T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 04-02-2011, n. 1076 Concessione per nuove costruzioni Costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso di cui in epigrafe, notificato e depositato nei termini, la società ricorrente ha impugnato disposizione della Circoscrizione IV del Comune di Roma n. 1901 del 25.10.1993, con la quale sono stati disposti lo sgombero di opere edilizie abusive, la trascrizione nei registri immobiliari, nonchè l’immissione in possesso dell’amministrazione comunale.

La ricorrente, in qualità di proprietaria dell’area interessata dall’intervento edilizio, ha dedotto l’illegittimità del provvedimento per i seguenti motivi:

1- Illegittimità in via derivata per le medesime censure (integralmente riportate) di cui al collegato ricorso rg. n. 2485/1992, proposto dalla medesima società avverso la disposizione del Comune di Roma, in data 31.3.1992, con la quale è stata intimata la demolizione delle opere edilizie abusive di cui trattasi.

2- Incompetenza del dirigente all’adozione dell’ordinanza di demolizione e del sindaco all’adozione del provvedimento di acquisizione al patrimonio.

3- Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. 28 febbraio 1985, n. 47 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria ed errore nei presupposti.

4- Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. 28 febbraio 1985, n. 47 ed eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità e contraddittorietà.

5- Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. 28 febbraio 1985, n. 47 ed eccesso di potere per errore nei presupposti per la mancata applicazione dell’ordinanza del TAR Lazio, Roma, sez. II ter, n. 1244/1992.

6- Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. 28 febbraio 1985, n. 47 ed eccesso di potere per errore nei presupposti per la mancata applicazione dell’ordinanza del TAR Lazio, Roma, sez. II ter, n. 1244/1992 sotto altro profilo e per difetto di motivazione e di istruttoria.

7- Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. 28 febbraio 1985, n. 47 sotto altro profilo.

8- Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. 28 febbraio 1985, n. 47 sotto altro profilo ed eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, illogicità e contraddittorietà.

9- Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria e per difetto dei presupposti in fatto ed in diritto.

Il Comune di Roma si è costituito in giudizio con comparsa di mera forma in data 19.1.1994.

Con l’ordinanza n. 121/1994 del 20.1.1994 è stata accolta l’istanza di sospensione dell’esecutività del provvedimento impugnato.

Con la memoria dell’11.3.2010 la società ricorrente si è costituita in giudizio con il patrocinio di un nuovo difensore.

Con memoria depositata il 13.1.2011, il Comune si è costituito in giudizio con il patrocinio di un nuovo difensore.

Alla pubblica udienza del 14.1.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da separato verbale di causa.
Motivi della decisione

Con il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo del presente giudizio il Comune di Roma ha ordinato alla società ricorrente lo sgombero di opere edilizie abusive ed ha disposto la trascrizione nei pubblici registri immobiliari nonché l’immissione in possesso nell’area di proprietà della ricorrente medesima, in conseguenza della dichiarata inottemperanza all’ingiunzione di demolizione del 31.3.1992.

Il ricorso è fondato nei sensi e per le assorbenti considerazioni che seguono.

Si premette che il titolo per l’immissione in possesso del bene e per la trascrizione nei pubblici registri immobiliari è costituito proprio dall’accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire.

Tuttavia, nel caso di specie, a seguito della adozione e notificazione della richiamata ordinanza di demolizione del 31.3.1992, la società ricorrente ha presentato al Comune l’istanza per il rilascio della concessione edilizia in sanatoria per le medesime opere edilizie; come già ricordato, questo Tribunale, con ordinanza n. 1244/1992, ha accolto l’istanza di sospensione dell’esecutività del provvedimento impugnato, proprio in attesa della definizione del procedimento di sanatoria.

Ne consegue che, avendo ordinanza di demolizione del 31.3.1992 perso la sua efficacia in conseguenza tanto della intervenuta successiva presentazione dell’istanza di sanatoria, quanto dell’esplicita pronuncia sul punto da parte del Tribunale adito, il Comune non avrebbe potuto procedere allo sgombero, alla trascrizione nei pubblici registri immobiliari ed all’immissione in possesso del bene sulla base della detta ordinanza.

Deve, peraltro, rilevarsi come, nell’impugnata disposizione è, altresì, contenuto il provvedimento esplicito di diniego di rilascio dell’istanza di sanatoria presentata da parte della società ricorrente ai sensi dell’art. 13 della L. 28 febbraio 1985, n. 87; il detto diniego è stato testualmente motivato con il contrasto con lo strumento urbanistico comunale adottato e con il richiamo alla nota della Ripartizione XV di cui prot. n. 51581/1992.

Non possono, infatti, essere accolte le osservazioni formulate al riguardo da parte della ricorrente secondo cui, nel testo del provvedimento impugnato, vi sarebbe un mero "accenno ad una pretesa inaccoglibilità della domanda di concessione in sanatoria", poiché il dirigente, in realtà, "sembra manifestare un’opinione, non adottare un provvedimento".

Dalla lettura del provvedimento impugnato e soprattutto dalla motivazione addotta ai fini del diniego (peraltro espressamente impugnato con il ricorso in trattazione) è evidente che il detto provvedimento abbia un contenuto molteplice, ricomprendendosi anche il diniego della sanatoria che viene assunto a fondamento della trascrizione dei pubblici registri e dell’immissione in possesso da parte dell’amministrazione comunale, nonostante il detto diniego non sia stato riportato nel dispositivo del provvedimento, potendosi procedere alla sua integrazione sulla base della puntuale e specifica motivazione ivi contenuta.

Tuttavia il provvedimento impugnato, nella parte in cui dispone la trascrizione nei pubblici registri immobiliari e l’immissione in possesso, non può essere legittimamente fondato, a prescindere da ogni altra considerazione, sul detto diniego (congiuntamente alla precedente ordinanza di demolizione del 31.3.1992).

Ed infatti, per un principio giurisprudenziale consolidato nella materia, "Il riesame dell’abusività dell’opera edilizia, provocato dall’istanza di sanatoria dell’autore dell’abuso, determina la necessaria formazione di un nuovo provvedimento che vale comunque a rendere inefficace il provvedimento sanzionatorio in precedenza emanato con la conseguenza che, in caso di rigetto dell’istanza, l’Amministrazione deve emanare un nuovo provvedimento sanzionatorio, disponendo nuovamente la demolizione dell’opera edilizia ritenuta abusiva, con l’assegnazione di un nuovo termine per adempiere." (Consiglio di Stato, sez. IV, 3 dicembre 2010, n. 8502).

Conseguentemente, emanato il diniego di sanatoria, il Comune può legittimamente procedere alla trascrizione nei pubblici registri immobiliari ed all’immissione in possesso soltanto per effetto dell’accertamento dell’inottemperanza, nei termini di legge, alla nuova ordinanza di demolizione adottata a seguito del detto diniego.

In questa parte il ricorso è, pertanto, fondato e il provvedimento impugnato va annullato nella parte in cui dispone la trascrizione nei pubblici registri immobiliari e l’immissione in possesso.

Il ricorso è, invece, infondato nella parte in cui impugna il diniego di rilascio della richiesta concessione edilizia in sanatoria.

Con un primo profilo di censura la ricorrente ha dedotto l’incompetenza del dirigente all’adozione del detto provvedimento di diniego della sanatoria.

La prospettazione non può essere accolta.

Ed infatti ai sensi dell’art. 51, co. 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142, rubricato " Organizzazione degli uffici e del personale.", "3. Spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione di atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, che la legge e lo statuto espressamente non riservino gli organi di governo dell’ente. Spettano ad essi in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto, la presidenza delle commissioni di gara e di concorso, la responsabilità sulle procedure d’appalto e di concorso, la stipulazione dei contratti.".

E, pertanto, in materia edilizia, deve ritenersi implicitamente abrogata ogni previsione della L. n. 47/1985 relativa alla competenza del sindaco in materia, dal momento che tutti i provvedimenti di gestione amministrativa in materia edilizia ed urbanistica, compreso quindi il rigetto di una richiesta di concessione edilizia in sanatoria o di condono, rientrano, già a decorrere dalla data di entrata in vigore della l. 8 giugno 1990 n. 142, nella sfera di competenza del dirigente, mentre esulano dalla sfera di attribuzioni politiche proprie del sindaco, trattandosi di tipico potere gestionale.

Con un secondo profilo di censura la ricorrente ha dedotto l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.

Anche il detto profilo, tuttavia, non merita accoglimento.

Ed infatti, come in precedenza rilevato, il detto diniego è stato testualmente motivato con il contrasto con lo strumento urbanistico comunale adottato con il richiamo sul punto alla nota della Ripartizione XV di cui prot. n. 51581/1992.

Parte ricorrente lamenta, al riguardo, esclusivamente che non sarebbero stati puntualmente indicati gli estremi del detto strumento, ma non articola alcuna censura sostanziale al riguardo.

E sul punto non può se non richiamarsi la consolidata giurisprudenza in materia, secondo cui il concetto di disponibilità nella motivazione per relationem comporta non che l’atto amministrativo menzionato per relationem debba essere unito imprescindibilmente al documento o che il suo contenuto debba essere riportato testualmente nel corpo motivazionale, bensì che esso sia reso disponibile a norma di legge, vale a dire che possa essere acquisito utilizzando il procedimento di accesso ai documenti amministrativi, laddove concretamente esperibile; in sostanza, detto obbligo determina che la motivazione per relationem del provvedimento debba essere portata nella sfera di conoscibilità legale del destinatario, con la conseguenza che in tale ipotesi è sufficiente che siano espressamente indicati gli estremi o la tipologia dell’atto richiamato, mentre non è necessario che lo stesso sia allegato o riprodotto, dovendo essere messo a disposizione ed esibito ad istanza di parte.

Nel caso di specie, al fine dell’integrazione della motivazione, il Comune ha richiamato specificatamente la nota della Ripartizione XV di cui prot. n. 51581/1992, con l’indicazione puntuale dei relativi estremi; con ciò si intende legittimamente assolto l’obbligo motivazionale incombente sull’amministrazione procedente.

Per quanto attiene, poi, all’ulteriore censura avente ad oggetto la dedotta insussistenza dell’inedificabilità dell’area di cui trattasi ai sensi della L. 8 agosto 1985, n. 431, è sufficiente rilevare come – sebbene l’area sia stata destinata nel P.R.G. all’epoca vigente ad H1, zona nella quale ai sensi dell’art. 11, punto n. 7, delle N.T.A. sarebbe ammessa l’edificazione sia a scopo agricolo che la realizzazione di impianti sportivi – ciò che rileva è che il manufatto in questione non era al momento dell’accertamento destinato comunque al detto scopo sportivo, rappresentandosi soltanto la volontà, da parte della società ricorrente, di destinarlo nel futuro alla detta finalità.

Infine deve anche, per completezza, rilevarsi come le caratteristiche del manufatto in questione – costituito da un prefabbricato in legno e vetro, poggiante su di una trave in legno e sollevato dal terreno – ne rendessero necessario, ai fini della sua collocazione sul terreno di cui trattasi, il previo rilascio del relativo titolo concessorio.

Ed infatti, per giurisprudenza consolidata sul punto, la realizzazione di una struttura in prefabbricato, integra una nuova costruzione e, in quanto tale, richiede, quale titolo edilizio abilitativo, il permesso di costruire, nella specie mancante (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 16 luglio 2009, n. 7033), atteso che la precarietà dell’opera, che esonera dall’obbligo del possesso del permesso di costruire, postula un uso specifico e temporalmente limitato del bene.

Ed infatti, ai fini della ricorrenza del requisito della precarietà di una costruzione, che esclude la necessità del rilascio di un titolo edilizio, si deve prescindere dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data al manufatto dal costruttore e si deve, invece, valutare l’opera alla luce della sua obiettiva ed intrinseca destinazione naturale, con la conseguenza che rientrano nella nozione giuridica di costruzione, per la quale occorre la concessione edilizia, tutti quei manufatti che, anche se non necessariamente infissi nel suolo e pur semplicemente aderenti a questo, alterino lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e non meramente occasionale.

Il ricorso, pertanto, deve essere accolto nei limiti e per le assorbenti considerazioni che precedono.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo che segue.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sez. II ter, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo accoglie e per la parte che residua lo respinge.

Condanna l’amministrazione resistente al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio che si liquidano in complessivi euro 1.000,00 oltre IVA e CPA..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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