Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-12-2010) 09-02-2011, n. 4693 Reato continuato e concorso formale Sicurezza pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza dell’8/4/2010, depositata il 15/5/2010, la Corte di Appello di Caltanissetta, in parziale riforma della sentenza 21/1/2009 del GUP del Tribunale di Caltanissetta emessa nei confronti di S.C. e di R.S. – dichiarati il primo responsabile del reato di estorsione aggravata ai danni di A.V., gestore dell’esercizio pubblico denominato " (OMISSIS)" sito in (OMISSIS), ed il secondo responsabile di tentata estorsione aggravata ai danni del detto A. quale titolare dell’esercizio pubblico denominato "(OMISSIS)" sito in (OMISSIS), di estorsione aggravata ai danni di G.E., altro gestore del sopra citato "(OMISSIS)", della violazione di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 9 – ha riconosciuto in favore dell’imputato S.C. le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alle aggravanti contestate, esclusa l’aggravante speciale di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7, ed ha conseguentemente rideterminato la pena in anni quattro e mesi sei di reclusione ed Euro 600,00 di multa, altresì sostituendo la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai Pubblici Uffici con quella temporanea e riducendo la misura di sicurezza della libertà vigilata ad un periodo di un anno; ha confermato per il resto le ulteriori statuizioni e quindi l’affermazione di responsabilità del R. per i reati ascrittigli. In relazione alla posizione dello S., la Corte di merito, preso atto della rinuncia dell’imputato a coltivare il motivo attinente alla responsabilità, ha condiviso il giudizio già espresso dal primo Giudice per il quale non era ravvisabile il vincolo della continuazione tra il reato oggetto dell’attuale procedimento, i reati relativi ad analoghe contestazioni oggetto delle sentenze 17/10/2009 del GUP di Caltanissetta, 4/10/2010 del GUP di Gela e 16/6/2004 della Corte di Appello di Palermo nonchè quello di partecipazione ad una associazione per delinquere di stampo mafioso oggetto della sentenza 3/9/2001 della Corte di Appello di Caltanissetta, non ritenendo sussistenti i presupposti per l’applicazione della disciplina di cui all’art. 81 c.p.. La Corte ha poi accolto, come sopra precisato, il motivo attinente al trattamento sanzionatorio.

Quanto alla posizione dell’imputato R. la Corte di merito, in dissenso dalle censure avanzate con l’atto di appello, ha ritenuto che a carico dell’imputato fosse stato acquisito un quadro probatorio idoneo a sostenere l’affermazione di responsabilità in relazione a tutte le accuse mosse, quadro probatorio costituito dalle circostanziate dichiarazioni rese dalle parti lese e da quanto emerso in relazione all’operatività del sodalizio mafioso di appartenenza, che la gravità dei fatti e la negativa personalità dell’imputato fossero ostative all’applicazione delle richieste circostanze attenuanti generiche, che non sussistessero i presupposti per l’applicazione della disciplina della continuazione tra i reati oggetto del presente procedimento e quelli di cui alla sentenza 17/2/2006 della stessa Corte di Appello di Caltanissetta.

Avverso la sentenza hanno proposto ricorso i difensori di entrambi gli imputati, in data 21/6/2010 quello proposto per il R. ed in data 22/7/2010 quello avanzato nell’interesse dello S..
Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che entrambi i ricorsi, affidati a censure non condivisibili, debbano essere rigettati. Ricorso proposto per S.C..

Il difensore dello S. ha lamentato violazione di legge e motivazione illogica e contraddittoria in relazione al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione, non avendo la Corte di merito tenuto conto di elementi sintomatici di tale vincolo, quali la medesimezza temporale dei fatti estorsivi con il protrarsi della appartenenza al sodalizio di cui all’art. 416 bis c.p. e quali il riconoscimento da parte di altri giudici proprio della continuazione tra la sua appartenenza al sodalizio ed altre condotte estorsive.

