T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 04-02-2011, n. 1087

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

il ricorrente impugna il provvedimento posizione 210062 del 03/11/10 con cui il Consolato Generale a Casablanca ha respinto la richiesta di visto d’ingresso per lavoro autonomo presentata dal predetto;
Motivi della decisione

il ricorso è infondato e deve essere respinto;

Considerato che con la prima censura il ricorrente prospetta il vizio di difetto ed illogicità della motivazione in quanto il provvedimento impugnato non indicherebbe le ragioni poste a base del diniego e, in ogni caso, sarebbe in contrasto con la finalità di "favorire gli investimenti…da parte di lavoratori stranieri", perseguita dal D.P.C.M. del 1 aprile 2010;

Considerato che il motivo in esame è infondato in quanto dall’esame dell’atto gravato si evince che l’amministrazione ha respinto la richiesta di visto "in quanto l’attività (ricerca di mercato) svolta dal richiedente non rientra tra quelle previste dal D.P.C.M. del 1 aprile 2010";

Rilevato che la motivazione in esame è idonea a fornire contezza dell’iter logicogiuridico seguito dall’amministrazione ai fini della decisione in quanto dalla stessa risulta che il diniego è stato emesso perchè l’attività svolta dal ricorrente non rientra tra quelle menzionate dall’art. 2 del citato Decreto come legittimanti l’ingresso nel nostro Paese e, in particolare, non è "di interesse per l’economia italiana";

Considerato che la valutazione operata dall’amministrazione è, nel merito, corretta non potendosi riconoscere all’attività espletata dal ricorrente, per le sue concrete caratteristiche e la sua obiettiva fungibilità, uno specifico interesse per l’economia italiana;

Considerato, pertanto, che il provvedimento impugnato è correttamente motivato in applicazione dei parametri fissati dal D.P.C.M. del 1 aprile 2010;

Ritenuta, poi, infondata la seconda censura con cui il ricorrente prospetta l’illegittimità del D.P.C.M. del 1 aprile 2010 che sarebbe stato emesso oltre il termine del 30 novembre 2009, previsto dall’art. 4 d. lgs. n. 286/98, e, comunque, in violazione della norma in esame in quanto lo stesso potrebbe solo indicare i limiti quantitativi per l’ingresso ma non definire la tipologia delle attività che giustificano il rilascio del visto;

Rilevato, infatti, che il D.P.C.M. del 1 aprile 2010 è stato legittimamente emanato ai sensi dell’art. 3 d. lgs. n. 286/98, come modificato dall’art. 10ter del decretolegge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2010, n. 25, il quale dispone che la determinazione annuale delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato avviene con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sulla base dei criteri generali per la definizione dei flussi d’ingresso individuati nel documento programmatico triennale, relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, e che "in caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il Presidente del Consiglio dei Ministri può provvedere in via transitoria, con proprio decreto, entro il 30 novembre, nel limite delle quote stabilite nell’ultimo decreto emanato";

Considerato che il termine del 30 novembre, previsto dalla norma in esame, non può essere ritenuto perentorio in assenza di diversa specificazione normativa;

Rilevato, altresì, che il citato Decreto, stante anche la sua natura dichiaratamente transitoria, può legittimamente prevedere anche la tipologia delle attività che giustificano l’ingresso in Italia e non soltanto il limite quantitativo dei lavoratori ammessi;

Ritenuta, altresì, infondata la terza censura con cui è stata dedotta la violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità;

Considerato, infatti, che la valutazione operata ai fini dell’adozione del gravato diniego di visto risulta, nel merito, corretta e legittima in relazione all’esigenza che l’ingresso di cittadini stranieri sia giustificato da uno specifico interesse del nostro Paese;

Considerato che per questi motivi il ricorso è infondato e deve essere respinto;

Considerato che il ricorrente, in quanto soccombente, deve essere condannato al pagamento delle spese del presente giudizio il cui importo viene liquidato come da dispositivo;
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

1) respinge il ricorso;

2) condanna il ricorrente a pagare le spese del presente giudizio il cui importo si liquida, per entrambe le amministrazioni costituite, in complessivi euro settecentocinquanta/00, per diritti ed onorari, oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *