Corte Costituzionale, Sentenza n. 198 del 2012, In tema di fissazione del numero dei consiglieri regionali nelle regioni speciali e ordinarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 30 del 25-7-2012

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimita’ costituzionale dell’articolo 14,
commi 1 e 2, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori
misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo),
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148
e dell’articolo 30, comma 5, della legge 12 novembre 2011, n. 183
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – Legge di stabilita’ 2012), promossi dalla Regione
Lazio, dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste, dalla
Regione Basilicata, dalla Provincia autonoma di Trento, dalla Regione
autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, dalle Regioni Emilia-Romagna,
Veneto, Umbria, dalla Provincia autonoma di Bolzano, dalle Regioni
Campania, Lombardia, Calabria, dalla Regione autonoma della Sardegna
e dalla Regione Veneto, notificati il 14-16, il 15, il 17, il 15-17,
il 17, il 15 novembre 2011 ed il 13 gennaio 2012, depositati in
cancelleria il 18, il 23, il 24 novembre 2011 ed il 18 gennaio 2012,
rispettivamente iscritti ai nn. 134, 135, 136, 142, 143, 144, 145,
147, 152, 153, 155, 158 e 160 del registro ricorsi 2011 ed al n. 11
del registro ricorsi 2012.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 19 giugno 2012 il Giudice
relatore Sabino Cassese;
uditi gli avvocati Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma
di Trento e la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol,
Giandomenico Falcon e Franco Mastragostino per le Regioni
Emilia-Romagna e Umbria, Massimo Luciani per la Regione autonoma
della Sardegna, Renato Marini per la Regione Lazio, Ulisse Corea per
la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste, Marcello Cecchetti
per la Regione Basilicata, Luigi Manzi per la Regione Veneto,
Giuseppe Franco Ferrari e Roland Riz per la Provincia autonoma di
Bolzano, Beniamino Caravita di Toritto per le Regioni Campania e
Lombardia, Graziano Pungi’ per la Regione Calabria, Mario Bertolissi
per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Le Regioni Lazio (reg. ric. n. 134 del 2011), Valle
d’Aosta/Vallee d’Aoste (reg. ric. n. 135 del 2011), Basilicata (reg.
ric. n. 136 del 2011), Trentino Alto-Adige/Südtirol (reg. ric. n. 143
del 2011), Emilia-Romagna (reg. ric. n. 144 del 2011), Veneto (reg.
ric. n. 145 del 2011), Umbria (reg. ric. n. 147 del 2011), Campania
(reg. ric. n. 153 del 2011), Calabria (reg. ric. n. 158 del 2011) e
Sardegna (reg. ric. n. 160 del 2011), nonche’ le Province di Trento
(reg. ric. n. 142 del 2011) e di Bolzano (reg. ric. n. 152 del 2011)
hanno impugnato, fra l’altro, l’articolo 14 del decreto-legge 13
agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione
finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla
legge 14 settembre 2011, n. 148. La Regione Veneto (reg. ric. n. 11
del 2012) ha inoltre impugnato l’articolo 30, comma 5, della legge 12
novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2012), che ha
modificato l’articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011.
1.1.- I parametri invocati nei ricorsi, nel complesso, sono gli
artt. 3, 70, 77, 97, 100, 103, 114, 116, 117, 119, 121, 122 e 123
della Costituzione, nonche’ il principio di leale collaborazione e
l’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
In particolare, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste
lamenta la violazione degli articoli 2, primo comma, lettera a), 15,
16 e 25 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto
speciale per la Valle d’Aosta), e del decreto legislativo 5 ottobre
2010, n. 179 (Norme di attuazione dello statuto speciale della
regione autonoma Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste concernenti
l’istituzione di una sezione di controllo della Corte dei conti). Il
Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province di Trento e di Bolzano
deducono la violazione degli articoli 4, numero 1), 8, numero 1), 25,
36, 47, 48, 69, 75, 79, 103, 104 e 107 del decreto del Presidente
della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige), e delle relative norme di attuazione: il
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto
tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche’
la potesta’ statale di indirizzo e coordinamento), il decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e
provinciale), e il decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio
1988, n. 305 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la
regione Trentino-Alto Adige per l’istituzione delle sezioni di
controllo della Corte dei conti di Trento e di Bolzano e per il
personale ad esse addetto). La Regione Sardegna lamenta la violazione
degli articoli 15 e 16 della legge costituzionale 26 febbraio 1948,
n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna).
2.- Le disposizioni censurate riguardano il numero dei
consiglieri e degli assessori regionali, nonche’ l’indennita’ e il
trattamento previdenziale dei consiglieri, e prevedono, altresi’,
l’istituzione, da parte delle Regioni, di un Collegio dei revisori
dei conti, quale organo di vigilanza sulla regolarita’ contabile,
finanziaria ed economica della gestione dell’ente.
2.1.- In particolare, ai sensi dell’articolo 14, comma 1, del
decreto-legge n. 138 del 2011, «[p]er il conseguimento degli
obiettivi stabiliti nell’ambito del coordinamento della finanza
pubblica, le Regioni, ai fini della collocazione nella classe di enti
territoriali piu’ virtuosa di cui all’articolo 20, comma 3, del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni,
dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, oltre al rispetto dei parametri
gia’ previsti dal predetto articolo 20, debbono adeguare, nell’ambito
della propria autonomia statutaria e legislativa, i rispettivi
ordinamenti ai seguenti ulteriori parametri:
a) previsione che il numero massimo dei consiglieri regionali,
ad esclusione del Presidente della Giunta regionale, sia uguale o
inferiore a 20 per le Regioni con popolazione fino ad un milione di
abitanti; a 30 per le Regioni con popolazione fino a due milioni di
abitanti; a 40 per le Regioni con popolazione fino a quattro milioni
di abitanti; a 50 per le Regioni con popolazione fino a sei milioni
di abitanti; a 70 per le Regioni con popolazione fino ad otto milioni
di abitanti; a 80 per le Regioni con popolazione superiore ad otto
milioni di abitanti. La riduzione del numero dei consiglieri
regionali rispetto a quello attualmente previsto e’ adottata da
ciascuna Regione entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto e deve essere efficace dalla prima legislatura
regionale successiva a quella della data di entrata in vigore del
presente decreto. Le Regioni che, alla data di entrata in vigore del
presente decreto, abbiano un numero di consiglieri regionali
inferiore a quello previsto nella presente lettera, non possono
aumentarne il numero;
b) previsione che il numero massimo degli assessori regionali
sia pari o inferiore ad un quinto del numero dei componenti del
Consiglio regionale, con arrotondamento all’unita’ superiore. La
riduzione deve essere operata entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore del presente decreto e deve essere efficace, in ciascuna
regione, dalla prima legislatura regionale successiva a quella in
corso alla data di entrata in vigore del presente decreto;
c) riduzione a decorrere dal 1° gennaio 2012, in attuazione di
quanto previsto dall’articolo 3 del decreto-legge 25 gennaio 2010, n.
2, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n. 42,
degli emolumenti e delle utilita’, comunque denominati, previsti in
favore dei consiglieri regionali entro il limite dell’indennita’
massima spettante ai membri del Parlamento, cosi’ come rideterminata
ai sensi dell’articolo 13 del presente decreto;
d) previsione che il trattamento economico dei consiglieri
regionali sia commisurato all’effettiva partecipazione ai lavori del
Consiglio regionale;
e) istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2012, di un Collegio
dei revisori dei conti, quale organo di vigilanza sulla regolarita’
contabile, finanziaria ed economica della gestione dell’ente; il
Collegio, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, opera in
raccordo con le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti;
i componenti di tale Collegio sono scelti mediante estrazione da un
elenco, i cui iscritti devono possedere i requisiti previsti dai
principi contabili internazionali, avere la qualifica di revisori
legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, ed
essere in possesso di specifica qualificazione professionale in
materia di contabilita’ pubblica e gestione economica e finanziaria
anche degli enti territoriali, secondo i criteri individuati dalla
Corte dei conti;
f) passaggio, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto e con efficacia a decorrere dalla prima legislatura
regionale successiva a quella in corso alla data di entrata in vigore
del presente decreto, al sistema previdenziale contributivo per i
consiglieri regionali».
2.2.- L’articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 138 del 2011
prevede che «[l]’adeguamento ai parametri di cui al comma 1 da parte
delle Regioni a Statuto speciale e delle province autonome di Trento
e di Bolzano costituisce condizione per l’applicazione dell’articolo
27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, nei confronti di quelle Regioni
a statuto speciale e province autonome per le quali lo Stato, ai
sensi del citato articolo 27, assicura il conseguimento degli
obiettivi costituzionali di perequazione e di solidarieta’, ed
elemento di riferimento per l’applicazione di misure premiali o
sanzionatorie previste dalla normativa vigente». L’art. 27 della
legge n. 42 del 2009, intitolato «Coordinamento della finanza delle
regioni a statuto speciale e delle province autonome», prevede, al
primo comma, che «[l]e regioni a statuto speciale e le province
autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto degli statuti speciali,
concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di
solidarieta’ ed all’esercizio dei diritti e doveri da essi derivanti,
nonche’ al patto di stabilita’ interno e all’assolvimento degli
obblighi posti dall’ordinamento comunitario, secondo criteri e
modalita’ stabiliti da norme di attuazione dei rispettivi statuti, da
definire, con le procedure previste dagli statuti medesimi, e secondo
il principio del graduale superamento del criterio della spesa
storica di cui all’articolo 2, comma 2, lettera m)».
2.3.- L’art. 30 della legge n. 183 del 2011, impugnato dalla sola
Regione Veneto, ha modificato il primo alinea dell’art. 14, comma 1,
del decreto-legge n. 138 del 2011, sostituendo la formulazione
originaria secondo cui le Regioni dovevano adeguare i rispettivi
ordinamenti ai parametri elencati alle lettere successive «ai fini
della collocazione nella classe di enti territoriali piu’ virtuosa di
cui all’articolo 20, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111,
oltre al rispetto dei parametri gia’ previsti dal predetto articolo
20», con la seguente: «[p]er il conseguimento degli obiettivi
stabiliti nell’ambito del coordinamento della finanza pubblica, le
Regioni adeguano, nell’ambito della propria autonomia statutaria e
legislativa, i rispettivi ordinamenti ai seguenti ulteriori
parametri».
3.- La Regione Lazio (reg. ric. n. 134 del 2011) ha impugnato
l’articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011 in quanto
inciderebbe sulla forma di governo regionale e sui principi
fondamentali di organizzazione e funzionamento, la cui determinazione
spetta allo statuto regionale, cosi’ violando gli artt. 122 e 123
Cost.
Si e’ costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo che le censure siano dichiarate inammissibili per
sopravvenuta carenza di interesse, in quanto l’art. 30 della legge n.
183 del 2011 ha eliminato il collegamento tra l’adeguamento ai
parametri previsti dall’art. 14, comma 1, del decreto-legge n. 138
del 2011 e la collocazione delle Regioni nella classe di enti
territoriali piu’ virtuosa ai fini dell’applicazione della disciplina
del patto di stabilita’.
4.- La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste (reg. ric.
n. 135 del 2011) ha impugnato l’art. 14 del decreto-legge n. 138 del
2011, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., agli artt. 2,
primo comma, lettera a), 15, 16 e 25 dello statuto speciale della
Regione Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste e del decreto legislativo n. 179
del 2010.
4.1.- La ricorrente lamenta, in primo luogo, la violazione
dell’art. 117, terzo comma, Cost., poiche’ la disposizione impugnata
conterrebbe norme di dettaglio nella materia concorrente
«coordinamento della finanza pubblica». L’art. 14, inoltre, si
porrebbe in contrasto con le norme dello statuto in materia di forma
di governo: in particolare, con l’art. 15, che demanda alla legge
regionale la forma di governo regionale e le modalita’ di elezione
degli assessori, con l’art. 16, che fissa in trentacinque il numero
dei consiglieri regionali, e con l’art. 25, che affida alla legge
regionale la determinazione delle indennita’ degli stessi
consiglieri. L’art. 14, comma 1, lettera e), del decreto-legge n. 138
del 2011, poi, nella parte in cui istituisce il Collegio dei revisori
dei conti, violerebbe l’art. 2, primo comma, lettera a) dello statuto
speciale e le relative norme di attuazione contenute nel decreto
legislativo n. 179 del 2010, in quanto interferirebbe con la potesta’
legislativa esclusiva in materia di «ordinamento degli uffici e degli
enti dipendenti dalla Regione».
4.2.- Si e’ costituito in giudizio il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile e,
comunque, non fondato. In via preliminare, la difesa dello Stato
chiede che la censura relativa all’art. 14 del decreto-legge n. 138
del 2011 sia dichiarata inammissibile per sopravvenuta carenza di
interesse a ricorrere, in ragione della modifica intervenuta ad opera
dell’art. 30 della legge n. 183 del 2011.
Nel merito, la difesa dello Stato sostiene che la disposizione
impugnata non lederebbe l’autonomia finanziaria della ricorrente, in
quanto i parametri indicati dall’art. 14, «seppur specifici,
rientrano in quelle disposizioni atte a dare concreta effettivita’ al
patto di stabilita’» e, quindi, costituirebbero principi di
coordinamento della finanza pubblica. Inoltre, la norma censurata non
modificherebbe l’assetto organizzativo della Regione e non ne
lederebbe l’autonomia organizzativa, garantiti dagli artt. 15, 16 e
25 dello statuto speciale, in quanto l’adeguamento ai parametri
indicati dall’art. 14, comma 1, varrebbe «quale condizione per
l’applicazione dell’art. 27» della legge n. 42 del 2009 e come
«riferimento per l’applicazione di misure premiali e sanzionatorie».
5.- La Regione Basilicata (reg. ric. n. 136 del 2011) ha
impugnato l’articolo 14 del decreto-legge n. 138 del 2011. La
ricorrente lamenta il contrasto della disposizione in esame con
l’art. 123 Cost., in quanto «limita di fatto l’autonomia in tema di
forma di governo e di principi fondamentali di organizzazione e
funzionamento della Regione»; con l’art. 117, terzo comma, Cost., in
quanto introdurrebbe una disciplina di dettaglio nella materia
concorrente «coordinamento della finanza pubblica»; con l’art. 114,
in quanto, con la norma impugnata, il legislatore statale avrebbe
voluto «ripristinare quella distinzione tra gli enti territoriali
tipica della superata "centralita’"», in contrasto con il principio
di equiordinazione tra enti.
Si e’ costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che tali censure siano dichiarate inammissibili o,
comunque, non fondate. Innanzitutto, si eccepisce l’inammissibilita’
del ricorso per l’assoluta genericita’ delle censure sollevate.
Inoltre, si rileva che, a seguito dell’approvazione dell’art. 30
della legge n. 183 del 2011, che ha modificato l’art. 14, comma 1,
del decreto-legge n. 138 del 2011, le doglianze regionali sarebbero
«comunque superate». Nel merito, le disposizioni censurate
lascerebbero alle Regioni un ampio margine di scelta, nel rispetto
del vincolo stabilito dal legislatore statale.
6.- La Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol (reg. ric.
n. 143 del 2011) ha impugnato l’art. 14, comma 2, del decreto-legge
n. 138 del 2011, per violazione degli artt. 117, sesto comma, e 119
Cost., degli artt. 4, numero 1), 24, 25, 36, 48, 69, 79, 103, 104 e
107 dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione
(decreto legislativo n. 266 del 1992, decreto legislativo n. 268 del
1992, e decreto del Presidente della Repubblica n. 305 del 1988),
nonche’ dei principi di ragionevolezza e leale collaborazione.
6.1.- In primo luogo, la disposizione impugnata, stante il
carattere dettagliato delle misure previste, lederebbe l’autonomia
finanziaria della Regione, in violazione dell’art. 119 Cost. e
dell’art. 79 dello statuto. Inoltre, sarebbero violati anche gli
artt. 103, 104 e 107 dello statuto e il principio di leale
collaborazione, «perche’ una fonte primaria ordinaria, adottata
unilateralmente, ha derogato ad una norma statutaria, adottata con la
speciale procedura di cui all’art. 104».
In secondo luogo, l’art. 14, comma 2, violerebbe le norme dello
statuto che disciplinano la forma di governo della Regione (in
particolare, con gli artt. 25 e 36, riguardanti il numero dei
consiglieri e assessori regionali, e con l’art. 4, numero 1, in
materia di organizzazione interna).
In terzo luogo, la norma censurata, nella parte in cui prevede
l’istituzione del Collegio dei revisori dei conti (comma 1, lettera
e), invaderebbe un settore di competenza delle norme di attuazione,
cosi’ violando l’art. 107 dello statuto e il d.P.R. n. 305 del 1988
(in particolare, l’art. 10, comma 3-ter, che considera come
facoltativa la richiesta di ulteriori forme di collaborazione con le
sezioni della Corte dei conti), nonche’ l’art. 4, numero 1), dello
statuto, in quanto interverrebbe in una materia – l’ordinamento degli
uffici – di competenza regionale. Inoltre, la stessa disposizione si
porrebbe in contrasto con l’art. 117, sesto comma, Cost., in quanto
attribuirebbe a un organo statale un potere normativo secondario, e
con l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, «che ritiene solo gli atti
legislativi statali idonei a far sorgere un dovere di adeguamento».
6.2.- Si e’ costituito in giudizio il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile e,
comunque, nel merito non fondato. In via preliminare, la difesa dello
Stato eccepisce l’inammissibilita’ per genericita’ della formulazione
delle censure relative all’art. 69 dello statuto e agli artt. 9, 10 e
10-bis del d.lgs. n. 268 del 1992, indicate nell’epigrafe del
ricorso. Con riguardo alle rimanenti censure, l’Avvocatura generale
dello Stato chiede che siano dichiarate inammissibili per
sopravvenuta carenza di interesse a ricorrere, a seguito della
modifica introdotta dall’art. 30, comma 5, della legge n. 183 del
2011.
6.3.- Con memoria depositata il 29 maggio 2012, la Regione
autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, innanzi tutto, precisa che le
censure rispetto alle quali l’Avvocatura generale dello Stato ha
eccepito l’inammissibilita’ per genericita’ sono riferite a un
diverso motivo di ricorso, riguardante altra disposizione. Inoltre, a
proposito della modifica dell’art. 14, comma 1, del d.l. n. 138 del
2011 apportata dall’art. 30, comma 5, della legge n. 183 del 2011, la
ricorrente sostiene che essa non puo’ ritenersi satisfattiva, in
quanto l’art. 14, comma 2, rimasto immutato, continua a prevedere che
l’adeguamento ai parametri previsti dal comma 1 resta «elemento di
riferimento per l’applicazione di misure premiali o sanzionatorie
previste dalla normativa vigente».
7.- La Regione Emilia-Romagna (reg. ric. n. 144 del 2011) ha
impugnato l’art. 14, comma 1, del d.l. n. 138 del 2011 per violazione
degli artt. 3, 77, 97, 100, 103, 117, commi secondo, terzo e sesto,
119, 121 e 123 Cost.
7.1.- La ricorrente lamenta, innanzitutto, la violazione
dell’art. 123 Cost., in quanto la composizione dell’organo
legislativo regionale costituirebbe una scelta fondamentale che
attiene alla forma di governo, la cui determinazione spetta agli
statuti regionali, assoggettati «al solo criterio della "armonia con
la Costituzione"», talche’ la norma censurata eccederebbe limiti
della potesta’ legislativa dello Stato (art. 117, secondo comma,
Cost.). Sarebbe altresi’ lesa l’autonomia finanziaria di cui all’art.
119 Cost., negandosi alla Regione la possibilita’ di scegliere le
modalita’ per raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica fissati
dalla disciplina del patto di stabilita’. La disposizione censurata,
poi, lederebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto prevederebbe
regole di dettaglio in materia di coordinamento della finanza
pubblica.
In subordine, la Regione rileva che la disposizione censurata
richiede di ridurre il numero dei consiglieri e degli assessori
regionali entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto stesso.
Tale termine puo’ essere rispettato solo laddove le modifiche non
richiedano una revisione statutaria, per la quale e’ previsto un iter
di approvazione suscettibile di richiedere tempi piu’ lunghi. La
disposizione censurata, sanzionando la Regione per una circostanza
della quale essa non dispone, sarebbe illegittima in quanto
palesemente irragionevole.
La ricorrente rileva poi che la lettera e) dell’art. 14, comma 1,
relativa all’obbligo di istituzione di un Collegio dei revisori dei
conti che operi in raccordo con le sezioni regionali di controllo
della Corte dei conti, violerebbe l’art. 121 Cost., che individua
direttamente gli organi necessari delle Regioni (Presidente, Giunta e
Consiglio), in quanto il legislatore statale ordinario difetterebbe
«di qualsivoglia competenza in ordine alla stessa
previsione/imposizione del nuovo organo quale componente necessaria
dell’organizzazione regionale». Ad avviso della Regione, la
disposizione censurata determinerebbe l’affidamento alla Corte dei
conti di poteri di natura regolamentare il cui esercizio «snatura la
funzione della Corte dei conti quale organo di controllo e
giurisdizionale» e costituirebbe quindi violazione degli artt. 100,
secondo comma, e 103, secondo comma, Cost. La disposizione si
porrebbe altresi’ in contrasto con l’art. 117, commi terzo e sesto,
Cost., in quanto lo Stato, essendo privo di potesta’ regolamentare
nelle materie concorrenti, non potrebbe demandarla all’organo di
controllo.
La ricorrente, inoltre, deduce nello specifico l’illegittimita’
dell’ultimo periodo della lettera a) dell’art. 14, comma 1, ai sensi
del quale «[l]e Regioni che, alla data di entrata in vigore del
presente decreto, abbiano un numero di consiglieri regionali
inferiore a quello previsto nella presente lettera, non possono
aumentarne il numero». Ad avviso della ricorrente, tale previsione,
ledendo i principi di razionalita’ e di eguaglianza, violerebbe gli
artt. 3 e 97 Cost., dato che «una Regione non sarebbe neppure libera
di determinare un numero di consiglieri regionali che la stessa legge
statale mostra di giudicare congruo, per la sola ragione che con
precedente scelta la Regione stessa aveva determinato un numero
inferiore».
Infine, ad avviso della Regione la disposizione censurata
violerebbe l’art. 77 Cost., in quanto, stabilendo il termine
stringente di sei mesi per l’adozione delle modifiche, ma rinviandone
l’efficacia alla successiva legislatura regionale, difetterebbe dei
requisiti della straordinaria necessita’ e dell’urgenza.
7.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si e’ costituito in
giudizio, chiedendo che le censure siano respinte. Le motivazioni
addotte corrispondono a quelle sostenute dalla difesa dello Stato con
riguardo al ricorso della Regione Basilicata. Le censure regionali
sarebbero, comunque, da ritenersi superate, in ragione della
sopravvenuta modifica dell’art. 14 del d.l. n. 138 del 2011 ad opera
dell’art. 30 della l. n. 183 del 2011.
7.3.- Con memoria depositata il 29 maggio 2012, la Regione
Emilia-Romagna ha ribadito la fondatezza delle censure prospettate e
ha contestato la ricostruzione dell’Avvocatura generale dello Stato,
sostenendo che le modifiche introdotte dall’art. 30, comma 5, della
l. n. 183 del 2011 non avrebbero fatto venir meno l’interesse a
ricorrere.
8.- La Regione Veneto (reg. ric. n. 145 del 2011) ha impugnato,
tra gli altri, l’articolo 14, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e),
del d.l. n. 138 del 2011. Ad avviso della ricorrente, la disposizione
censurata violerebbe gli artt. 117 e 119 Cost., perche’ prevederebbe
misure di dettaglio riguardanti specifiche voci di spesa regionali, e
l’art. 123 Cost., in quanto inciderebbe sulla forma di governo
regionale.
Si e’ costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la censura sia dichiarata inammissibile per
sopravvenuta carenza di interesse, in ragione della modifica
introdotta dall’art. 30, comma 5, della legge n. 183 del 2011.
9.- La Regione Umbria (reg. ric. n. 147 del 2011) ha impugnato
l’art. 14, comma 1, del d.l. n. 138 del 2011 per violazione degli
artt. 3, 77, 97, 100, 103, 117, commi secondo, terzo e sesto, 119,
121 e 123 Cost., adducendo le medesime argomentazioni prospettate
dalla Regione Emilia-Romagna. Inoltre, la Regione sostiene che, dato
che il proprio statuto ha gia’ previsto l’istituzione di un Collegio
dei revisori dei conti (in seguito disciplinato con legge regionale),
la normativa statale andrebbe a sostituirsi a quella regionale «senza
che vi sia alcun titolo che legittimi un intervento cosi’ pervasivo».
Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, si e’ costituito in giudizio,
chiedendo che la censura sia dichiarata inammissibile per
sopravvenuta carenza di interesse, in ragione della modifica
introdotta dall’art. 30, comma 5, della legge n. 183 del 2011.
Con memoria depositata il 28 maggio 2012, la Regione Umbria ha
confermato il proprio interesse a ricorrere, ribadendo la fondatezza
delle censure prospettate nel ricorso.
10.- La Regione Campania (reg. ric. n. 153 del 2011) ha impugnato
l’art. 14 del decreto-legge n. 138 del 2011 perche’ violerebbe gli
artt. 117, commi terzo e quarto, e 119 Cost., in quanto prevede
«nuove misure stringenti che incidono in modo illegittimo non solo su
voci di spesa, ma anche sull’ordinamento e sulla forma di governo
delle Regioni stesse»; gli artt. 122 e 123 Cost., in quanto detta
misure nell’ambito della forma di governo regionale; l’art. 3 Cost. e
il principio di ragionevolezza, in quanto produrrebbe «effetti
irragionevoli e comunque in forte squilibrio in rapporto alla
densita’ delle popolazioni residenti nelle varie regioni».
Si e’ costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la censura relativa all’art. 14 del
decreto-legge n. 138 del 2011 sia dichiarata inammissibile per
sopravvenuta carenza di interesse, in ragione della modifica
introdotta dall’art. 30, comma 5, della legge n. 183 del 2011.
La Regione Campania, con memoria del 29 maggio 2012, ha
confermato il proprio interesse a ricorrere e ha ribadito la
fondatezza delle censure sollevate.
11.- La Regione Lombardia (reg. ric. n. 155 del 2011) ha
impugnato l’art. 14 del decreto-legge n. 138 del 2011 per violazione
degli articoli 117, terzo e quarto comma, 119, 122 e 123 della
Costituzione.
11.1.- Innanzitutto, la disposizione censurata, introducendo
misure di dettaglio in materia di coordinamento della finanza
pubblica e incidendo sulle competenze regionali residuali, violerebbe
l’art. 117, terzo e quarto comma, Cost. In secondo luogo, l’art. 14
del decreto-legge n. 138 del 2011, dettando disposizioni relative
alla forma di governo regionale, sarebbe in contrasto con gli artt.
122 e 123 Cost. Infine, l’istituzione di un Collegio dei revisori dei
conti, prevista dall’art. 14, comma 1, lettera e), violerebbe l’art.
121 Cost., dato che la previsione di organi regionali ulteriori
rispetto a quelli necessari, espressamente elencati, sarebbe
integralmente rimessa allo statuto regionale.
11.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si e’ costituito in
giudizio, chiedendo che le censure sollevate siano dichiarate
inammissibili per difetto di interesse, in ragione della modifica
introdotta dall’art. 30, comma 5, della legge n. 183 del 2011.
11.3.- Con memoria del 29 maggio 2012, la Regione Lombardia ha
replicato all’Avvocatura generale dello Stato, escludendo che
l’intervenuta modifica normativa abbia fatto venir meno il proprio
interesse a ricorrere e ribadendo la fondatezza delle censure
sollevate.
12.- La Regione Calabria (reg. ric. n. 158 del 2011) ha impugnato
l’articolo 14 del decreto-legge n. 138 del 2011 per violazione degli
artt. 70, 77, 117, quarto comma, 122 e 123 Cost., e del principio di
leale collaborazione.
12.1.- Innanzitutto, la ricorrente lamenta la violazione
dell’art. 77 Cost., per assenza dei requisiti di straordinaria
necessita’ e urgenza, e dell’art. 70 Cost., in quanto in tal modo le
Camere sarebbero state espropriate della funzione legislativa. In
secondo luogo, la disposizione censurata violerebbe gli artt. 122 e
123 Cost., in quanto inciderebbe sulla forma di governo della
Regione. Anche la previsione di un Collegio dei revisori dei conti,
di cui alla lettera e) del comma 1 dell’art. 14, inciderebbe sulla
riserva statutaria prevista dall’art. 123 Cost. e lederebbe la
competenza regionale in materia di organizzazione degli uffici
regionali (art. 117, quarto comma, Cost.).
12.2.- Si e’ costituito in giudizio il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che le censure sollevate siano dichiarate
inammissibili per difetto di interesse, in ragione della modifica
introdotta dall’art. 30, comma 5, della legge n. 183 del 2011.
Nel merito, la difesa dello Stato osserva che la disposizione
censurata lascia «ampi margini di scelta, nel rispetto dei vincoli
quantitativi e dei tetti massimi predefiniti dal legislatore statale,
circa le determinazioni inerenti la composizione numerica degli
organi regionali», nonche’ «circa le modalita’ con cui dare
attuazione alla riduzione della spesa prevista dal legislatore
statale».
12.3.- La Regione Calabria, con memoria depositata il 23 maggio
2012, ha escluso che l’intervenuta modifica normativa abbia fatto
venir meno il proprio interesse a ricorrere e ha ribadito la
fondatezza delle censure sollevate.
13.- La Regione autonoma Sardegna (reg. ric. n. 160 del 2011) ha
impugnato l’art. 14 del decreto-legge n. 138 del 2011, per violazione
degli artt. 3, 116 e 119 Cost., degli artt. 15 e 16 dello statuto,
nonche’ del principio di ragionevolezza.
13.1.- La disposizione impugnata violerebbe gli artt. 3 e 119
Cost., «perche’ la doverosa applicazione del principio di
perequazione e’ irragionevolmente subordinata alla rinuncia della
Regione alla sua autonomia costituzionalmente garantita». Inoltre,
l’irragionevolezza della disposizione impugnata deriverebbe dalla
previsione del termine di sei mesi previsto per l’adeguamento, in
quanto la riforma statutaria «puo’ avvenire solo con il procedimento
stabilito per la revisione costituzionale» e, dunque, non sarebbe
nella disponibilita’ della Regione. L’art. 14 interferirebbe, poi,
con la competenza regionale in materia di determinazione della forma
di governo della Regione, dei rapporti fra i suoi organi e di
definizione del numero di consiglieri, violando cosi’ gli artt. 15 e
16 dello statuto, nonche’ l’art. 116 Cost.
13.2.- Si e’ costituito in giudizio il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che, a seguito della modifica introdotta dall’art.
30, comma 5, della legge n. 183 del 2011, le censure sollevate siano
dichiarate inammissibili per difetto di interesse.
13.3.- Con memoria depositata il 29 maggio 2012, la Regione
autonoma della Sardegna deduce il carattere non satisfattivo dello
ius superveniens, ribadendo la fondatezza delle censure prospettate
nel ricorso.
14.- La Provincia autonoma di Trento (reg. ric. n. 142 del 2011)
ha impugnato l’art. 14, comma 2, del decreto-legge n. 138 del 2011,
per violazione degli artt. 117, comma sesto, e 119 Cost., degli artt.
4, numero 1), 47, 48, 75, 79, 103, 104 e 107 dello statuto speciale,
degli artt. 9, 10, 10-bis del decreto legislativo n. 268 del 1992,
dell’art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992, e degli artt. 2,
6 e 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 305 del 1988,
nonche’ del principio di leale collaborazione, con le medesime
argomentazioni addotte dalla Regione autonoma Trentino-Alto
Adige/Südtirol (reg. ric. n. 143 del 2011). Inoltre, la Provincia
autonoma lamenta che la disposizione censurata violerebbe l’art. 48
dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, in quanto
una legge ordinaria inciderebbe sulla determinazione del numero dei
membri del Consiglio provinciale prevista da una legge costituzionale
quale e’ lo statuto, e con l’art. 47, secondo comma, dello stesso
statuto, in quanto interferirebbe con la speciale competenza
legislativa di integrazione della disciplina statutaria in materia di
«forma di governo della Provincia».
Si e’ costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che, a seguito della modifica introdotta dall’art.
30, comma 5, della legge n. 183 del 2011, le censure sollevate siano
dichiarate inammissibili per difetto di interesse. Nel merito, la
difesa dello Stato sostiene che la norma contestata, nella sua
attuale formulazione, «prevede solamente che l’adeguamento da parte
delle Regioni [e delle Province autonome] ai succitati parametri
avvenga nell’ambito della loro autonomia statutaria e legislativa,
nel rispetto, quindi, delle loro prerogative costituzionalmente
sancite».
Con memoria depositata il 29 maggio 2012, la Provincia autonoma
di Trento osserva che la modifica introdotta con l’art. 30, comma 5,
della legge n. 183 del 2011 non puo’ ritenersi satisfattiva, in
quanto interessa il comma 1 dell’art. 14, e non il comma 2, impugnato
dalla ricorrente. Per le Regioni e le Province ad autonomia
differenziata l’adeguamento a quei parametri continuerebbe ad essere
«elemento di riferimento per l’applicazione di misure premiali o
sanzionatorie previste dalla normativa vigente», determinando anzi
«una condizione deteriore rispetto alle stesse Regioni ordinarie».
15.- La Provincia autonoma di Bolzano (reg. ric. n. 152 del
2011), ha impugnato l’art. 14, comma 2, del decreto-legge n. 138 del
2011, per violazione degli artt. 24, 25, 47, 48, 79, 103, 104 e 107
dello statuto speciale; delle relative norme di attuazione (decreto
legislativo n. 266 del 1992, decreto legislativo n. 268 del 1992 e
d.P.R. n. 305 del 1988); nonche’ dei principi di ragionevolezza e
leale collaborazione.
15.1.- Innanzitutto, la disposizione impugnata violerebbe
l’autonomia finanziaria della Provincia autonoma, sancita dall’art.
79, comma 4, dello statuto, e sarebbe in contrasto con gli artt. 103,
104 e 107 dello statuto, poiche’ il legislatore statale
modificherebbe l’ordinamento finanziario provinciale senza ricorrere
alla procedura rinforzata prevista per le leggi costituzionali.
Inoltre, l’art. 14, comma 2, si porrebbe in contrasto con gli
artt. 24, 25, 47, 48 e 103 dello statuto che disciplinano la forma di
governo delle Province autonome (in particolare, la determinazione
della forma di governo della Provincia, l’elezione del Consiglio
provinciale e degli assessori, e la composizione del Consiglio
regionale e dei Consigli provinciali). L’art. 14, poi, nella parte in
cui prevede la riduzione degli emolumenti e delle utilita’ dei
consiglieri regionali (comma 1, lettera c), lederebbe una competenza
riservata alla Regione e alle Province autonome.
Infine, la norma censurata, nella parte in cui dispone
l’istituzione del Collegio dei revisori dei conti, si porrebbe in
contrasto con le norme di attuazione dello statuto contenute nel
d.P.R. n. 305 del 1988, poiche’ violerebbe la competenza della
provincia in materia di procedimenti di controllo contabile.
15.2.- Si e’ costituito in giudizio il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che, a seguito della modifica introdotta dall’art.
30, comma 5, della legge n. 183 del 2011, le censure sollevate siano
dichiarate inammissibili per difetto di interesse.
15.3.- Con memoria depositata il 29 maggio 2012, la Provincia
autonoma di Bolzano afferma che la modifica intervenuta con l’art.
30, comma 5, della legge n. 183 del 2011, non avrebbe carattere
satisfattivo, dato che essa non incide sull’art. 14, comma 2, del
decreto-legge n. 138 del 2011, applicabile alle Regioni a statuto
speciale, e insiste per l’accoglimento delle censure sollevate.
16.- La Regione Veneto (reg. ric. n. 11 del 2012) ha impugnato
l’art. 30, comma 5, della legge n. 183 del 2011, che ha modificato
l’art. 14, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011, per violazione
degli artt. 117, commi terzo e quarto, 119 e 123 Cost.
16.1.- Ad avviso della ricorrente, in base alla modifica
apportata dall’art. 30, comma 5, della legge n. 183 del 2011, «quelle
che potevano essere considerate facolta’, o, per meglio dire oneri
per le Regioni (…) sono oggi puri e semplici obblighi». Di
conseguenza, la Regione ribadisce i motivi di illegittimita’ proposti
con il ricorso avverso l’art. 14, comma 1, del decreto-legge n. 138
del 2011, nella sua originaria formulazione (reg. ric. n. 145 del
2011).
16.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si e’ costituito in
giudizio, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile, e,
nel merito, non fondato.
16.3.- Con memoria depositata il 29 maggio 2012, la Regione
Veneto ribadisce l’illegittimita’ della disposizione censurata, per
contrasto con l’art. 123 Cost., poiche’ porrebbe dei limiti alla
competenza statutaria generale. Inoltre, l’art. 14 impugnato,
contenendo disposizioni di dettaglio in materia di coordinamento
della finanza pubblica, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., e
lederebbe l’autonomia finanziaria della Regione, di cui all’art. 119
Cost.

Considerato in diritto

1.- Con piu’ ricorsi, diverse Regioni hanno impugnato, fra
l’altro, l’articolo 14 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138
(Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo
sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre
2011, n. 148, che detta misure riguardanti il numero dei consiglieri
e degli assessori regionali, nonche’ il trattamento economico e
previdenziale dei consiglieri, e prevede l’istituzione di un Collegio
dei revisori dei conti.
1.1.- In particolare, le Regioni Basilicata (reg. ric. n. 136 del
2011), Campania (reg. ric. n. 153 del 2011), Lombardia (reg. ric. n.
155 del 2011), Calabria (reg. ric. n. 158 del 2011) e la Regione
autonoma Sardegna (reg. ric. n. 160 del 2011) hanno impugnato
l’intero articolo 14 del decreto-legge n. 138 del 2011. Le Regioni
Lazio (reg. ric. n. 134 del 2011), Emilia-Romagna (reg. ric. n. 144
del 2011), Umbria (reg. ric. n. 147 del 2011), e Veneto (reg. ric. n.
145 del 2011) hanno impugnato il solo comma 1 (la Regione Veneto,
limitatamente alle lettere a, b, c, d ed e), mentre le Regioni
autonome Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste (reg. ric. n. 135 del 2011) e
Trentino Alto-Adige/Südtirol (reg. ric. n. 143 del 2011), nonche’ le
Province autonome di Trento (reg. ric. n. 142 del 2011) e Bolzano
(reg. ric. n. 152 del 2011) hanno impugnato il solo comma 2.
1.2.- Con il ricorso n. 11 del 2012, la Regione Veneto ha
impugnato l’articolo 30 della legge 12 novembre 2011, n. 183
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – Legge di stabilita’ 2012), che ha parzialmente
modificato l’articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011.
1.3.- I parametri invocati nei ricorsi sono gli articoli 3, 70,
77, 97, 100, 103, 114, 116, 117, 119, 121, 122 e 123 della
Costituzione, nonche’ il principio di leale collaborazione e
l’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
In particolare, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste
lamenta la violazione degli articoli 2, primo comma, lettera a), 15,
16 e 25 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto
speciale per la Valle d’Aosta), e del decreto legislativo 5 ottobre
2010, n. 179 (Norme di attuazione dello statuto speciale della
regione autonoma Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste concernenti
l’istituzione di una sezione di controllo della Corte dei conti). Il
Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province di Trento e di Bolzano
deducono la violazione degli articoli 4, numero 1), 8, numero 1), 25,
36, 47, 48, 69, 75, 79, 103, 104 e 107 del decreto del Presidente
della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige), e delle relative norme di attuazione: il
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto
tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche’
la potesta’ statale di indirizzo e coordinamento), il decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e
provinciale), e il d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305 (Norme di attuazione
dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige per
l’istituzione delle sezioni di controllo della Corte dei conti di
Trento e di Bolzano e per il personale ad esse addetto). La Regione
autonoma della Sardegna lamenta la violazione degli articoli 15 e 16
della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale
per la Sardegna).
1.4.- Riservata a separate pronunce la decisione
sull’impugnazione delle altre disposizioni contenute nel
decreto-legge n. 138 del 2011, vengono in esame in questa sede le
questioni relative all’articolo 14 del medesimo decreto-legge.
I giudizi, cosi’ separati e delimitati, in considerazione della
loro connessione oggettiva, devono essere riuniti, per essere decisi
con un’unica pronuncia.
2.- Successivamente alla presentazione dei ricorsi, l’art. 30,
comma 5, della legge n. 183 del 2011, ha modificato il primo alinea
dell’art. 14, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011, che, nella
sua formulazione originaria, prevedeva che le Regioni dovessero
adeguare i rispettivi ordinamenti ai parametri elencati dal medesimo
articolo «ai fini della collocazione nella classe di enti
territoriali piu’ virtuosa di cui all’articolo 20, comma 3, del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni,
dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, oltre al rispetto dei parametri
gia’ previsti dal predetto articolo 20». Al meccanismo premiale –
rappresentato dal collegamento tra l’adeguamento a detti parametri da
parte delle Regioni e la collocazione nella classe di enti
territoriali piu’ virtuosa – si sostituisce la previsione «le Regioni
adeguano i rispettivi ordinamenti ai parametri previsti dal comma 1»,
in forza della quale tali misure hanno efficacia diretta nei
confronti delle Regioni.
La modifica normativa, quindi, non ha carattere satisfattivo e
non determina la cessazione della materia del contendere. Di
conseguenza, l’eccezione sollevata dall’Avvocatura generale dello
Stato per sopravvenuta carenza di interesse delle ricorrenti non puo’
essere accolta e la questione proposta con i ricorsi nn. 134, 135,
136, 142, 143, 144, 145, 147, 152, 153, 155, 158 e 160 del 2011 si
intende trasferita al testo vigente dell’art. 14 del decreto-legge n.
138 del 2011. Anche la questione sollevata con il ricorso n. 11 del
2012, con il quale la Regione Veneto ha autonomamente impugnato
l’art. 30, comma 5, della legge n. 183 del 2011, nella parte in cui
modifica l’art. 14 del decreto-legge n. 138 del 2011, si intende
trasferita su quest’ultimo articolo, nella sua attuale formulazione.
3.- In via preliminare, vanno dichiarate inammissibili alcune
censure.
3.1.- E’ inammissibile, per inconferenza del parametro invocato,
la censura relativa alla violazione dell’art. 114 Cost., presentata
dalla Regione Basilicata, secondo la quale il legislatore statale
avrebbe voluto «ripristinare quella distinzione tra gli enti
territoriali tipica della superata "centralita’"».
3.2.- Sono inammissibili le censure, prospettate dalle Regioni
Emilia-Romagna e Umbria, relative alla violazione degli artt. 3 e 97
Cost., in base alle quali l’art. 14, comma 1, del decreto-legge n.
138 del 2011, prevedendo che le Regioni con un numero di consiglieri
regionali inferiore a quello indicato dall’articolo stesso, non
possono aumentarlo, lederebbe i principi di razionalita’ e di
eguaglianza. La censura relativa alla violazione dell’art. 3 Cost. e’
inammissibile per difetto di interesse, in quanto nessuna Regione ha
attualmente un numero di consiglieri inferiore a quello, previsto
dall’art. 14 del decreto-legge n. 138 del 2011. La censura riferita
all’art. 97 Cost., invece, e’ inammissibile per difetto assoluto di
motivazione.
3.3.- Sono inammissibili le censure relative all’art. 77 Cost.,
prospettate dalle Regioni Calabria, Emilia-Romagna e Umbria, e
all’art. 70, censura sollevata dalla sola Regione Calabria. Secondo
le ricorrenti, la previsione, contenuta nell’art. 14, comma 1, del
decreto-legge n. 138 del 2011, secondo la quale la riduzione dei
consiglieri e degli assessori deve essere adottata entro sei mesi, ma
l’efficacia di tale modifica e’ rinviata alla successiva legislatura
regionale, violerebbe l’art. 77 Cost., in quanto difetterebbe dei
requisiti di straordinaria necessita’ e urgenza e in quanto,
configurando un uso illegittimo della decretazione d’urgenza,
contrasterebbe – secondo la Regione Calabria – con l’assegnazione
alle Camere della funzione legislativa, in violazione dell’art. 70
Cost. Al riguardo, deve richiamarsi il consolidato orientamento di
questa Corte, in base al quale le Regioni possono invocare, nel
giudizio di costituzionalita’ in via principale, parametri diversi da
quelli contenuti nel Titolo V della Parte II della Costituzione a
condizione che la lamentata violazione ridondi sul riparto di
competenze legislative tra Stato e Regioni (sentenze n. 33 del 2011,
n. 156, n. 52 e n. 40 del 2010, n. 341 del 2009). Nel caso di specie,
le ricorrenti non spiegano in che modo l’asserita violazione degli
artt. 70 e 77 Cost. determini una compressione delle competenze delle
Regioni.
3.4.- Sono inammissibili le censure relative alla violazione del
principio di leale collaborazione, prospettate dalle Regioni Calabria
e Trentino-Alto Adige/Südtirol e dalle Province autonome di Trento e
Bolzano, con riguardo all’art. 14, commi 1 e 2, del decreto-legge n.
138 del 2011, perche’ non viene fornita alcuna motivazione di tale
violazione (ex plurimis, sentenze n. 185, n. 129, n. 114 e n. 8 del
2011).
3.5.- Sono inammissibili le censure fondate sulla violazione
degli artt. 4, numero 1), 8, numero 1), 69 e 75 dello Statuto del
Trentino-Alto Adige/Südtirol, nonche’ dell’art. 10 della legge cost.
n. 3 del 2001, in quanto tali parametri non sono richiamati nella
delibera degli enti regionali e provinciali competenti. E’
necessario, infatti, che vi sia corrispondenza tra il contenuto di
tali delibere e l’oggetto del ricorso, al fine di salvaguardare la
volonta’ politica dell’organo legittimato a proporlo (da ultimo,
sentenza n. 205 del 2011), e tale principio non riguarda solamente
l’individuazione della norma censurata, ma anche l’esatta
delimitazione dei parametri del ricorso (sentenze n. 311 e n. 27 del
2008, nonche’ n. 453 del 2007).
4.- Nel merito, le censure prospettate possono essere suddivise
in due gruppi: il primo relativo all’art. 14, comma 2, che riguarda
le sole Regioni a statuto speciale e le Province autonome; il secondo
all’art. 14, comma 1.
5.- L’art. 14, comma 2, del decreto-legge n. 138 del 2011, in
base al quale l’adeguamento ai parametri previsti dal comma 1 del
medesimo articolo e’ «condizione per l’applicazione» dell’art. 27
della legge n. 42 del 2009 ed «elemento di riferimento per
l’applicazione di misure premiali o sanzionatorie previste dalla
normativa vigente», e’ impugnato dalle Regioni autonome Sardegna,
Trentino-Alto Adige/Südtirol e Valle d’Aosta//Vallee d’Aoste, nonche’
dalle Province di Trento e di Bolzano per violazione degli artt. 3,
116, 117, commi terzo e sesto, e 119 Cost. Tutte le ricorrenti
lamentano, inoltre, la violazione delle disposizioni dei rispettivi
statuti relative alla forma di governo della Regione e delle Province
autonome, alla modalita’ di elezione dei consiglieri e degli
assessori regionali e provinciali, al numero e all’indennita’ dei
consiglieri (artt. 14, 15, 16 e 25 dello Statuto della Regione Valle
d’Aosta/Vallee d’Aoste; artt. 24, 25, 36, 47 e 48 dello Statuto del
Trentino-Alto Adige/Südtirol; artt. 15 e 16 dello Statuto della
Regione Sardegna). Infine, ad avviso della Regione autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol e delle Province autonome di Trento e di
Bolzano, la violazione delle disposizioni statutarie avrebbe
l’effetto di modificare in via diretta la composizione degli organi
di governo della Regione e delle Province, violando cosi’ gli artt.
103, 104 e 107 dello statuto regionale, che disciplinano il
procedimento di modifica dello stesso statuto.
La questione e’ fondata.
La disciplina relativa agli organi delle Regioni a statuto
speciale e ai loro componenti e’ contenuta nei rispettivi statuti.
Questi, adottati con legge costituzionale, ne garantiscono le
particolari condizioni di autonomia, secondo quanto disposto
dall’art. 116 Cost. L’adeguamento da parte delle Regioni a statuto
speciale e delle Province autonome ai parametri di cui all’art. 14,
comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011 richiede, quindi, la
modifica di fonti di rango costituzionale. A tali fonti una legge
ordinaria non puo’ imporre limiti e condizioni. Non a caso, l’art.
19-bis del decreto-legge n. 138 del 2011, non impugnato, stabilisce
che «l’attuazione delle disposizioni» di tale decreto-legge da parte
delle Regioni a statuto speciale deve avvenire «nel rispetto dei loro
statuti e delle relative norme di attuazione e secondo quanto
previsto» dall’art. 27 della legge n. 42 del 2009.
Va quindi dichiarata l’illegittimita’ costituzionale dell’art.
14, comma 2, del decreto-legge n. 138 del 2011, per violazione
dell’art. 116 Cost. Restano assorbiti gli ulteriori profili di
censura, ivi inclusi quelli prospettati dalle Regioni a statuto
speciale e dalle Province autonome in riferimento alle disposizioni
dell’art. 14, comma 1, del medesimo decreto-legge.