La sentenza impugnata ha al proposito richiamato (pag 8) la valutazione del GUP sulla impossibilità di ravvisare elementi per affermare che la perpetrazione delle condotte estorsive fosse stata dallo S. programmata, pur se genericamente, al momento della sua adesione alla cosca di Gela e la ha espressamente condivisa aggiungendo che: A) difettavano elementi per affermare che l’attività estorsiva ai danni dell’esercente A. fosse stata ab initio prevista nei suoi modi di organizzazione logistica e nei suoi tempi; B) analogamente mancavano elementi in favore della prova di una preventiva organizzazione in relazione ai fatti attribuiti con le sentenze 17/10/2009 e 4/10/2010, certamente non esplicando alcuna autorità di accertamento in tal senso le diverse valutazioni di altri giudici. Orbene appare evidente che la censura in questa sede articolata sia – a fronte delle puntuali e mai illogiche considerazioni appena sintetizzate – nulla più che una generica proposta di rivalutare i fatti. Consegue quindi il rigetto del ricorso che si fonda solo su tali censure. Ricorso proposto per R.S..

Il difensore del R. ha sottolineato con il primo motivo, tanto più se considerato l’estremo rigore con cui vanno valutate le accuse di ogni parte lesa, la poca nitidezza delle dichiarazioni rese da A.V. che aveva anche spostato in avanti di ben un anno la data della condotta estorsiva ai suoi danni da parte dell’imputato. La censura non ha pregio, posto che la Corte di merito ha analizzato la deposizione ed ha dato attenta e logica ragione della iniziale imprecisione della datazione dell’episodio da parte del teste ed ha anche dato rilievo alla assoluta inesistenza di ragioni per far ritenere l’ A. inattendibile (o addirittura fonte di dichiarazioni calunniose). L’odierna censura reitera il dissenso ed adduce, come elementi non valutati, dichiarazioni di coimputati ( T., Te. e lo stesso S.): l’avere in realtà i primi due semplicemente non citato tra i "riscossori" anche il nome del R. non appare in alcun modo circostanza di rilievo probatorio la cui mancata espressa considerazione da parte del giudice di appello sia dato idoneo ad inficiare la completezza della valutazione di credibilità della deposizione A.. E ciò tanto più che ad analoga censura del R. con riguardo alla estorsione a carico del G. (episodio sub J) la Corte aveva dato precisa risposta (pag. 14) che si faceva carico di valutare le dichiarazioni in discorso. Ne consegue che l’estensione implicita di quelle considerazioni all’episodio di estorsione del ricorrente a carico dell’ A. appare di tutta evidenza. Quanto alla doglianza, sintetica e generica al contempo, appuntata sulla affermazione di responsabilità in ordine all’episodio sub J della rubrica, basti considerare la attenta valutazione di attendibilità della deposizione della parte offesa G. (pagg. 13 e 14) e la altrettanto attenta svalutazione dell’efficacia probatoria della dichiarazione "opposta" del T. e dello stesso S., per concludere nel senso della inconsistenza della doglianza stessa.

Con il secondo motivo il ricorrente ha censurato l’omessa applicazione della disciplina della continuazione, rilevando peraltro come già il primo Giudice avesse riconosciuto la continuazione "interna"fra gli episodi oggetto dei capi di imputazione J e G e sottolineando l’omessa valutazione di indici sintomatici e/o rilevatori del vincolo di cui all’art. 81 c.p.. Anche a tale proposito deve osservarsi la piena correttezza dell’argomentare della Corte che ha affermato non esservi ragioni di sorta per considerare che all’atto della adesione alla cosca il R. avesse già chiaro il generico programma estorsivo poi realizzato nei dettagli: a contrastare l’evidenza di tale valutazione il motivo si applica a generiche censure di tipo logico deduttivo, lamentando il mancato ricorso alla presunzione per la evidenza dei dati certi o la implausibilità dei criteri interpretativi dei fatti adottati (pag. 4 ricorso), finendo per esprimere solo dissenso dalla valutazione e non offrendo quegli elementi sintomatici della "programmazione" che la Corte ha affermato essere carenti.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti S.C. e R.S. al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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