Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 16-03-2011, n. 6160 Indennità di buonuscita o di fine rapporto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accoglieva parzialmente, e cioè sino al 31 ottobre 1992, la domanda di O.A., proposta nei confronti dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, avente ad oggetto il computo della retribuzione corrisposta per il lavoro straordinario nell’indennità di anzianità e del TFR. La Corte territoriale, dopo aver respinto, con sentenza non definitiva, la domanda dell’ O. relativamente al periodo successivo al 31 ottobre 1992 ritenendo che le parti sociali con il CCNL del 1992 avevano voluto escludere la computabilità della retribuzione per lavoro straordinario nel TFR, accoglieva, con sentenza definitiva, per il periodo precedente alla indicata data l’istanza del ricorrente sul presupposto che i relativi contratti collettivi avevano fatto riferimento ad un concetto di retribuzione omnicomprensiva.

Avverso questa sentenza il lavoratore ricorre in cassazione sulla base di due censure.

Resiste con controricorso, illustrato da memoria, l’Istituto intimato il quale, in via preliminare, eccepisce l’inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 366 bis c.p.c. e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.
Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 416, 436 e 345 c.p.c., pone, ex art. 366 bis c.p.c., il seguente quesito di diritto: "Voglia l’Ecc. Corte rilevare e dichiarare l’inammissibilità della domanda subordinata formulata dall’Istituto Poligrafico relativa alla limitazione del diritto del ricorrente alla inclusione dello straordinario nella base di calcolo del TFR sino al 31/10/92, poichè formulata per la prima volta nel giudizio di appello e, pertanto, tardiva".

Con la seconda censura il ricorrente, denunciando violazione o falsa applicazione della L. 29 maggio 1982, n. 297 nonchè vizio di motivazione, formula, ex art. 366 bis c.p.c., il seguente quesito di diritto: "Voglia l’Ecc. Corte riconoscere e dichiarare in virtù del disposto della L. n. 297 del 1982 e del relativo riferimento al compenso dovuto quale concetto autonomo ed indipendente rispetto ad ogni definizione contrattuale del compenso percepito il diritto del ricorrente alla inclusione nella base di calcolo del TFR del compenso percepito per lavoro straordinario continuativamente prestato sino alla data di risoluzione del rapporto".

Preliminarmente va disattesa l’eccezione sollevata da parte resistente d’inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 366 bis c.p.c. e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

Invero il quesito di diritto prescritto dal richiamato art. 366 bis epe, risulta, come evincesi da quanto sopra trascritto, formulato in ordine ad entrambe le dedotte censure.

Relativamente alla dedotta improcedibilità per mancato deposito della copia integrale dei contratti collettivi, va rilevato che con le predette censure non viene dedotta la violazione o falsa applicazione delle norme previste dai citati contratti collettivi, con la conseguenza che non vi è onere, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, del deposito "insieme al ricorso" di copia integrale dei richiamati contratti collettivi (Cass. S.U. 23 ottobre 2010 n. 20075).

Tanto premesso e passando all’esame della prima censura rileva il Collegio che la stessa è infondata, posto che la censurata limitazione è logicamente compresa nella resistenza totale alle pretese attoree pacificamente svolta dalla parte datoriale fin dal primo grado di giudizio.

La seconda censura, alla stregua del formulato quesito di diritto, deve ritenersi non conferente e come tale infondata.

Infatti nel quesito di diritto si prescinde del tutto dall’interpretazione fornita dal giudice del merito del contratto collettivo del 1992, con i il quale, secondo il predetto giudice, le parti sociali avevano voluto escludere la computabilità della retribuzione per lavoro straordinario nel TFR non recependo una nozione omnicomprensiva di retribuzione.

Del resto questa Corte ha più volte sancito che il principio dell’omnicomprensività della retribuzione, adottato dall’art. 2120 cod. civ., comma 2 nel testo novellato dalla L. n. 297 del 1982, benchè derogabile, comporta che se la prestazione di lavoro non è occasionale, la relativa retribuzione debba essere compresa nel trattamento di fine rapporto, salvo che la contrattazione collettiva apporti una eccezione a tale regola (Cass. 5 novembre 2003 n. 16618, 6 febbraio 2008 n. 2781).

Il ricorso pertanto va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 23,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per onorario oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 febbraio 2011;

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *