Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-12-2010) 09-02-2011, n. 4728 Motivi di ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 25/2/2010 la Corte di Appello di Milano ha rigettato la richiesta avanzata da H.F. di applicazione della disciplina della continuazione ai reati oggetto di n. 13 condanne emesse nei suoi confronti tra il 1997 ed il 2001. La Corte ha rilevato che dagli atti non emergeva alcun elemento sintomatico della sostenuta identità di disegno criminoso, a tal fine non rilevando l’indole dei reati, oltre tutto commessi a distanza di tempo l’uno dall’altro ed intervallati da periodi di detenzione, arresti e processi.

Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso la condannata con atto del 16/4/2010 deducendo vizi di motivazione ed erronea applicazione di legge; la ricorrente ha in particolare rilevato che la Corte di merito, non avendo provveduto ad acquisire le sentenze indicate nella richiesta, aveva omesso di vagliare gli elementi rilevabili nelle dette sentenze e si era limitata ad una valutazione astratta ed apodittica, nemmeno valutando la possibilità di ravvisare l’identità di disegno criminoso quanto meno tra alcuni dei reati.
Motivi della decisione

Il ricorso deve essere rigettato, con le conseguenze di legge.

Contrariamente alla opinione espressa nel primo motivo di doglianza, che censura di apoditticità e motivazione apparente la decisione negativa della Corte di Milano, al giudice del merito non difettava affatto la disponibilità, per acquisizione di ufficio, di tutte e 13 le sentenze poste dall’istante H. a base della sua richiesta di applicare ex art. 671 c.p.p. il regime della continuazione, sicchè appare frutto di espediente difensivo affermare il contrario o censurare che quella (inesistente) carenza di acquisizione documentale fosse stata dalla Corte addebitata ad inerzia della H.. Nè, si badi, vi è alcuna specifica ed autosufficiente censura di omesso esame di uno od altro provvedimento. Quanto al secondo motivo di doglianza, per il quale la valutazione di inesistenza di un originario iniziale programma criminoso sarebbe anch’essa apodittica, essa appare inammissibile per la assoluta genericità e carenza di autosufficienza: la Corte infatti, che ut supra ha esaminato i reati, ha tratto ragione dalla diversità di indole di alcuni, dalla diversa ubicazione delle condotte e dalla consistenza dell’arco temporale di riferimento per negare la sussistenza di alcun quadro indiziario di una originaria, pur generica, programmazione criminosa, concludendo nel senso che al più sussisteva la delibera "originaria" di dedicarsi stabilmente ai reati contro il patrimonio come scelta di "attività lavorativa". La doglianza nulla di concreto offre per far diversamente opinare e solo richiama genericamente la astratta possibilità di desumere dai fatti l’originario programma.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente H.F. al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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