6.- La questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 14,
comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011, sollevata dalle Regioni a
statuto ordinario, si articola in tre gruppi di censure: il primo,
avente ad oggetto l’intero art. 14, comma 1, del decreto-legge n. 138
del 2011, in riferimento agli artt. 117, commi secondo, terzo e
quarto, 119, 122 e 123 Cost.; il secondo, concernente la previsione,
contenuta nell’art. 14, lettere a) e b), in base alla quale la
riduzione sia dei consiglieri sia degli assessori deve essere
adottata da ciascuna Regione entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore del decreto e deve essere efficace dalla prima legislatura
regionale successiva a quella della data di entrata in vigore del
decreto stesso, con riguardo all’art. 3 Cost.; il terzo, avente ad
oggetto l’istituzione del Collegio dei revisori dei conti, in
riferimento agli artt. 100, 103, 117, commi terzo e sesto, e 121
Cost.
6.1.- Secondo un primo gruppo di censure, l’art. 14, comma 1, del
decreto-legge n. 138 del 2011, nel prevedere il numero massimo di
consiglieri e assessori regionali, la riduzione degli emolumenti dei
consiglieri, nonche’ l’istituzione di un Collegio dei revisori dei
conti, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., perche’ detterebbe
una disciplina di dettaglio in materia di competenza concorrente;
l’art. 119 Cost, in quanto stabilirebbe le modalita’ con cui le
Regioni devono raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica fissati
dal patto di stabilita’; l’art 117, quarto comma, Cost., perche’
invaderebbe l’ambito riservato alla potesta’ legislativa regionale
residuale; l’art. 123 Cost., in quanto lederebbe la potesta’
statutaria delle Regioni; l’art. 122 Cost., perche’ attribuirebbe al
legislatore statale una competenza ulteriore rispetto alla
determinazione della durata degli organi elettivi e dei principi
fondamentali relativi al sistema di elezione e ai casi di
ineleggibilita’ e di incompatibilita’ del Presidente e degli altri
componenti della Giunta regionale, nonche’ dei consiglieri regionali.
Le censure non sono fondate.
La disposizione in esame, inserita nel Titolo IV del
decreto-legge, dedicato alla «Riduzione dei costi degli apparati
istituzionali», detta parametri diretti esplicitamente al
«conseguimento degli obiettivi stabiliti nell’ambito del
coordinamento della finanza pubblica» (primo alinea dell’art. 14,
comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011). Le lettere a) e b)
dell’art. 14, comma 1, fissano un limite al numero dei consiglieri e
degli assessori, rapportato agli abitanti, lasciando alle Regioni
l’esatta definizione della composizione dei Consigli e delle Giunte
regionali. La lettera c) fissa un «tetto» all’ammontare degli
emolumenti dei consiglieri, che non possono essere superiori a quelli
previsti per i parlamentari: si tratta di un «limite complessivo»,
che lascia alle Regioni un autonomo margine di scelta (sentenze n.
182 e n. 91 del 2011; n. 326 del 2010 e n. 297, n. 284 e n. 237 del
2009). Anche le disposizioni di cui alle lettere d) ed f) dell’art.
14, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011, prevedendo,
rispettivamente, che il trattamento economico dei consiglieri
regionali debba essere commisurato all’effettiva partecipazione ai
lavori del Consiglio, e che il loro trattamento previdenziale debba
essere di tipo contributivo, pongono precetti di portata generale per
il contenimento della spesa.
Accertata la finalita’ della disposizione impugnata, va
individuata la materia nella quale interviene. Essa riguarda la
struttura organizzativa delle Regioni, regolata dagli articoli 121 e
123 Cost. Il primo enumera gli organi regionali – Consiglio, Giunta,
Presidente – e le loro funzioni. Il secondo demanda agli statuti il
compito di determinare la forma di governo e i principi fondamentali
di organizzazione e di funzionamento. L’art. 123 Cost. dispone
altresi’ che gli statuti siano «in armonia con la Costituzione».
La Costituzione detta norme che riguardano il rapporto
elettori-eletti per i consiglieri e le modalita’ dell’accesso ai
pubblici uffici per gli assessori. Vengono in rilievo, per il diritto
di elettorato attivo, l’art. 48 Cost., e, per il diritto di
elettorato passivo e l’accesso agli uffici pubblici, l’art. 51 Cost.
Il primo dispone che «il voto (…) e’ eguale», il secondo che «tutti
i cittadini (…) possono accedere agli uffici pubblici e alle
cariche elettive in condizioni di eguaglianza». Entrambe le norme
sono espressione del piu’ generale principio di eguaglianza, del
quale rappresentano una specificazione (sentenze n. 166 del 1972 e n.
96 del 1968).
La disposizione censurata, fissando un rapporto tra il numero
degli abitanti e quello dei consiglieri, e quindi tra elettori ed
eletti (nonche’ tra abitanti, consiglieri e assessori), mira a
garantire proprio il principio in base al quale tutti i cittadini
hanno il diritto di essere egualmente rappresentati. In assenza di
criteri posti dal legislatore statale, che regolino la composizione
degli organi regionali, puo’ verificarsi – come avviene attualmente
in alcune Regioni, sia nell’ambito dei Consigli che delle Giunte
regionali – una marcata diseguaglianza nel rapporto elettori-eletti
(e in quello elettori-assessori): i seggi (nel Consiglio e nella
Giunta) sono ragguagliati in misura differente alla popolazione e,
quindi, il valore del voto degli elettori (e quello di scelta degli
assessori) risulta diversamente ponderato da Regione a Regione.
Come gia’ notato, il principio relativo all’equilibrio
rappresentati-rappresentanti non riguarda solo il rapporto tra
elettori ed eletti, ma anche quello tra elettori e assessori (questi
ultimi nominati). Questa Corte ha gia’ chiarito che «il principio di
eguaglianza, affermato dall’art. 48, si ricollega a quello piu’ ampio
affermato dall’art. 3», sicche’ «quando nelle elezioni di secondo
grado l’elettorato attivo e’ attribuito ad un cittadino eletto dal
popolo in sua rappresentanza, non contrasta col principio di
eguaglianza, ma anzi vi si conforma, la norma che faccia conto del
numero di elettori che gli conferirono il proprio voto, e con esso la
propria fiducia» (sentenza n. 96 del 1968). Principio analogo vale
per gli assessori, sia perche’, in base all’art. 123 Cost., «forma di
governo» e «principi fondamentali di organizzazione e funzionamento»
debbono essere «in armonia con la Costituzione», sia perche’ l’art.
51 Cost. subordina al rispetto delle «condizioni di eguaglianza»
l’accesso non solo alle «cariche elettive», ma anche agli «uffici
pubblici» (non elettivi).
La disposizione censurata, quindi, non viola gli artt. 117, 122 e
123 Cost., in quanto, nel quadro della finalita’ generale del
contenimento della spesa pubblica, stabilisce, in coerenza con il
principio di eguaglianza, criteri di proporzione tra elettori, eletti
e nominati.
6.2.- Le Regioni Emilia-Romagna e Umbria censurano la previsione,
contenuta nelle lettere a) e b), dell’art. 14, comma 1, del
decreto-legge n. 138 del 2011 in base alla quale la riduzione del
numero dei consiglieri e degli assessori regionali rispetto a quello
attualmente in vigore deve essere adottata da ciascuna Regione entro
sei mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge e
deve essere efficace dalla prima legislatura regionale successiva a
quella della data di entrata in vigore del decreto stesso. Poiche’
l’iter di approvazione dello statuto e’ suscettibile di avere una
durata maggiore, a causa dell’eventuale referendum e dell’eventuale
questione di legittimita’ costituzionale previsti dall’art. 123
Cost., la Regione sarebbe ritenuta responsabile per il rispetto di un
termine (previsto sia per l’adozione della modifica, sia per la sua
efficacia) di cui essa non dispone compiutamente, in violazione
dell’art. 3 Cost.
La censura non e’ fondata.
Le disposizioni di cui alle lettere a) e b) dell’art. 14, comma
1, del decreto-legge n. 138 del 2011 richiedono l’«adozione» della
riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori entro sei mesi
dalla data di entrata in vigore del decreto, e non che entro lo
stesso termine si svolga il referendum popolare sullo statuto e venga
sollevata l’eventuale questione di legittimita’ costituzionale.
