e la mancata aggiudicazione di gare significative.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la totale assenza di motivazione del provvedimento impugnato in ordine alla sussistenza di elementi idonei ad escludere la presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, benchè prospettati dalla difesa, in specie avuto riguardo all’epoca dei fatti ed alla mancanza di attualità dei collegamenti tra l’indagato e S.N..
Motivi della decisione

1. Infondato è il primo motivo di ricorso.

Il vaglio di legittimità demandato a questa Corte non può non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità al canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, prescritti dall’art. 273 c.p.p. per l’emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito.

All’evidenza, gli elementi di fatto significativi ai fini della ritenuta sussistenza della gravità indiziaria a carico di D. R., in specie in relazione al reato di cui all’art. 416 bis c.p. e all’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 – ai quali sono di fatto limitate le censure del primo motivo di ricorso – sono stati valutati nel contesto complessivo delle emergenze investigative sintetizzato nel provvedimento impugnato, richiamando, altresì, l’ordinanza del Gip con la quale è stata applicata la misura cautelare al ricorrente ed altri soggetti.

Il tribunale del riesame trae la valutazione della sussistenza della gravità indiziaria della partecipazione al sodalizio dalla pluralità di condotte dell’indagato, nella veste di imprenditore legato agli S., e dalla partecipazione a più episodi di turbativa delle gare di appalto realizzate attraverso la predisposizione di offerte concordate, nonchè l’allontanamento degli imprenditori non acquiescenti attraverso l’intimidazione mafiosa, non contestate dalla difesa, tratte essenzialmente dalle conversazioni intercettate a bordo dell’autovettura di S.N. cl. (OMISSIS) – alcune relative a colloqui con lo stesso indagato – dalle quali emergeva il contatto costante tra i predetti in vista della preparazione delle gare il cui esito veniva alterato attraverso la predisposizione delle c.d. buste di comodo.

La Corte ha in più occasioni affermato, in tema di associazione per delinquere, la ripetuta commissione, in concorso con i partecipi al sodalizio criminoso, di reati-fine integra, per ciò stesso, gravi, precisi e concordanti indizi in ordine alla partecipazione al reato associativo (Sez. 2, 22 gennaio 2010, n. 5424, Syndial, rv. 246441;

Sez. 6, 10 novembre 2009, n. 47048, Plastino, rv. 245448).

Nè, invero, riveste alcun pregio il rilievo del ricorrente che l’indagato risultava avere contatti esclusivamente con S. N., atteso che in presenza degli indizi connotati dalla necessaria gravità in ordine al contributo fornito alle attività del sodalizio non è idonea a contraddire l’inserimento dell’indagato nell’associazione la circostanza che questi mantenga contatti prevalentemente o esclusivamente con uno soltanto del sodali, in specie quando questi rivesta un ruolo apicale nell’organizzazione.

Orbene, lo sviluppo argomentativo della motivazione – sebbene riproduca in parte le motivazioni del provvedimento cautelare riportando i contenuti significativi e condivisi dal giudice del riesame – è fondato su una coerente analisi degli elementi indizianti e sulla loro coordinazione in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della gravità, nel senso che questi sono stati reputati conducenti, con un elevato grado di probabilità, rispetto al tema di indagine concernente la partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso contestata al D..

Alla luce del complessivo contesto nel quale si inseriscono le circostanze esaminate, esente da vizi sindacabili in questa sede è la motivazione del tribunale in ordine alla configurabilità dell’aggravante L. n. 203 del 1991, ex art. 7, contestata ai capi 5), 6), 15), 16), 17), 19) e 26).

Le censure del ricorrente sono volte, in sostanza, ad una rilettura delle risultanze processuali e ad una rivalutazione della consistenza indiziaria e delle circostanze poste dal giudice a fondamento della custodia cautelare in carcere, condivise e fatte proprie dal tribunale. Nè vengono indicate dal ricorrente circostanze di fatto significative idonee a contraddire le valutazioni del tribunale, non potendosi ritenere tali quelle genericamente enunciate senza, peraltro, alcuna indicazione degli specifici atti dai quali le stesse emergerebbero.

2. E’ fondato, invece, il motivo di ricorso con il quale si denuncia l’omessa motivazione del provvedimento impugnato in ordine alla sussistenza di elementi Idonei ad escludere la presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3.

Come è noto, la presunzione normativa di adeguatezza della custodia cautelare in carcere nel casi in cui sussistano gravi indizi di colpevolezza per un delitto di criminalità mafiosa, può essere superata soltanto in forza di elementi concreti e specifici dai quali emerga l’insussistenza delle esigenze cautelari. Tanto può esonerare il giudice dal dovere di motivare in modo specifico sulla sussistenza delle esigenze cautelari, sempre che nella richiesta di riesame non siano state prospettate dell’indagato circostanze specifiche circa l’insussistenza di dette esigenze.

Nella specie, la censura del ricorrente trova fondamento nella totale mancanza di motivazione sui punto nel provvedimento impugnato, pur avendo la difesa posto la questione della sussistenza di elementi idonei ad escludere la presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, a fondamento di specifico motivo di riesame, come si rileva dagli atti. Cosi che, si imponeva la necessità di motivazione sia pure sintetica sul punto, indipendentemente dalla fondatezza della rappresentazione difensiva.

3. L’ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata limitatamente al punto relativo alle esigenze cautelari e, conseguentemente, deve essere disposto il rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame sul punto.

La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Napoli.

Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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