6.3.- Le Regioni Emilia-Romagna, Lombardia, e Umbria censurano
anche la lettera e) dell’art. 14, comma 1, del decreto-legge n. 138
del 2011 che prevede l’istituzione di un Collegio dei revisori dei
Conti, quale «organo di vigilanza sulla regolarita’ contabile,
finanziaria ed economica della gestione dell’ente», e stabilisce che,
ai fini di coordinamento della finanza pubblica, il Collegio dei
revisori debba operare in raccordo con le sezioni regionali di
controllo della Corte dei conti.
Ad avviso delle ricorrenti, l’istituzione del Collegio dei
revisori violerebbe l’art. 117, commi terzo e sesto, Cost., in quanto
prevederebbe una delegazione di poteri di natura regolamentare nella
materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica; gli
artt. 100 e 103 Cost., perche’ snaturerebbe la funzione della Corte
dei conti; l’art. 121 Cost., in quanto istituirebbe un organo
regionale ulteriore rispetto a quelli necessari, la cui previsione
spetta invece allo statuto o alla legge regionale.
Le censure non sono fondate.
La disposizione impugnata mira a introdurre per le
amministrazioni regionali un sistema di controllo analogo a quello
gia’ previsto, per le amministrazioni locali, dalla legge 23 dicembre
2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2006), «ai fini della
tutela dell’unita’ economica della Repubblica e del coordinamento
della finanza pubblica» (art. 1, comma 166). Tale legge prevede che
gli organi degli enti locali di revisione economico-finanziaria
trasmettano alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti
una relazione sul bilancio di previsione dell’esercizio di competenza
e sul rendiconto dell’esercizio medesimo, e che le sezioni regionali
accertino, anche sulla base di dette relazioni, il conseguimento, da
parte degli enti locali, degli equilibri di bilancio fissati a
livello nazionale. Laddove vengano accertati «comportamenti difformi
dalla sana gestione finanziaria o il mancato rispetto degli obiettivi
posti con il patto [di stabilita’ interno]», le sezioni regionali
della Corte dei conti segnalano dette irregolarita’ agli organi
rappresentativi dell’ente, perche’ adottino idonee misure correttive.
L’art. 14, comma 1, lettera e), del decreto-legge n. 138 del
2011, per il «conseguimento degli obiettivi stabiliti nell’ambito del
coordinamento della finanza pubblica», stabilisce un «raccordo» fra
il Collegio dei revisori dei conti della Regione e la sezione
regionale di controllo della Corte dei conti. La norma censurata si
collega alle disposizioni relative alle funzioni di controllo della
Corte dei conti sulla gestione delle amministrazioni regionali: per
un verso, l’art. 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994, n. 20
(Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei
conti), su cui si e’ gia’ espressa questa Corte con la sentenza n. 29
del 1995; per altro verso, l’art. 7, comma 7, della legge 5 giugno
2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della
Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), che ha
rimesso alla Corte dei conti, «ai fini del coordinamento della
finanza pubblica», il compito di «verifica[re] il rispetto degli
equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Citta’
metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilita’ interno
ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione
europea».
Nel quadro normativo descritto, la disposizione impugnata ha
previsto un collegamento fra i controlli interni alle amministrazioni
regionali e i controlli esterni della Corte dei conti, secondo il
modello che, in attuazione del citato art. 7, comma 7, della legge n.
131 del 2003, e’ stato sperimentato, per gli enti locali, dalla
menzionata legge n. 266 del 2005.
Chiamata a pronunciarsi sulle disposizioni di tale ultima legge,
questa Corte ha affermato – fra l’altro – che il controllo esterno
esercitato dalla Corte dei conti nei confronti degli enti locali, con
l’ausilio dei collegi dei revisori dei conti, e’ «ascrivibile alla
categoria del riesame di legalita’ e regolarita’», e che esso
concorre «alla formazione di una visione unitaria della finanza
pubblica, ai fini della tutela dell’equilibrio finanziario e di
osservanza del patto di stabilita’ interno» (sentenza n. 179 del
2007).
Questa Corte ha altresi’ ritenuto che tale attribuzione trovi
diretto fondamento nell’art. 100 Cost., il quale «assegna alla Corte
dei conti il controllo successivo sulla gestione del bilancio, come
controllo esterno ed imparziale» e che il riferimento dello stesso
art. 100 Cost. al controllo «sulla gestione del bilancio dello Stato»
debba intendersi oggi esteso ai bilanci di tutti gli enti pubblici
che costituiscono, nel loro insieme, il bilancio della finanza
pubblica allargata. A quest’ultima, del resto, vanno riferiti sia i
principi derivanti dagli artt. 81, 97, primo comma, 28 e 119, ultimo
comma, Cost. (sentenza n. 179 del 2007), sia il principio di cui
all’art. 1, comma 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di
contabilita’ e finanza pubblica), per cui «[l]e amministrazioni
pubbliche concorrono al perseguimento degli obiettivi di finanza
pubblica sulla base dei principi fondamentali dell’armonizzazione dei
bilanci pubblici e del coordinamento della finanza pubblica, e ne
condividono le conseguenti responsabilita’».
L’art. 14, comma 1, lettera e), del decreto-legge n. 138 del 2011
consente alla Corte dei conti, organo dello Stato-ordinamento
(sentenze n. 267 del 2006 e n. 29 del 1995), il controllo complessivo
della finanza pubblica per tutelare l’unita’ economica della
Repubblica (art. 120 Cost.) ed assicurare, da parte
dell’amministrazione controllata, il «riesame» (sentenza n. 179 del
2007) diretto a ripristinare la regolarita’ amministrativa e
contabile. Al contempo, la disposizione censurata garantisce
l’autonomia delle Regioni, stabilendo che i componenti dell’organo di
controllo interno debbano possedere speciali requisiti professionali
ed essere nominati mediante sorteggio – al di fuori, quindi,
dall’influenza della politica -, e che tale organo sia collegato con
la Corte dei conti, istituto indipendente dal Governo (art. 100,
terzo comma, Cost.). Il collegamento fra controllo interno e
controllo esterno assolve anche a una funzione di razionalita’ nelle
verifiche di regolarita’ e di efficienza sulla gestione delle singole
amministrazioni, come risulta, del resto, dalla disciplina della
legge n. 20 del 1994, secondo cui «la rispondenza dei risultati
dell’attivita’ amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge»
e’ accertata dalla Corte dei conti «anche in base all’esito di altri
controlli.
Infine, la disposizione impugnata non implica alcuna delegazione
di potere regolamentare, ne’ nella parte in cui prevede l’istituzione
del Collegio dei revisori, ne’ nella parte in cui assegna alla Corte
dei conti il potere di definire i criteri di qualificazione
professionale dei membri di tale organo. La scelta di rimettere alla
Corte dei conti la definizione di tali criteri si giustifica con la
specializzazione della stessa Corte nella materia della contabilita’
pubblica. Ne discende che la disposizione non viola l’art. 117, comma
sesto, Cost.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni
di legittimita’ costituzionale sollevate con i ricorsi indicati in
epigrafe;
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 14,
comma 2, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure
urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo),
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148;
2) dichiara inammissibile la questione di legittimita’
costituzionale dell’articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 138
del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011,
promossa, in riferimento agli artt. 3, 70, 77, 97 e 114 della
Costituzione, nonche’ del principio di leale collaborazione, dalle
Regioni Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna e Umbria, con i ricorsi
indicati in epigrafe;
3) dichiara inammissibile la questione di legittimita’
costituzionale dell’articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 138
del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011,
promossa, in riferimento alla violazione del principio di leale
collaborazione e agli artt. 4, numero 1), 8, numero 1), 69 e 75 del
decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), nonche’ dell’art. 10
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V della parte seconda della Costituzione), dalla Regione
Trentino-Alto Adige/Südtirol e dalle Province di Trento e di Bolzano,
con i ricorsi indicati in epigrafe;
4) dichiara non fondata la questione di legittimita’
costituzionale dell’articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 138
del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011,
e modificato dall’articolo 30, comma 5, della legge 12 novembre 2011,
n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2012), promossa, in
riferimento agli artt. 3, 100, 103, 117, commi secondo, terzo e
quarto, 119, 121, 122 e 123 Cost., dalle Regioni Basilicata,
Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Umbria e
Veneto, con i ricorsi indicati in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 luglio 2012.

F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2012.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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